Un’espressione recondita che non esprime o esprime tutto – ROLAND BARTHES

14 Febbraio 2013

Roland Barthes

“(…) L’io – ti  – amo è senza sfumature. Esso sopprime le spiegazioni, gli accomodamenti, le graduazioni, gli scrupoli. Paradosso esorbitante del linguaggio, dire io – ti – amo è in un certo qual modo fare come se non esistesse un teatro della parola, è questa parola è sempre vera (essa non ha altro referente all’infuori del suo proferimento: è il risultato di una performance).”

Brano tratto da “Frammenti di un discorso amoroso” di Roland Barthes

Da questo brano si possono trarre spunti, commenti, riflessioni di ogni tipo e naturalmente di qualsivoglia genere, poiché è una specie di brano – scrittura aperto, non programmato, quasi naturale come la pioggia o il sole. Un discorso amoroso, già; ma un discorso amoroso può essere intessuto di desiderio, di immaginario, di dichiarazioni? Forse sì. Ma forse no. Per tutta la durata della vita amorosa, sembra quasi che le figure degli amanti spuntino nell’immaginario senza un ordine qualunque. Ogni figura brilla e vibra da sola come un suono perduto, una melodia inconcepibile. E’ una musica strana l’amore, che aleggia nell’aria lungo tutto il percorso dell’esistenza. Musica dolcissima e mai troppo sdolcinata; musica possente e cruda e mai troppo dura da deturpare o nauseare. Casto e puro è l’amore; erotico e sensuale, intinto di passione e di purpurea voluttà è l’amore. Gli innamorati sono esseri speciali e struggenti, corridori provetti che non smettono mai di correre con la mente e con il cuore, di fare nuovi passi e di essere intriganti. Ogni episodio amoroso è dotato di un senso: esso nasce, cresce e muore, e il sentimento che sviluppa può trasformarsi in crisi dolorosa, morbosa o in eros sconfinato smarritosi in labirintici paradisi e in uragani senza fine. “Io – ti – amo”: un concetto, una frase, parole o sillabe; un’espressione recondita che non esprime o esprime tutto. Ansiti e singulti, respiri affannosi, gemiti e sogni impossibili investiti dall’eco della voce che sconvolge, dall’aria che avviluppa dolcemente o soffoca, dal vento che inebria come un vino non umano provocatore dell’amplesso fra gli amanti. Travolgente è il suono della parola, ancor più travolgente il suo silenzio. Nel canto l’amore è il mio dono e, al tempo stesso, è il mio corpo che io dono a te, interamente e completamente, cantando. Il poeta tedesco NOVALIS diceva: << L’amore è muto. Solo la poesia lo fa parlare>>. Perciò tu sentirai, attraverso la mia voce, tutta la pulsione che regge il mondo e permette la vita. E ciascuna emozione che proverai e ogni sensazione che vivrai saranno come la rossa lava di un vulcano che scorre nelle tue vene e si appaga nel tuo sangue, quando l’amore è consumato e la fusione fra i due sessi è completa e perfetta.

“Je t’aime, mon amour” sono le parole, semplici quanto complesse, di una famosissima canzone francese cantata da due personaggi importanti del panorama culturale parigino degli anni ’70 del secolo scorso. Si tratta della coppia più trasgressiva della canzone francese e internazionale: Jane Birkin e Serge Gainsbourg. Un successo nella loro vita amorosa, di coppia, un successo mondiale sotto tutti i punti di vista la canzone “Je t’aime, mon amour” ha fatto innamorare generazioni di uomini e donne di ogni età. La sua fama e il suo ascolto vanno oltre il ridotto schema temporale della canzonetta. “Je t’aime, mon amour – ti amo, amore mio”: melodia, canto, poesia velati da quello charme tutto francese dal quale il mondo è attratto e del quale non può farne a meno.

Francesca  Rita  Rombolà

 

 

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