L’apporto del poetare o della poesia. “E piove ancora” di Francesco Montalto

25 Giugno 2020

Una raccolta di poesie breve, definirei il volumetto “E piove ancora” di Francesco Montalto. Poesie che toccano vari argomenti e aspetti di un vissuto lacerato e spesso pieno di disincanto, versi che giocano con ciò che le emozioni e i ricordi possono produrre nell’anima… un’anima che sembra ferita e disillusa ma pur sempre capace di rispondere ad ogni tempesta, caos, travolgimento con il “farmaco benefico” della poesia. Ecco, ad esempio, i versi della poesia “Calde strade”: Calde strade/che si perdono nel nulla/la pelle brucia/sotto il sole rovente/Puttane a buon mercato/si incontrano/all’entrata di sudici motel/dove accamparsi per poco tempo/e sentirsi vivo.

Stringata e asciutta nel linguaggio, realistica e mordace nelle descrizioni forse fa scaturire nel lettore un moto profondo che agita fino a scuotere l’essere tutto, e la sua immediatezza ha un ché che lascia quasi interdetti. Vi scaturisce un senso di inadeguatezza marcata che si trasforma in una sorta di malessere esistenziale con un occhio vigile sulla possibilità di riscatto (sociale? Morale? Spirituale e umano?). “E piove ancora”, silloge poetica che si colloca come appropriata metafora di un tempo (o di tempi, se si preferisce) che ha mutato e stravolto i normali paradigmi, non solo di una civiltà con valori e principi consolidati, ma la semplice quotidianità del vivere. La poesia “Sotto sopra”, che chiude la raccolta, sembra costituirne una prova tangibile: “Tutto sotto sopra/capovolto e sostituito/Le verità/che non coincidono/senza apparente motivo/Tutto sotto sopra/quel che è bianco/adesso è nero/chi era sopra ora è sotto/Bistrattato senza coraggio/per farsi nuovo largo.

Pessimismo? Constatazione di fatto? Angoscia? Sofferenza o insofferenza? Forse. O forse una velata malinconia che stride quando si avvicina al vuoto esistenziale e al grigiore di questa nostra epoca alienata dal Vero, dal Bello, dall’Arte; stride perché ciò malgrado conserva ancora una speranza di rinascita in mezzo allo squallore delle cose presenti: una rinascita che soltanto il Vero, il Bello, in una parola, soltanto l’Arte possono far scaturire dal nulla delle coscienze mediante l’apporto del poetare o della poesia. Cosa può rappresentare la pioggia in un mondo larvale abitato da automi? La fine di un ciclo, o la sua prossima fine, se tutto non si è ancora compiuto; l’inizio di un ciclo, o il suo prossimo inizio, se tutto si muove ancora a rilento ma verso il suo inevitabile compimento, di un ciclo forse nuovo o forse no, ma comunque pur sempre un finire e un iniziare.

La pioggia lava il mondo, disseta la terra, trasforma il paesaggio. E’ tristezza ma anche gioia, è mancanza di calore e di colore, di energia vivificante, è spegnimento di ogni slancio passionale e totale ma è anche riscossa, voglia ritrovata di agire, di rompere argini che hanno chiuso e impedito, di consapevolezza che scaccia il nulla dentro e fuori l’uomo, di verità che rivendica il proprio posto perduto o usurpato. In fondo in fondo non c’è mai veramente resa o sconfitta se ci si affida alla poesia e al suo straordinario potere di riempire ogni vuoto reale o immaginario.

Francesca Rita Rombolà

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