Dacia Maraini nasce a Fiesole (Firenze). Il padre, Fosco Maraini, è un grande etnologo, ed è autore di numerosi libri sul Tibet e sull’Estremo Oriente. La famiglia Maraini si trasferisce in Giappone nel 1938 poiché Fosco Maraini porta avanti uno studio sugli Hainu, una popolazione in via di estinzione stanziata nell’Hokkaido. Nel 1943 il governo giapponese, in base al patto di alleanza che ha stipulato con Italia e Germania, chiede ai coniugi Maraini di firmare l’adesione alla Repubblica di Salò. Poiché essi rifiutano vengono internati, insieme alle tre figlie, in un campo di concentramento a Tokyo dove vivranno in condizioni estreme per ben due anni quando, a guerra finita, verranno liberati dagli americani. Nella silloge poetica del 1978, “Mangiami pure”, Dacia Maraini racconterà proprio delle sofferenze patite in quei due anni.
Rientrata in Italia, la famiglia Maraini si trasferisce in Sicilia, a Bagheria. Qualche anno dopo la famiglia si divide: il padre va ad abitare a Roma, e le tre figlie e la moglie rimangono in Sicilia. Per Dacia sono gli anni della prima formazione letteraria ma soprattutto del sogno di una fuga, che arriverà soltanto col compimento dei diciotto anni con la decisione di andare a vivere a Roma con il padre. A ventuno anni Dacia Maraini fonda, insieme ad atri giovani, la rivista letteraria “Tempo di letteratura” e inizia a collaborare con dei racconti con riviste quali “Paragone”, “Nuovi argomenti”, “Il mondo”.
Nel 1962 Dacia Maraini pubblica il suo primo romanzo “La vacanza” cui fanno seguito “L’età del malessere” (vincitore, nel 1963, del Premio Internazionale degli Editori “Formentor”) e “A memoria”(1967). Nel 1966, con il titolo “Crudeltà all’aria aperta”, vengono pubblicate le sue poesie, recensite favorevolmente da Guido Piovene. In questi stessi anni Dacia Maraini comincia ad occuparsi anche di teatro. Fonda, insieme ad altre scrittori, il Teatro del Porcospino in cui vengono rappresentate opere di Gadda, Parise, Tornabuoni ecc. ecc. Proprio in questo periodo incontra Alberto Moravia, che nel 1962 lascia per lei la moglie (la scrittrice Elsa Morante).
I due vivranno insieme a lungo, fino ai primi anni Ottanta. Nel 1973 fonda, insieme ad un gruppo di artiste tutte donne, il Teatro della Maddalena. Lei stessa scrive molti testi teatrali fra i quali “Maria Stuarda”, che ottiene un grande successo internazionale, “Dialogo di una prostituta con un suo cliente”, “Stravaganza” e altri. Dal 1967 ad oggi Dacia Maraini ha scritto più di trenta opere teatrali, molte delle quali vengono rappresentate anche in Europa e in America. Nel 1972 pubblica il romanzo “Memorie di una ladra” dal quale viene tratto un film con Monica Vitti in una delle sue interpretazioni più riuscite. Nel 1973 esce “Donna in guerra” che, come quasi tutti i suoi libri, viene poi tradotto in molte lingue. Nel 1980 pubblica “Storia di Piera” in collaborazione con Piera degli Esposti. Il regista Marco Ferreri realizzerà un film, ad esso ispirato, con Marcello Mastroianni, che avrà molto successo.
Degli anni Ottanta sono i romanzi “Il treno per Helsinki” (1984) e “Isolina”(1985). Nel 1990 esce “Lunga vita di Marianna Ucrìa” che vince il Premio Campiello e altri premi prestigiosi, ottiene un grande successo di critica e di pubblico e ne viene tratto anche un film. Nel 1991 pubblica la raccolta di poesie “Viaggiando con passo di volpe” e il libro di teatro “Veronica, meretrice e scrittora”. Nel 1993 escono “Bagherìa” e “Cercando Emma”.
Nel 1994 è la volta di “Voci”, romanzo che offre una nuova interpretazione sul tema della violenza sulle donne. Nel 1996 esce il breve saggio sulla modernità e sull’aborto “Un clandestino a bordo” e nel 1998 il libro – intervista “E tu chi eri? e la raccolta di racconti sulla violenza sull’infanzia “Buio”, che nel 1999 è vincitore del Premio Strega. Nel 1997 esce il romanzo “Dolce per sè” e “Se amando troppo”(1998)che raccoglie le poesie scritte tra il 1996 e il 1998. Tra il 2000 e il 2001 Dacia Maraini pubblica “Amata scrittura”, “Fare teatro 1996 – 2000” e “la nave per Kobe”.
Nel 2003 escono “Piera e gli assassini”, il secondo libro scritto in collaborazione con Piera degli Esposti, e le favole di “La pecora Dolly”. Nel 2004 esce “Colomba”, nel 2006 la raccolta di articoli “I giorni di Antigone” e nel 2007 il saggio “Il gioco dell’Universo” di cui è coautrice insieme al padre.
