L’anno 2019, il film Blade Runner e il ricordo di Rutger Hauer

26 Luglio 2019

La fantascienza d’autore ha dato suggestioni inesauribili a un pubblico attento ai temi legati all’ uomo e al suo rapporto con la natura e con la scienza.

Il film “Blade Runner” (anno di uscita 1982) del regista Ridley Scott è fra le pellicole più riuscite in tal senso, poiché tratta del tema scottante della duplicazione della vita e perché pone l’accento su quella che potrebbe essere un’idea di uomo.

Los Angeles, novembre 2019.

L’evoluzione robotica è giunta alla creazione di esseri virtualmente identici a quelli umani denominati “Replicanti”. Essi sono “copie” degli esseri umani in ogni senso, fatta eccezione (cosa molto importante) per le emozioni. I Replicanti sono più forti e più agili degli esseri umani, e gli sono almeno pari in intelligenza. Ma vengono usati per lavori pesanti nelle colonie extra-mondo (praticamente tutti quei lavori che l’uomo ha fatto nel passato come colonizzare terre, distruggere o assorbire civiltà nuove, costruire sulla paura e sull’assoggettamento di altri esseri umani ecc. ecc.).

In seguito ad un ammutinamento la loro presenza sul pianeta terra è stata dichiarata illegale, e le squadre speciali della polizia – i Blade Runner – hanno l’ordine di sparare a vista e di eliminare ogni Replicante.

Basato sul romanzo di Philipp K. Dick “Ma gli androidi sognano pecore elettroniche?”, “Blade Runner” è forse il film che ha influenzato di più la visione cinematografica del futuro. La sceneggiatura di Hampton Fancher e David Webb Peoples riesce a rendere credibile disinvoltamente l’ambientazione, cosa che si ripercuote in modo positivo sull’efficacia dei personaggi e del concetto di “Replicante”. Forse con qualche eccesso di pensiero filosofico, la commistione tra ambientazione fantascientifica e impianto poliziesco sembra funzionare piuttosto bene anche se, in fondo, buona parte della suggestione tipica da film noir che “Blade Runner” riesce a ricreare deriva dall’uso della voce narrante in stile hard-boiled.

La pioggia di novembre pervade il film dal principio fino alla fine, in una Los Angeles ormai diventata una megalopoli globale priva di distinzione e di originalità. Molto pertinente al tema da “realtà liquida” l’ambientazione degli interni: sorta di mix romantico-sepolcrale, di civiltà estinte di un passato molto remoto e di normalità post-moderna.

Davvero notevole la scena finale del film con un Rutger Hauer nel ruolo del Replicante principale e più completo.

Chissà se è poi solo un caso che egli sia morto proprio nel 2019, l’anno dell’ambientazione del film che gli ha dato il successo mondiale.

La morte del grande attore olandese è avvenuta pochi giorni fa: ricordarlo con la sua prima interpretazione importante è doveroso e attesta la stima e l’ammirazione verso un attore prestante che ha sempre interpretato ruoli forti ma complessi, schivo e riservato nonostante la grande notorietà.

Francesca Rita Rombolà

 

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