Roberto Maggi nasce a Roma, dove si laurea in Scienze Biologiche. Amante della natura, indirizza i suoi interessi professionali e personali verso tematiche legate all’ambiente e all’ecologia. Inizia a scrivere fin dall’adolescenza, nutrendo una passione particolare per la Poesia. Nel 2014 pubblica la sua prima raccolta di poesie dal titolo “Schegge liquide” edita da Aletti Editore. Seguono apparizioni su varie antologie poetiche: “Federiciano 2014” (Aletti Editore); “Vivo da poeta” (Montecovello Editore, con menzione di merito), nonché la sua prima pubblicazione in prosa: Il racconto breve “Irish blues” nell’antologia “1000 parole” (Montecovello Editore, 2015). Nel 2015 Roberto Maggi, insieme al pianista Theo Allegretti, avvia un progetto che unisce musica e poesia: la performance “Suoni di – versi”. Nell’aprile 2019 pubblica la raccolta di racconti “Suites di fine anno” (Florestano Editore). Nello stesso anno pubblica anche la raccolta antologica “Il diario della Natura” (Fuorilinea Edizioni). Nel gennaio 2021 Roberto Maggi pubblica la sua seconda raccolta di poesie dal titolo “Scene da un interno” (Terra D’Ulivi Edizioni).
Francesca Rita Rombolà e Roberto Maggi conversano insieme di poesia, di musica, di attualità.
D – Roberto Maggi biologo, come riesce ad avere un rapporto particolare e intenso con la Poesia?
R – Come ci viene splendidamente documentato nel film “Il senso della bellezza – Arte e scienza al CERN”, solo in apparenza il mondo della scienza si pone in antitesi con quello dell’arte, ivi compreso il contesto poetico – letterario. Basti pensare, a titolo di esempio, al grande apporto dato alla letteratura mondiale da figure come Isaac Asimov o Primo Levi, per non parlare delle “simpatie scientifiche” di Italo Calvino. Personalmente conosco diversi scienziati che eccellono anche come artisti, a dimostrazione di come le due sfere possono facilmente interconnettersi, soprattutto quando la nostra sensibilità pone ascolto diretto all’interiorità e alla bellezza. Si possono studiare i complessi fenomeni della natura con occhio clinico, ma non per questo non subirne il fascino, non captarne le corrispondenze. Certo dipende anche dalla nostra attitudine e predisposizione innata, e in questo senso posso dire che le mie scelte non mi hanno precluso nessuna delle due passioni. In realtà, per molto tempo le mie attività legate alla professione di biologo – ecologo hanno avuto un percorso parallelo a quello della scrittura, senza che le due interagissero granché tra loro. Anzi, direi che le tematiche afferenti alla scrittura volutamente esulavano dal contesto professionale, come per dare voce ad un altro io: quello più intimo e nascosto; la voce del poeta, insomma. E questa voce si è manifestata spontaneamente, fin dai tempi della scuola, in parte alimentata dalle letture dei poeti classici e moderni, ma senza per questo condizionarmi sulla strada da intraprendere. E, al tempo stesso, non mi ha mai abbandonato, accompagnandomi fino ad oggi e lasciando spazio anche all’espressione creativa in prosa. Negli ultimi tempi i ponti comunicativi tra le due “sponde” sono diventati più frequenti, se è vero che nei componimenti più recenti il riferimento al mondo della natura è sempre più presente. Anche nella recente pubblicazione di una antologia dedicata alla natura (“Il Diario della Natura”, Fuorilinea Edizioni) ho avuto modo di esprimere questa dualità coesa, partecipando sia come biologo (curando l’introduzione al volume) che come poeta. Quindi le vie del poeta, dello scrittore, del naturalista e del biologo vanno sempre più convergendo rivelando come, fortunatamente, la nostra personalità non sia totalmente univoca.
D – I tuoi libri, di poesia e di prosa, ne vuoi parlare un pò?
