Si dice, da sempre, che il famoso Cammino di Santiago cambia le persone che lo compiono. Forse sarà così. Sì, di sicuro è così. Lo scrittore brasiliano Paulo Coelho è diventato scrittore proprio dopo aver compiuto questo Cammino (che poi descriverà in modo, diciamo così, metaforico e alquanto fantastico nel suo libro IL CAMMINO DI SANTIAGO).
Molte altre persone, conosciute e non, dopo aver compiuto il Cammino di Santiago, si sono sentite trasformate, trasformate dentro, e hanno realizzato cose che prima credevano impossibili. Enzo Taccone ha compiuto il Cammino di Santiago fino alla meta (sono tanti quelli che si fermano a metà oppure desistono proprio prima dell’ultima tappa) ed è ritornato a casa, nella sua amata cittadina di Tropea, quasi come rigenerato interiormente.
Egli mi ha parlato personalmente di questa sua esperienza straordinaria, raccontandomi diverse cose meravigliose al riguardo. Oggi, a distanza di un anno, da chè ha compiuto il Cammino, ne è nato un libro. Un bel volume corredato da fotografie, che documentano ogni tappa del percorso compiuto dal pellegrino Enzo. Il titolo del libro è IL CAMMINO DI ENZO.
Quasi una cronaca giornaliera, con tanto di data, i chilometri da percorrere in ogni tappa e qualche volta anche l’ora, come una specie di diario del viaggiatore sul quale annotare, appuntare, raccontare e spesso dare anche sfogo ai propri pensieri, ai propri sentimenti, alle proprie sensazioni, alla propria rabbia o alla propria sofferenza insieme alle aspettative per il futuro. Davvero singolari, tutte all’interno del volume, le foto dell’alba che sorge sull’oceano Atlantico nella regione del Finisterre nel nord – ovest della Francia, perché Enzo non si è fermato solamente a Santiago de Compostela ma ha voluto proseguire il suo cammino fino a raggiungere quella che, per gli antichi, era la terra ai confini del mondo conosciuto: la finis terrae, fine della terra appunto, terra delle fate, dei folletti e degli elfi; delle storie fantastiche, delle danze sfrenate e dolci e della musica incantatrice e piena di fascino perché portatrice, insieme alla Galizia, meta finale del Cammino, della cultura celtica, unica al mondo in fatto di arte, di bellezza e di mistero.
Quanti incontri poi si fanno lungo il Cammino. Enzo ha conosciuto gente praticamente da ogni parte del mondo, e con loro ogni giorno e ogni sera era un’avventura, un conoscere e un conoscersi, un capire e un capirsi, un superare le proprie paure, preconcetti e malesseri dell’anima e dello spirito di ogni genere. Una cena comunitaria all’albergo parrocchiale si trasforma in un momento di aggregazione e di festa, e anche mangiare un piatto tipico come polpo con patate nelle conosciute e frequentate “pulperie” di Spagna, che costellano il Cammino, può essere un attimo di sollievo e di serenità per il pellegrino stanco, dopo una giornata intera a camminare, zaino in spalla, sotto la pioggia o sotto il sole; al vento delle alture o in mezzo alla vastità desolante delle “mesetas”.
Quante volte ho sognato di fare il Cammino di Santiago e altrettante volte, dopo aver pensato di farlo davvero, l’ho rimandato. A volte immagino, mi soffermo a riflettere: se avessi raggiunto Santiago de Compostela a piedi, quale viandante o pellegrina, con il mio zaino in spalla, come ho sempre camminato, la mia vita sarebbe cambiata? La mia intera esistenza avrebbe subito una trasformazione interiore notevole, radicale, rivoluzionaria? Chi può dirlo.
Intanto, Enzo Taccone ha compiuto il “suo” Cammino di Santiago, e le congratulazioni più vere che possa fargli è che la sua vita tragga, da questo Cammino, ogni beneficio, nel tempo presente come nell’avvenire.
Francesca Rita Rombolà
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