Spesso in prima linea con la penna quale arma di “offesa o di difesa” a seconda delle circostanze, del momento, delle vicissitudini. Sempre pronti, vigili, attenti in qualsiasi ora del giorno e della notte; a seguire indizi, piste, notizie ancora incerte e contrastanti, a costruire, a cambiare, a combinare, a elaborare e a rielaborare, a smascherare, principalmente, e a raccontare, con serietà e professionalità la verità.
Reportage, inchieste, articoli, rubriche. Scrivere e scrivere su un problema, su una realtà, su un perché o su un per cosa o come. A volte servono un coraggio e una determinazione enormi in quanto si rischia la prigionia, la vita e talvolta si finisce anche per perderla (quest’ultima). Si scrive per passione, per scelta libera e coerente, per idealismo, per amore, per prestigio intellettuale, per onestà culturale, mai per soldi, credo, o per coercizione se non in rarissimi casi che nemmeno avrebbero motivo di essere o semplicemente di apparire fermo restando che esiste, purtroppo e da sempre, la stampa faziosa, capziosa, oziosa, compiacente, allineata, deviata).
Il mondo sarebbe migliore o peggiore senza la carta stampata? Peggiore in quanto mai l’opinione pubblica, la gente verrebbe a conoscenza di misfatti, efferatezze, ingiustizie e tanti altri mali anche peggiori commessi dall’uomo sull’uomo. Migliore forse lo sarebbe se si vivesse su un’isola deserta e incontaminata dove il male non esiste neanche come concetto di banalità quotidiana, anche se, oltre ai suoi molti pregi, la stampa, l’informazione ha un sacco di difetti rapportabili a casi singoli e di natura diversa nella “giungla inflazionata nella quale ci si trova a muoversi, ad operare, ad agire, ad andare avanti. Su una comoda poltrona e ad una elegante scrivania in un grattacielo di cristallo e acciaio nella metropoli più evoluta e più civile del pianeta, in un territorio ostile, retrogrado, sottosviluppato e in una sede quasi fatiscente cambia la materia ma non la sostanza. I contesti, certo, sono estremi ma la scrittura scava in profondità e va lontano attraverso i cieli, i confini, le frontiere e si può sublimare o abbassare con l’oscillazione di un pendolo sospeso ai poli magnetici terrestri.
Il 3 maggio è la Giornata Internazionale della Stampa. Forse è una giornata importante in tutto il mondo. Forse dovrebbe essere, dopotutto, una giornata importante per chi ama scrivere e raccontare, e per chi ne ha compreso la fatica, i rischi, i pericoli, la responsabilità, la sofferenza, i sacrifici e, malgrado ciò e nonostante tutto, continua a farlo indefessamente.
Quella scelta
Raccontare la verità
capire, smascherare
la menzogna e l’ipocrisia
è quella scelta dura come roccaia
e infuocata come lava.
Io racconto il male
e forse lo combatto,
tu racconti il male
e forse preservi chi non sa
difendersi da esso,
voi raccontate il male
e forse proteggete chi non
può difendersi da esso,
noi tutti racccontiamo e scriviamo il bene
che ci fortifica e ci gratifica
e il male che ci travolge,
scriviamo per raccontare
e spesso non ci accorgiamo
che la vita è fuggita
o ci è stata tolta.
Mille e mille sono i modi
di far conoscere, di divulgare.
Soffia il vento
senza avere mai radici
tanto ed elevato è il coraggio
molte le paure.
la solitudine e il dubbio
sicuri come l’alternarsi
del giorno e della notte,
e il cosa ci spinge a continuare
a scrivere e a raccontare
a raccontare e a scrivere
nel deserto più cupo
o nell’assordante indifferenza del mondo
poichè la libertà di espressione
è la scia di una meteora
dispersa nell’istante.
Francesca Rita Rombolà
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