“La Poesia è indispensabile nella crescita e nello sviluppo umano”. Un dialogo breve e intenso sulla poesia con Giovanni Tavcar

5 Marzo 2021

Giovanni Tavcar è nato a Trieste. E’, per sangue e collocazione culturale, poeta di tre lingue e tre culture diverse: l’italiana, la slovena e l’austriaca. Egli risulta essere, con queste caratteristiche, il poeta più originale di Trieste, intesa come città mitteleuropea. Fino ad oggi ha pubblicato venticinque raccolte di poesie nonché diversi altri volumi (saggi, biografie, traduzioni poetiche, riflessioni religiose).Collabora con diverse riviste culturali con articoli musicali, poesie, prosa, approfondimenti religiosi e traduzioni poetiche (italiano, sloveno, tedesco e viceversa). Ha poi pubblicato sedici raccolte di poesie di gruppo con altri autori. Premiato in numerosi concorsi nazionali e internazionali di poesia, è stato anche quaranta volte finalista e ha vinto più di un centinaio di diplomi d’onore, di merito, encomi solenni, ecc. ecc. Gli sono stati assegnati cinquantasei premi speciali “Ad personam”. Giovanni Tavcar è presente in diversi dizionari, atlanti e enciclopedie e in più di un centinaio di antologie diverse (anche di carattere scolastico).

Francesca Rita Rombolà e Giovanni Tavcar dialogano sulla poesia.

D – Vedo, dottor Tavcar, che la sua produzione poetica è piuttosto notevole, e allora mi può dire come sente, come percepisce, come vive e come giudica la Poesia?

R – Innanzitutto, non sono dottore. Dimentichi, perciò, per favore, questo titolo che non mi compete. Grazie. E’ vero. La mia produzione poetica è veramente notevole (trentatrè raccolte di poesie in lingua italiana, sette in lingua slovena e una raccolta trilingue italiano, sloveno, tedesco). Ma non è certo mia intenzione inseguire la quantità. Le cose nascono e si sviluppano di per sé stesse. Io cerco soltanto di dare voce, contenuto e forma a ciò che mi urge nell’anima. Io percepisco la Poesia come necessità che sgorga nel mio intimo più cosciente al contatto con la realtà della vita e delle sue molteplici espressioni e alla quale cerco, nei limiti delle mie possibilità (animiche, spirituali e mentali), di assegnare un contenuto il più possibilmente coerente e artisticamente valido. Devo, però, specificare che in realtà nessuna poesia è per me definitiva. Infatti, riprendendole in mano con il passare del tempo, trovo sempre che avrei potuto esprimermi meglio, con più profondità, con più coerenza, con una scelta migliore di espressioni e di immagini. E sono così sempre tentato di modificarle, di completarle, di rifinirle. La Poesia non deve essere, secondo me, qualcosa di definitivo, di concluso, di imbalsamato ma soltanto lo spunto, più o meno valido, per ulteriori riflessioni e approfondimenti. Una base sulla quale ogni lettore possa costruire l’edificio dei suoi personali ragionamenti, delle sue esperienze, delle sue conclusioni. Un trampolino di lancio, insomma. La Poesia dovrebbe essere lo specchio della società, nel bene come nel male. E, infatti, molti classificano la mia poesia come una poesia pessimistica, tetra, cupa, ciò che in realtà assolutamente non è. O, almeno, lo è in quanto rispecchia la realtà nella quale viviamo, che è tutt’altro che positiva, rosea, entusiasmante. Dopotutto (giornali, cronache, televisione) non fanno che metterci continuamente davanti agli occhi le nefandezze più orribili (omicidi, femminicidi, torture, sorprusi, imbrogli, corruzioni, immoralità, falsità … e chi più ne ha più ne mette!!!). Pertanto, la Poesia che vuole rifarsi a questa realtà non può certamente definirsi una poesia ottimistica, se vuole essere sincera e veritiera. Ma nelle poesie nelle quali descrivo solo il mio mondo interiore, le mie ricerche spirituali, il mio progredire nella coscienza, la mia poesia non può certamente definirsi pessimistica, tutt’altro perché attinge e opera su un altro livello. Potrei, pertanto, dividere la Poesia (almeno la mia) in due distinte sezioni: quella che attinge e si rifà alla realtà nella quale viviamo e operiamo e quella che entra direttamente in contatto con i mondi superiori, con i mondi dell’anima e dello spirito.

D – Lei appartiene a tre culture e tradizioni diverse (la slovena, l’austriaca, l’italiana) e vive in una città come Trieste che forse ha ancora molto in sé di queste tre culture e tradizioni. Come vive questa sua appartenenza e come il suo rapporto con questa città?

