Antonio Pilato (Ravenna, 11 marzo 1990) è uno psicopedagogista e uno scrittore. Fin da bambino si appassiona alla letteratura dell’orrore leggendo, a casa e a scuola, i romanzi brevi della serie “Piccoli brividi” di R.L. Stine. Terminati gli studi liceali si iscrive all’Università di Bologna laureandosi in Scienze del Comportamento e delle Relazioni Sociali nel 2013 e in Psicologia delle Organizzazioni e dei Servizi nel 2015. Nel frattempo, inizia a conoscere la prosa di S. King leggendo diversi romanzi e alcune raccolte di racconti. Dal 2016 la sua visione letteraria si allarga ad altri autori, primi fra tutti H. P. Lovecraft e T. Ligotti, i quali influenzeranno non poco i suoi pensieri e il suo immaginario portandolo a laurearsi una terza volta nel 2018 in Pedagogia e a scrivere la sua tesi di laurea proprio sul tema dell’infanzia insita nei contesti della letteratura dell’orrore. Dal 2018 inizia a scrivere, preso da una forte ispirazione innata e arcana, una serie di racconti di genere weird. Nel 2020 pubblica la sua prima raccolta di racconti, con la casa editrice Mario Vallone Editore, dal titolo “Incubi grotteschi di esiliati sognatori” (vai alla scheda del libro).
Francesca Rita Rombolà e Antonio Pilato conversano insieme.
D – Antonio Pilato, psicopedagogista e scrittore. Le due cose sono conciliabili? Hanno molto in comune oppure no?
R – Certamente. Ogni cosa può essere conciliabile con un’altra se se ne riescono a trovare i punti in comune. Nella mia tesi di laurea in pedagogia riportai, ad esempio, un collegamento che avevo meditato fra il primo romanzo di Stephen King, “Carrie”, e la guerra fredda; due elementi che sembrerebbero non avere alcun tipo di legame razionale. Naturalmente, parlando della professione di psicopedagogista (sono laureato sia in psicologia, sia in pedagogia) posso concretamente affermare che non ci sono problemi di conciliazione nonostante l’apparente diversità, anzi! Parlo di “apparente diversità” perché, ad esempio, quasi l’intera biografia di Stephen King contiene come punto di protagonismo proprio l’infanzia. Forse più complessa potrebbe essere la “conciliazione” tra la professione di psicoterapeuta e la letteratura dell’orrore ma, anche in questo caso, si potrebbero trovare molte soluzioni per riuscire ad unire i due concetti (basti pensare al fatto che la mia tesi di laurea magistrale in pedagogia tratta dell’influenza dell’immaginario infantile all’interno dei contesti della letteratura dell’orrore).
D – Cosa puoi dirmi dell’infanzia, periodo della vita di una persona davvero particolare, nel contesto della letteratura del genere horror?
R – Posso affermare, avendo letto molto sulla fusione di questi due temi apparentemente separati fra loro, che esistono molte versioni differenti riguardo all’infanzia all’interno della letteratura dell’orrore. Facendo ancora un esempio: se per Stephen King l’infanzia rappresenta un’età in cui si può percepire la magia di ogni cosa, anche nel pericolo, e quindi paradossalmente è il bambino che salva l’adulto (e non viceversa), per altri autori come Patrick Redmond l’infanzia è una fonte di pericolo, quindi l’opposto della “salvezza”. La mia visione personale dell’infanzia si avvicina di più a quella di Stephen King, anche se nei miei lavori di scrittura la figura dell’infante resta per lo più segregata e “immacolata” in un “passato” che non può essere rivisitato troppo a lungo dai protagonisti quasi sempre a causa del contesto “urbanamente sfocato” in cui scelgo di inserirli e della loro tacita natura adulta fatta di consapevolezza latente e di miseria concettuale. Esistono perfino autori come Thomas Ligotti i quali tendono a non considerare l’infanzia e a trattare tutte le età come vittime imprescindibili dell’esistenza.
D – Fra i maestri indiscussi della letteratura horror qual’è il tuo preferito in assoluto e perché?
R – Domanda assidua. Non ho uno scrittore preferito, ma una cerchia di scrittori da cui traggo ispirazione specialmente per la contestualizzazione dei miei racconti. In questa cerchia inserisco senza ombra di dubbio Stephen King, al quale ho dedicato la mia terza tesi di laurea, poi i suoi due maestri, ossia Edgar Allan Poe e Howard P. Lovecraft che hanno creato la Bibbia dell’horror e, per finire, l’unica autentica reincarnazione di questi due, ossia Thomas Ligotti. Ho poi una schiera di tanti altri autori che amo, quali Clark A. Smith e Robert W. Chambers.
D – Parliamo un pò del tuo libro, “Incubi grotteschi di esiliati sognatori”, edito da poco dalla Mario Vallone Editore.
R – Che dire … una sera, verso la fine del 2018, fui colto da un guizzo, da un insight (come lo chiamiamo in psicologia), e iniziai a scrivere, senza fermarmi, un micro racconto che intitolai “L’ospite” (presente nella raccolta di racconti “Incubi grotteschi di esiliati sognatori); da li è partito tutto. Creavo per iscritto, producendo senza pianificare alcunché, tutto ciò che mi veniva in mente scrivendolo per ispirazione più improvvisata che meditata. A quel punto, supportato dall’amico Giacomo Moretti, scoprii la vera voglia di materializzare il gruppo di racconti in un buon esordio e, grazie all’amico e collega Davide Piserà, conobbi l’editore Mario Vallone, un esempio di incredibile onestà intellettuale e competenza professionale, il quale mi ha permesso di realizzare l’inizio del grande sogno. Parlo di inizio poiché, per il prossimo anno, ho pronto il mio primo romanzo dal titolo “Scienza ritegno” e molti altri lavori che non aspettano altro che di vedere l’inchiostro della carta stampata. La raccolta di racconti segue un genere weird accostato a elementi di horror filosofico, di urban fantasy e di noir “Thrillerico” e, per informazioni di qualunque natura, consiglio sempre di visionare la mia pagina “I racconti di Antonio” (https://www.facebook.com/raccontidiantonio); infatti, ogni domenica pubblico, sulla mia pagina facebook, un breve video, un podcast in cui discuto di una determinata analisi dell’opera guidando il lettore nella lettura e/o nella spiegazione delle vicende della raccolta di racconti.
D – Un poeta che ti piace e le cui poesie ti ispirano molto.
R – Ho avuto modo di leggere qualche tua poesia e devo dire che, nonostante non rientrino nei miei canoni di gusto, le ho trovate molto sensibili e a tratti curiose. Se dovessi citarti poeti famosi, sicuramente il mio cuore va a Giacomo Leopardi, a Carol J. Oates e a Gabriele D’Annunzio.
Francesca Rita Rombolà
Antonio Pilato
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