“Sciroppo da more” di Paolo Bruni, edito da Horti di Giano Edizioni, è un volume di sonetti. Può apparire inattuale un libro di poesie espresse in sonetti nel ventunesimo secolo in quanto il sonetto è un componimento poetico tradizionale piuttosto in voga nei secoli passati. Il sonetto (dal provenzale sonet, “suono”, “melodia”) è un componimento poetico di origine italiana, forse introdotto da Giacomo da Lentini. Sembra derivare dalla stanza (cioè strofa) isolata della canzone della quale ripete la struttura: due quartine e due terzine, per un totale di quattordici versi endecasillabi. Ampiamente usato da Dante Alighieri nella “Vita nova” e nelle “Rime”, il sonetto fu grammaticalizzato nel “Canzoniere” di Francesco Petrarca. Per la fortuna di cui ha goduto nel corso dei secoli, il sonetto può essere considerato come una vera e propria metafora del fare poesia. Fino a tutto l’Ottocento non c’è poeta in Europa che non vi abbia fatto ricorso (con la sola eccezione di Giacomo Leopardi). Usato con parsimonia da Giovanni Pascoli, da Gabriele D’annunzio e dai Crepuscolari, il sonetto ha conosciuto un’eclisse parziale solo nel Novecento in concomitanza con il processo di liberazione dalle forme metriche tradizionali. A partire dall’Ermetismo, però, c’è stato un recupero di questa forma metrica riproposta secondo moduli riformati o mascherati da Mario Luzi e Giorgio Caproni fino ad Andrea Zanzotto e Franco Fortini.
Ritornando al libro di Paolo Bruni, non sfugge di certo, anche ad una lettura improvvisata, un lirismo intenso e accorato che permea ogni sonetto dal primo all’ultimo. Il linguaggio di ogni strofa è piuttosto ricercato e felice, l’amore è il filo conduttore di ogni verso e anche di ogni parola, e si dispiega in metafore ardite e in ardenti melodie interiori che sembrano bruciare l’anima che all’amore si piega e di amore vive come, ad esempio, il V sonetto, “Al vento piace sferzare il deserto”, prima quartina: “Al vento piace sferzare il deserto/Della mia bocca secca di baci,/Mentre i ricordi, come rapaci/Rapiscono i tuoi occhi in cielo aperto”.
Il volume “Sciroppo da more” di Paolo Bruni è composto tutto di sonetti che recano ciascuno una data e un luogo fra i quali città o località importanti e conosciutissime come Taormina, Roma, Rimini, Trieste etc. segno che il poeta ha vissuto momenti significativi di forte impatto emotivo in esse e che la sua ispirazione si esprime proprio nel ricordo meraviglioso e straordinario del suo vissuto in quel giorno e in quel posto come, altro esempio, in “Galeotta Taormina” I sonetto, prima quartina: “Volge la buia notte sullo Stretto/E il vago desiderio s’avvicina:/Brilla sul molo la molle Messina,/Vibrando storie che non ti ho detto.” O come “La vita è corta come il mio verso” I sonetto, ultima terzina, scritto ad Oslo (Norvegia) il 9 agosto 2015: “Non è meno infinito l’universo/Non ti pentirai di averla amata/La vita è corta come il mio verso”. Notevole, a mio parere, per il pathos che crea nel descrivere l’amore e la morte servendosi del mito classico, il VII sonetto “Euridice”: “Perfora Orfeo una passione pietosa,/Come un’ulcera che dilania la carne. /Dei suoi dolci canti non sa che farne,/Perché il fato gli ha sottratto la sposa./Ma la musica, più di arma tagliente, /Muove la Morte a ridar a Euridice/Il soffio vitale, come a fenice/Che risorge da cenere dormiente./Una condizione il dio Ade chiede:/<<Non rivolgerle uno sguardo devoto!>>/Ma alla cocente Fiamma il pazzo cede…/Si volta verso il volto obliando il voto/E allora Ade spalanca la sua sede,/Inghiottendo lei, come fior di loto”. Roma, 20 giugno 2018.
Ogni sezione di “Sciroppo da more” ha un titolo ed è composta da vari sonetti, abbinata ad una lettera dell’alfabeto greco antico. E’ dunque, alla fin fine, piuttosto piacevole leggere e meditare un libro di poesie, come “Sciroppo da more” di Paolo Bruni, composto di sonetti, perché in fondo il sonetto rimane pur sempre, nella forma come nella stanza, un componimento poetico elevato e di nobile tradizione.
Francesca Rita Rombolà
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