R – Certo, appartengo a tre culture, lingue e tradizioni diverse (italiana, slovena e austriaca), ma vi appartengo per nascita. Non è certo merito mio se mio padre era sloveno, mia madre austriaca e io sono nato e ho sempre vissuto a Trieste immerso, tra l’altro, nella lingua e nella cultura italiana. Devo chiarire (e questo nessuno, almeno qui da noi, riesce veramente a capirlo) che io mi sento perfettamente a casa (dico a casa, non dico ciò che sento di essere nel mio intimo) sia in Sicilia (la mia regione del cuore nella quale ho tanti cari e sinceri amici)sia, per esempio, in Umbria (la patria del mio caro Francesco) sia, naturalmente, a Trieste ma altresì in Slovenia e in Austria (dove ho i miei parenti più stretti). Vienna, poi (la città della musica), è la città che, con Trieste, amo di più e che conosco a menadito. Trieste ha ancora qualcosa di queste tre culture ma, purtroppo, sempre meno. Devo anche chiarire che non è la conoscenza delle diverse lingue che crea una cultura ma, oltre alla lingua, ci deve essere la conoscenza della sua storia, delle sue tradizioni, dei suoi usi e dei suoi costumi, della mentalità di ogni singolo popolo. Solo allora si può ragionevolmente parlare di cultura, di vera conoscenza, di personale partecipazione e appartenenza.

D – I premi e i riconoscimenti sono importanti per un poeta, nel senso che contribuiscono molto a farlo conoscere, oppure lo sono soltanto in modo relativo, per cui egli può essere conosciuto anche attraverso altre vie?

R – A questa domanda devo rispondere che per me i premi e i riconoscimenti non rivestono una grande importanza (pur avendone vinti a bizeffe – per fare un esempio: – trenta primi premi e cinquantasei premi speciali “ad personam”), ma rappresentano soltanto l’eventuale riconoscimento che ciò che ho scritto possiede un certo valore. Una sorta di pietra di paragone. Deve poi sapere che non ho mai partecipato a nessuna premiazione nella quale sono stato premiato (perdendo anche diversi importi in denaro). A me basta il riconoscimento formale. Io, del resto, sono contrario per natura alle varie presentazioni letterarie, agli incontri di lettura ecc. ecc. Non vi partecipo, infatti, mai. E perciò sono, naturalmente, un illustre sconosciuto. Ma, per farsi conoscere, bisogna appartenere a qualcuno (società, circolo, associazione culturale, partito politico ecc. ecc.), essere cioè di qualcuno, ben riconoscibile e classificabile, con tutto ciò che ne consegue. Altrimenti sei nessuno! Ma per me la libertà di pensiero e di azione è un bene talmente prezioso che non sono disposto a nessun genere di compromesso. Per fortuna ciò non accade nel resto d’Italia (o all’estero) dove vengo giudicato per ciò che creo e scrivo, non certo per ciò che sono o a chi appartengo.

D – Pensa che la Poesia oggi abbia ancora una funzione centrale nell’insegnamento scolastico di ogni ordine e grado? La scuola, pubblica e privata, dovrebbe promuovere di più la Poesia e i poeti che ne sono il veicolo?

R – La Poesia ha sempre avuto e sempre avrà (o, almeno, dovrebbe avere) una funzione centrale nell’insegnamento scolastico (e non solo). La scuola odierna (almeno quella italiana) è in questo molto manchevole, per non dire nulla. E se ne vedono le conseguenze! D’altronde, quando un ministro (non ne faccio il nome, per carità cristiana) dichiara ufficialmente che la cultura non fa guadagnare nulla e che è, pertanto, del tutto inutile, allora, penso, non occorra nessun commento. La Poesia (come la cultura in generale: musica, pittura, scultura, scrittura, filosofia ecc. ecc. ) forma l’uomo, la sua coscienza, la sua morale, appaga la sua sete di sapere, sviluppa il suo senso artistico. E’, perciò, di basilare importanza per la sua formazione. Posso tranquillamente affermare che la Poesia è indispensabile nella crescita e nello sviluppo umano.

D – Si scrive per se stessi, per un pubblico ideale, o per pochi lettori?

R – Non si scrive (o almeno non lo faccio io) per nessun pubblico preciso o ideale, per molti o per pochi lettori. Si scrive, in realtà, per se stessi, per esprimere il proprio io, le proprie idee, le proprie visioni. Tutto il resto viene (se viene) di per se stesso.

R – La sua ultima raccolta di poesie , “Lunga è la deriva” (Edizioni Eventualmente, 2021), è piuttosto profonda e i temi trattati sono di una attualità sorprendente. Le chiedo: la Poesia, quale arte somma, ha già o avrà una deriva, o canta la deriva come canta ogni cosa del Creato?

R – Che lei reputi la mia ultima raccolta di poesie, “Lunga è la deriva”, profonda e costellata di temi di un’attualità sorprendente mi rende felice. Vuol dire che ha raggiunto lo scopo per il quale scrivo. Essere, cioè, testimone del tempo nel quale vivo e opero. Sono poi in dubbio su cosa lei intenda con l’espressione “deriva”. Forse una tendenza degenerativa? Forse un vero e proprio andare alla deriva? Io rispondo che, semmai, è l’uomo che tenta di portare la Poesia (così come la cultura in generale) alla deriva, non rendendosi conto che se la Poesia va alla deriva, va alla deriva pure lui.

Francesca Rita Rombolà

Giovanni Tavcar

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