<< Coscienza europea significa, infatti, differenziazione dell’Europa, come entità politica e morale, da altre entità cioè, nel nostro caso, da altri continenti o gruppi di nazioni; il concetto di Europa deve formarsi per contrapposizione in quanto c’è qualcosa che non è Europa ed acquista le sue caratteristiche e si precisa nei suoi elementi, almeno inizialmente, proprio attraverso un confronto con questa non-Europa. La coscienza europea, al pari della coscienza nazionale, per dirla con Carlo Cattaneo, è “come l’io degli ideologi che si accorge di sè nell’urto col non-io”>>.
Brano tratto da STORIA DELL’IDEA D’EUROPA di Federico Chabod
Un’ Europa unita ma divisa. Un’ Europa composta da molte nazioni che abbracciano quasi per intero il suo territorio ma piena di contraddizioni. Un’ Europa con un parlamento, dei ministri, un presidente ma con “spinte” interne che spaziano dal razzismo alla xenofobia pura, dalla corruzione politica dilagante al provincialismo oscurantista delle sue età storiche più buie. Un’ Europa con una moneta unica, una banca centrale, un mercato comune ma politicamente e socialmente lontana, abulica, senza identità. Senza dilungarmi ancora, è più o meno questo il quadro, nelle linee generali, dell’Europa del primo quindicennio del ventunesimo secolo. Non è certo ciò che i suoi padri fondatori e i suoi cittadini cosmopoliti odierni auspicavano e auspicano. L’Europa dei valori e degli ideali più alti, l’ Europa della musica, della letteratura, della filosofia, della scienza dov’ è? E’ stata mai realizzata veramente la sua unione in questo senso? I poeti romantici del diciannovesimo secolo immaginavano, concepivano e sognavano un’ Europa simile ad una grande casa comune dove i suoi popoli avrebbero vissuto al suo interno come in un ‘ unica famiglia numerosa e prospera, che esplica la propria esistenza con gioie, dolori, incomprensioni, problemi ma, comunque e in ogni circostanza, con un forte senso di appartenenza. La pluralità nella diversità. La diversità nella varietà. La varietà nella libertà di esserci e di condividere. Solamente un sogno? Soltanto un’ utopia? Il sogno folle di poeti folli dal fascino oscuro e dalla parola irresistibile? L’ utopia cantata in un sogno e niente più? Ahimè come ogni cosa di sublime e di elevato che lo spirito umano produce finisce per infrangersi, quasi sempre, contro barriere materiali e conformiste fatte di calcolo spicciolo e di mediocre strategia come l’ onda del mare si infrange sulla barriera naturale di una scogliera incantevole ma dura e inesorabile! Cosa rimane oggi dell’ Europa dei folli, dei sognatori, dei visionari, dei poeti? Forse solo, dietro l’ apparente facciata florida, bella e vigorosa, lo scheletro anchilosato e marcito, una larva che si muove e si nutre di profitto, di ambiguità, di rovina altrui, di speculazione fredda e mortifera, di vampirismo arido e divoratore. Quanto sono fragili i grandi slanci e le grandiose aspettative dell’ uomo, uguali e contrarie alle sue brame più basse e prevaricanti.
Francesca Rita Rombolà
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