Nel 2008 pubblica “Il treno dell’ultima notte”, nel 2009 la raccolta di racconti “La ragazza di via Moqueda”, nel 2010 “La seduzione dell’Altrove”, nel 2011 “La grande festa”, nel 2012 “L’amore rubato”, nel 2013 “Chiara d’Assisi. Elogio della disobbedienza” e nel 2015 “La bambina e il sognatore”. Il suo ultimo romanzo “Tre donne. Una storia di amore e disamore” esce nel 2018.
Francesca Rita Rombolà dialoga con Dacia Maraini in esclusiva per poesiaeletteratura.it
D – Dacia Maraini ha un curriculum vitae di artista ricco, vario, complesso. Cosa ricorda con piacere degli inizi della sua carriera letteraria?
R – Ho cominciato molto presto a scrivere. A tredici anni collaboravo con il giornale della scuola Garibaldi di Palermo che frequentavo come alunna. A diciotto anni ho fondato una rivista letteraria che si chiamava “Tempo di letteratura”. Sempre a diciotto anni, ho cominciato a scrivere il mio primo romanzo. Quindi, praticamente ho sempre scritto. E, naturalmente, ho sempre letto tantissimo: era ed è una mia passione. Non potrei vivere senza leggere e senza scrivere. Devo aggiungere che la scrittura è nel DNA della famiglia: mia nonna Yoi Crosse Pavlowska, che era inglese, scriveva romanzi. Mio padre ha sempre scritto. E io ho ereditato questa passione.
D – Il significato e l’importanza dello scrivere soprattutto per una donna.
R – La scrittura è terapeutica. Per uomini e donne. Ma per la donna lo è stato di più, perché nei secoli passati è stata esclusa dallo studio e dall’autonomia intellettuale. Quindi, per lei scrivere significava emanciparsi. Basta pensare alle mistiche chiuse nei conventi che, pur avendo rinunciato alla vita sentimentale ed erotica, acquistavano libertà di studiare, riflettere e scrivere. Infatti, le più antiche scrittrici, ancora poco conosciute e apprezzate, sono proprio le abitatrici dei conventi.
D – Le sue opere di poesia, di teatro, di prosa hanno dato un contributo notevole alla cultura italiana. Come definirebbe Dacia Maraini se non fosse Dacia Maraini?
R – Difficile definire se stessi. Qualcuno ha scritto di me che sono una scrittrice “razionale, realista, con una vena onirica e visionaria”. Mi riconosco abbastanza in questa definizione. Ma comunque lascio agli altri il diritto di critica e di definizione.
D – Gli studi di suo padre, l’etnologo Fosco Maraini, hanno influito sulla sua formazione umana e intellettuale? C’è qualcosa del grande etnologo in tutti i romanzi che ha scritto e pubblicato?
R – Certo, mio padre è stato molto importante per la mia formazione. Prima di tutto per il suo atteggiamento verso la cultura, di dubbio e amore per la conoscenza, poi per la tendenza ad uno sguardo antropologico, ovvero storico sulle cose del mondo, poi per il suo laicismo, per la sua fedeltà alle idee, anche a costo di sacrifici, come infatti è successo quando si è trattato di scegliere – nel 1943 quando eravamo in Giappone – fra l’aderire alla Repubblica di Salò, oppure accettare la prigionia come traditori della patria. Mio padre e mia madre (lei ci teneva a dire che aveva deciso per conto proprio)hanno deciso risolutamente di non firmare l’adesione al nazi – fascismo, non per ragioni ideologiche ma per rifiuto totale e deciso del razzismo. Sapendo che saremmo stati chiusi in un campo di concentramento.
D – Lei, che ha fatto tanto per dar voce alle donne nel loro anelito di esprimere e di capire se stesse, pensa che oggi le donne siano veramente libere da molti stereotipi coercitivi e perciò si sentono più partecipi in ogni campo: in quello sociale come in quello politico o culturale?
R – Naturalmente bisogna distinguere: se pensiamo in termini universali, c’è una parte del mondo in cui le donne sono abbastanza indipendenti e libere, ma ci sono ancora tantissimi paesi in cui le donne non hanno diritti e sono tenute in condizioni di schiavitù. Comunque anche da noi ci sono ancora molte discriminazioni, nonostante le conquiste sul piano dei diritti civili.
D – Nell’era di Internet, del post – moderno e della post – verità; in tempi di società liquida, così come la definisce Zygmunt Bauman, dove va realmente il mondo?
R – Magari lo sapessi! Non so sinceramente dove va il mondo. Se devo giudicare dal degrado culturale, linguistico e comportamentale direi che sta andando verso l’autodistruzione. Ma non voglio essere pessimista. Ci sono anche tanti segnali di vitalità giovanile, come il movimento per la difesa dell’ambiente guidato da Greta Thungberg a cui aderiscono tanti giovani in giro per il mondo. E’ un buon segno. Speriamo che gli adulti, che hanno il potere di decidere sul futuro, ascoltino la voce dei giovani.
D – La Poesia è ancora importante per gli uomini? Sarà ancora importante fra cento e più anni o sarà totalmente estinta?
R – Non credo proprio che la Poesia si possa estinguere. A meno che non si estinguerà l’essere umano. La Poesia è come un canto dei sensi, e poiché credo che il canto e la musica non spariranno, così penso che la Poesia vivrà finché vivrà l’essere umano, con la sua voce, il suo senso del ritmo, il suo pensiero, il suo dolore, la sua gioia di vivere.
Francesca Rita Rombolà
Dacia Maraini
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