Maria Grazia Calandrone (Milano, 1964) vive a Roma. Poetessa, scrittrice, giornalista, drammaturga, artista visiva, autrice e conduttrice Rai, scrive per “Corriere della Sera” e “TV”; dal 2010 pubblica poeti esordienti sul mensile internazionale “Poesia” e divulga poesia su Rai Radio 3 in programmi come “Alfabetiere Poesia”, “Poesia in tecnicolor” e in cicli di interviste a poeti; codirige la collana “I domani” di Aragno Editore ed è regista del ciclo di interviste “I volontari”, un documentario sull’accoglienza ai migranti e del videoreportage in Sarajevo “Viaggio in una guerra non finita”, entrambi pubblicati da “Corriere TV”. Tiene laboratori di poesia nella scuola pubblica, in carceri, DSM, con i migranti e presta servizio volontario nella scuola di lettura per ragazzi “Piccoli maestri”. I suoi libri di poesia: “La scimmia randagia” (Crocetti 2003 – premio Pasolini Opera Prima); “Come per mezzo di una briglia ardente” (Atelier, 2005); “La macchina responsabile” (Crocetti, 2007); “Sulla bocca di tutti” (Crocetti, 2010 – premio Napoli); “Atto di vita nascente” (LietoColle, 2010); “La vita chiara” (Transeuropa, 2011); “Serie fossile (Crocetti, 2015 – premi Marazza e Tassoni, rosa Viareggio); “Gli Scomparsi – storie da Chi la visto?” (Pordenonelegge, 2016 – premio Dessi); “Il bene morale”(Crocetti, 2017 – premi Europa e Trivio); “Giardino della gioia”(Mondadori, 2019) e traduzioni “Fossils” (Survision, Ireland 2019); “Sèrie Fòssil” (Editions Aillades, Ibiza 2019 – traduzione di Nora Albert)e l’antologia araba “La luce del giorno” (al Mutavassit, Damasco 2019 – traduzione di Amaji); è in “Nuovi poeti italiani 6” (Einaudi, 2012). I suoi libri di prosa: “L’infinito mélo, pseudonimo con Vivavox, CD di sue letture di propri testi (sosella, 2011); “Per voce sola” (raccolta di monologhi teatrali, disegni e fotografie con CD di Sonia Bergamasco ed EstTrio – ChiPiùNeArt, 2016) e “Un mondo, lo stesso mondo. Una riscrittura del Fanciullino di Giovanni Pascoli” (Aragno, 2019); suoi racconti sono presenti in “Nell’occhio di chi guarda” (Donzelli, 2014); “Deaths in Venice” (Carteggi Letterari, 2017)e “Princesa e altre regine – a cura di Concita De Gregorio (Giunti, 2018). Ha inoltre curato e introdotto il volume di poesie di Nella Nobili “Ho camminato nel mondo con l’anima aperta”(Solferino, 2018)e “Dino Campana. Preferisco il rumore del mare”(Ponte alle Grazie, 2019). Dal 2009 porta in scena in Europa il video concerto “Senza bagaglio” e dal 2018 “Corpo reale”, musica di Stefano Savi Scarponi e accompagnamento alla batteria di Arturo Casu. Nel 2012 vince il premio “Haiku in Italia” dell’Istituto giapponese di Cultura e nel 2017 è nel docufilm di Donatella Baglivo “Il futuro in una poesia”, nel progetto “Poems with a Wiew” del regista israeliano Omri Lior e nel progetto internazionale “REFEST – Images and word on refugee routes” pubblicato da “Il Reportage”. Nel 2019 viene intervistata da Yari Selvatella per “Il caffè di Rai 1” ed è fra gli insegnanti di workshop “Literary Social Media Content Creator” organizzato dal CRRI Centro di Ricerca del Castello di Rivoli. Ha collaborato con Rai Letteratura e Cult Book. Sue poesie compaiono in antologie e riviste di numerosi paesi. Il suo sito è www.mariagraziacalandrone.it.
Francesca Rita Rombolà e Maria Grazia Calandrone hanno conversato in sintesi principalmente intorno alla poesia.
D – Maria Grazia Calandrone, ho visto dal suo CV che la Poesia le è come familiare. Iniziamo, dunque, questa conversazione proprio parlando di poesia? La Poesia e il poetare per lei.
R – La Poesia è il mezzo per conoscere me stessa, poi gli altri, infine il mondo. Mi è indispensabile come respirare. Credo che questo valga per tutti gli artisti di tutte le arti.
D – Realizzare un reportage per la televisione(so che lei ne ha realizzati)non è come scrivere un libro, vero?
R – Decisamente no. Sono due linguaggi molto diversi: il reportage televisivo è destinato a una ricezione immediata(sebbene ormai tutto possa essere visto e rivisto a volontà in rete). Il libro, viceversa, è pensato per una lettura meditata, generalmente solitaria, dunque la scrittura può permettersi di essere più complessa e lavorare di più sullo stile. Con questo non voglio dire che la scrittura di un reportage non debba porsi il problema dello stile, ma certamente deve essere più immediatamente chiara.
D – Scrivere un romanzo oggi, secondo lei, può significare davvero fare letteratura? Talvolta anche dell’ottima letteratura?
R – Certo che sì. Un esempio su tutti: “La leggenda privata” di Michele Mari. O il caso clamoroso di Elena Ferrante, che è riuscita a scrivere una saga mozzafiato.
D – Mi parli un pò dell’Haiku, dell’idea che ha di questo modo tutto giapponese di scrivere poesia.
R – Sintesi assoluta. Ogni parola incisiva come una lama, ma leggera come una goccia. Parole – katama che ti tagliano senza che tu te ne accorga.
D – Chi ama, chi sente, chi recepisce davvero la Poesia nel 2020, in Italia in primis?
R – I fedeli della poesia sono molti, anzi moltissimi. Ama, sente, recepisce la Poesia chiunque abbia dimenticato la noia e l’inattualità con le quali l’insegnamento scolastico sommerge e porta a fraintendere la novità e l’attualità della poesia. Dante scrive della nostra contemporaneità. Purtroppo i professori spesso lo ignorano.
D – Spesso mi sembra che il poeta è ormai una figura banale, scontata, inattuale appunto, inutile. E’ così?
R – Direi proprio di no. E lo testimonia la quantità di domande “esistenziali” che mi vengono rivolte a ogni lettura o presentazione. In ogni caso, “banale” spesso è l’opposto esatto di “inattuale”. Credo che pecchi di banalità più chi vuole essere a tutti i costi “attuale” che chi segue la propria passione scavalcando la moda del momento.
D – Ma una poesia può ancora cambiare l’uomo e il mondo…
R – Dipende da chi la legge. A me una poesia(il Notturno di Alcmane)ha cambiato la vita. E, tra i moltissimi ascoltatori dei laboratori che negli anni ho fatto in scuole e carceri, addirittura due detenuti, due ex spacciatori, hanno trovato un nuovo scopo alla loro vita grazie alla poesia. E’ una semina al vento, non è capitalismo. Ogni tanto, qualcosa fiorisce. E va bene così:
Francesca Rita Rombolà
Maria Grazia Calandrone
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