Quasi una canzone che culla le onde del mare – ALESSANDRO OLIVIERO

9 Dicembre 2013

L’amore è un pirata stanco

marcio di alcool

aggrappato al bancone

della taverna di legno

sul porto di mare

sul mare di legno

fradicio di sale

e racconta una storia

che viene dal mare

e finisce ogni frase

con la stessa cadenza

come le onde del mare

lui non dice parole

le infrange

noi siamo l’eterno ritorno

lui dice che siamo

l’eterno ritorno

Alessandro Oliviero

Quasi una canzone che culla le onde del mare. Come una nenia che calma i marinai quando il mare è in tempesta, e la loro memoria si perde nella malinconia di giorni lontani.

Un ritmo, in un certo senso, “salmastro” in cui il verso affonda, si immerge e riemerge per affabulare il visto o il vissuto.

Cos’è l’amore per Alessandro Oliviero in questa sua poesia? Forse la disillusione della vita e la caduta dei sogni, nei quali ogni elemento liquido, naturale, inconscio perde, diciamo così, la sua “etereità” e si trasforma in un qualcosa di duro, duro come il legno, della stessa consistenza del legno.

Le onde e il mare: voce e suono, vibrazione dell’anima che diventa parola, e in un flusso di parole si infrange come l’onda alta di marea sulla scogliera.

Le anime, gli spiriti o i cuori, infine, si perdono e si immedesimano nell’eterno ritorno che, come ha affermato, per primo, il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, è un incessante fluire di vita e morte in cui ” ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione, e così pure questo ragno e questo raggio di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso”.

Ciascun verso, di per sè, è come sospeso su un baratro, che lo getterà nella continuità dell’essere vivo e percepibile solo nel presente.

Francesca  Rita  Rombolà

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