Gino Pitaro svolge varie attività, tra cui quella di redattore e di documentarista indipendente. Nel 2011 esce “I giorni dei giovani leoni” (Arduino Sacco Editore). “Babelfish – racconti dall’Era dell’Acquario” (Edizioni Ensamble, 2013) è il suo secondo libro con il quale vince il Premio Letterario Nazionale di Calabria e Basilicata III edizione; il premio speciale “antologia” al Concorso Letterario Caterina Martinelli II edizione; il premio giuria “Città di Parole” III edizione – con il patrocinio della città di Firenze, dell’AICS (sezione cultura) e dell’Associazione Artecinema Rive Gauche – ; il riconoscimento Libri di Morfeo, città di Siracusa I edizione (4° posto). “Babelfish”, inoltre, ha ricevuto una segnalazione al concorso letterario “Percorsi letterari dalle cinque terre al Golfo dei Poeti”. Nel 2015 pubblica “Benzine” che vince il “Premio Colli Aniene” relativo al Concorso Letterario Caterina Martinelli IV edizione e il “Premio speciale della giuria” del Concorso Internazionale Scriviamo Insieme – VI edizione. “La vita attesa” (Golem Edizioni, 2019) è il suo ultimo romanzo. Gino Pitaro vive in provincia di Roma.
Francesca Rita Rombolà e Gino Pitaro hanno conversato insieme.
D – Gino Pitaro, iniziamo dal suo ultimo romanzo “La vita attesa”. Vuole raccontare, in breve, la trama e tutto il resto?
R – Credo che la quarta di copertina del libro definisca bene la sostanza del romanzo e anche il suo umore, il tenore dello stesso. Siamo agli albori degli anni ‘ 90 del secolo scorso, in una Tropea assolata ed estiva. Gianni e Federico sono appena maggiorenni e vivono nella cittadina tirrenica, presa d’assalto dal viavai dei turisti. Un luogo che, da loro, è visto attraverso gli occhi di chi vi abita, quelli del quotidiano, dall’infanzia fino all’inizio della maturità. L’ultimo decennio del secolo scorso rappresenta il fulcro del loro difficile percorso di crescita, dove fanno da sfondo i grandi avvenimenti nello scenario italiano e internazionale (tangentopoli, attentati, guerre nella ex Iugoslavia e in Ruanda). Le strade dei due amici divergono, amori e scelte differenti li allontanano. Tra di loro si insinua, crescendo sempre più, un mistero che invade silenzioso lo spazio della loro esistenza, come (spesso) accade che nella vita le cose non spiegate e coperte da reticenza diventino delle presenze ingombranti. Gianni segue la via accademica, partendo poi per l’estero, mentre Federico segue quella della carriera in politica. I loro destini, però, inaspettatamente finiranno per incontrarsi di nuovo. Vita criminale, personaggi fuori dalle righe, mutamenti insospettati condurranno entrambi su un comune binario, per un breve tratto. Il finale scioglierà ogni nodo del presente e aprirà nuove porte al futuro.
D – Gli altri suoi libri a che genere appartengono? Thriller, noir o ad altro genere?
R – Il mio primo libro “I giorni dei giovani leoni” è un classico romanzo di formazione spostato nel contesto dei primi anni del 2000 perché avevo bisogno di far quadrare altre cose nella narrazione, e i primi anni del nuovo millennio mi erano sembrati una giusta via di mezzo. Successivamente ho scritto “Babelfish – racconti dall’Era dell’Acquario”, una raccolta di racconti contemporanei molto fortunata con ambientazioni in varie parti del mondo; quindi è stata la volta di “Benzine”, un romanzo ambientato intorno all’anno 2008 nella periferia romana, che si può definire in senso astratto giovanile e vira sul giallo, sul noir, cosa che in sostanza accade pure con “La vita attesa” un romanzo appena più complesso, da alcuni punti di vista, ambientato negli anni ’90 del secolo scorso. Nel frattempo, però, ho curato anche una raccolta di poesie di mio padre dal titolo “Oltre il porto delle nebbie”. In definitiva, c’è sempre una componente di narrativa del giallo o del noir, e un pò thriller, nei miei libri. Mi viene spontaneo.
D – Si sente gratificato dalla sua scrittura?
R – Abbastanza. Per me è vocazione ed esigenza espressiva che trascendono il discorso della pura gratificazione, cioè si pone sul piano dell’impellenza. E’ importante, tuttavia, sentirsi gratificati professionalmente e in ogni senso.
D – Essere uno scrittore in Italia oggi per Gino Pitaro.
R – Non saprei con certezza. Ritengo che ci siano prospettive illimitate per coloro che hanno cose nuove da dire, da proporre, non dico per forza in modo pionieristico, ma ritengo che la freschezza e l’autenticità espressiva ripaghino. In genere i cloni funzionano poco o devono essere molto bravi.
D – La Poesia è presente nella sua vita artistica e in generale?
R – La Poesia è il sale della vita, ne è ispirata anche la narrativa. In un certo senso la Poesia è un genere letterario che dona a tutti. Una grande poesia può nascere in un attimo a un tavolino di un caffè. La narrativa è più proletaria nel suo edificarsi: richiede certo passione e ispirazione ma anche metodo di lavoro, non solo metodo tecnico.
Francesca Rita Rombolà
Gino Pitaro
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