Era nato a Edimburgo (Scozia) il 25 agosto 1930. Attore e produttore cinematografico, Sean Connery, leggenda del cinema britannico e del cinema internazionale, si è spento due giorni fa, il 31 ottobre 2020, all’età di novant’anni. Aveva raggiunto il successo mondiale negli anni Sessanta del secolo scorso impersonando il personaggio di James Bond nella fortunata serie dell’ Agente 007 tratta dai romanzi di Jan Flaming. Registi del calibro di Alfred Htchcock lo vollero quale protagonista maschile nel famoso thriller a sfondo psicologico “Marnie”. Prese parte a film celebri proiettati in tutto il mondo fra cui “Highlander – L’ultimo immortale”, “Indiana Jones e l’ultima crociata”, “Caccia a Ottobre Rosso”, “Gli intoccabili” per il quale vinse l’Oskar come migliore attore non protagonista, e l’indimenticabile capolavoro “Il nome della rosa”, dove ha magistralmente interpretato il ruolo di Guglielmo di Baskerville”, tratto dal romanzo di Umberto Eco.
Distinto, vigoroso, fiero, bello e sensuale, ma anche con un talento per la recitazione davvero ineguagliabile, Sean Connery è stato un po’ il classico gentleman scozzese d’altri tempi (non a caso Elisabetta II d’Inghilterra gli ha conferito il titolo di baronetto per i suoi meriti artistici, che lui ha portato fino alla fine con orgoglio e con classe insuperabile). Ha amato il cinema, il teatro, l’impegno sociale e l’impegno ambientale; si è battuto per l’indipendenza della Scozia dall’Inghilterra e per un pianeta terra più verde, più pulito, più abitabile. Con lui finisce un’era del cinema in cui l’attore non è solo una star che ostenta ricchezza e pacchiana superficialità su un red carpet o davanti a schiere di fotografi e di giornalisti. Pur essendo famoso è, in fondo, vissuto in modo piuttosto schivo e riservato facendo della sua professione di attore un giusto mezzo di crescita interiore e di valori positivi per migliorare il mondo. Lascia un vuoto incolmabile nel campo dell’arte e della vita, una tristezza grande in chi lo ha seguito, ammirato e apprezzato e forse anche in chi non lo ha fatto.
Grazie, leone di Scozia, per tutto quello che ci hai regalato e per le intense emozioni che ci hai fatto vivere! Nel giorno di Samhain, l’antica festa celtica dei morti, forse hai raggiunto il remoto Aldilà degli avi.
Un figlio di Scozia
Da dove tanto talento?
Da dove – dunque – tanta bellezza
e tanta fierezza?
Dalle terre alte della Scozia
avvolte da brume e nebbie
fra i cui monti risuona sempre
l’aspro e dolce suono
delle cornamuse endemiche
e tra le cui valli
si ascolta ancora il riverbero immortale
del grido di libertà
dei suoi molti eroi del passato.
Si è spento un astro
dalla luce diamantina e intensa
in un cielo con troppe stelle
senza luce propria,
è morto un gigante
un figlio di Scozia
che forse ebbe nei passi
e nella lingua il sospirare
poetico e guerriero
del leggendario Ossian.
Piangiamo in silenzio
il suo fatale sonno,
in un mondo colpito
da un veleno oscuro
che piange ogni giorno i suoi morti.
Francesca Rita Rombolà
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