R – Ho pubblicato due raccolte di poesie e un libro di racconti, senza contare la partecipazione a varie antologie. Premetto che sono passati molti anni prima che decidessi di affacciarmi al mondo dell’editoria. Come spesso accade quando si scrive per pura passione, lo facevo più “per me” accumulando senza ambizione testi nel cassetto. La prima silloge poetica, dal titolo “Schegge liquide” (aletti Editore), risale al 2014, e in fondo altro non è che la traduzione in versi della storia di una vita, un viaggio volto alla cattura di stati d’animo sottili e sfuggenti, o dove vengono fotografati momenti di natura meditativa. La caratterizza una ricerca minuziosa per la parola, per l’espressione limata che tenta di estrapolare, nel modo più attinente possibile, l’emotività annidata. Il secondo libro di poesie, “Scene da un interno” (Terra d’Ulivi Edizioni, 2021), appena pubblicato, continua e in qualche modo estende la visione e l’intento con cui è stata concepita la prima uscita, adattandosi alla naturale evoluzione del linguaggio nel corso del tempo. Qui lo stile si fa più essenziale, centrato sulla forza delle immagini che cercano di restituire le sottigliezze interiori, come spogliandosi dell’eccessiva verbosità delle composizioni primitive, nonché del ricorso a evasioni simboliste. Tento cioè di esprimere ciò che è il mio sentire attuale in forma più diretta e disincantata ma senza rinunciare, com’è naturale in poesia, alla sensibilità e alla ricercatezza della parola. Similmente alla raccolta precedente, i componimenti sono suddivisi in capitoli tematici con l’intenzione di offrire un quadro d’insieme armonico. Tra le due opere di poesia ho pubblicato un libro in prosa, “Suites di fine anno” (Florestano Edizioni, 2019). Si tratta di una raccolta di racconti basati in parte su episodi realmente accaduti, che dipingono situazioni bizzarre e stravaganti, ambientate nell’atmosfera festosa del Capodanno. Questo, in un certo senso, è stato il pretesto; ciò che mi premeva realmente era far trasparire l’aspetto introspettivo e psicologico che si nasconde dietro quelle vicende, fare emergere una sorta di traiettoria esistenziale che viene evidenziata attraverso la narrazione in prima persona, a tratti esplicitata tramite il ricorso a un impetuoso flusso di coscienza. Il tutto accompagnato dalla presenza costante della musica, sia a livello di citazioni che di fraseggio del testo, che tenta di avvicinarsi alle modalità del linguaggio musicale. E anche in questo lavoro ho dato spazio alle mie esigenze poetiche, inquinando la narrazione con frequenti irruzioni liriche. Quindi, a livello stilistico, si è trattato di un esperimento ad alto rischio laddove i singoli episodi sono come le parti di una suite, non per niente denominati “movimenti”. Nelle mie Suites l’abbinamento scrittura/partitura è molto stretto, portando le due voci a fondersi l’una nell’altra e dando vita, almeno mi auguro, a un’originale soluzione narrativa. E credo che il mio intento sia arrivato ai lettori, visti i numerosi gradimenti e riconoscimenti che il libro ha avuto.
D – E la musica? Che posto occupa nella tua vita di artista?
R – Come si sarà capito da quanto detto in precedenza, la musica occupa un ruolo fondamentale. Per me è un elemento vitale e irrinunciabile, una preziosa compagna di viaggio fin dal momento in cui è entrata a far parte del mio quotidiano, sempre al mio fianco lungo le fasi altalenanti della vita: in grado di recare conforto nei periodi oscuri oppure di amplificarne la vitalità nei momenti di gioia. Una sorta di rifugio dove trovare energia, benessere, accoglienza: a volte fatta di complice tristezza, altre volte di sublime beatitudine. Una sorta di cassa di risonanza delle emozioni, e non solo per la potenza comunicativa delle note ma spesso anche per la suggestione dei testi che, in alcuni casi, sono delle autentiche opere letterarie. Più di una volta, discorrendo con gli amici sul ruolo primario che essa ha avuto nelle nostre esistenze, abbiamo avuto modo di constatare (in modo scherzoso, ma non troppo) che senza di essa saremmo morti, quasi facendola assurgere a ruolo di salvatrice. Da ciò si può dedurre con facilità quanto la musica sia stata ed è parte integrante della mia esistenza, e l’influenza che essa continua ad esercitare sul mio modo di essere, anche semplicemente facendo da discriminante sulle scelte sociali, di amicizia, d’amore. Non a caso tra le mie attività artistiche rientra un progetto che unisce poesia e musica denominato “Suoni di – versi”, ideato insieme al pianista Theo Allegretti, nel quale l’abbinamento tra le due arti si estrinseca in una performance che supera la tradizionale formula del reading – concerto, in virtù di un approccio improvvisato che la rende diversa ogni volta. E questo stimolante esperimento è stato utilizzato anche nelle letture dei testi in prosa durante le presentazioni. Il piacere per la musica si traduce, quindi, in una continua fonte di scoperta, per non parlare del potere che esercita sulla scrittura. Sia che si parli di poesia, sia che si parli di prosa è per me impensabile lavorare a un testo senza che essa diriga il ritmo delle espressioni, che ne esalti per prima cosa la sonorità. Rifacendosi a una famosissima lirica di Paul Verlaine “Musica, sopra ogni cosa!”.
D – Pensi che il mondo abbia maggiore bisogno di arte, nel senso che ad ogni latitudine le persone dovrebbero percepire ciò che le circonda con una visione d’insieme più olistica, più aperta, più spontanea?
R – Ritengo che mai come in questo momento, in cui le nostre vite sono appese ad eventi drammatici, si abbia bisogno di nutrirsi di bellezza, di godere dell’infinita ricchezza che ogni forma artistica sa offrire. Trovo appropriato l’uso del termine olistico, che offre un modo di affrontare la complessità del nostro mondo in forma trasversale, facendovi confluire molteplici aspetti, senza produrre frammentarietà dispersiva. D’altronde l’arte è un valore universale radicato nella natura umana dove le distinzioni sfumano, e ciò che permane e prevale è l’essenza interiore, la sua necessità di manifestarsi. Non so se questo basterà, se, per citare un inestimabile mito letterario, “la bellezza salverà il mondo”, ma ritengo che si debba fare di tutto perché l’uomo non crolli sotto la spinta annichilente della sua natura rapace, proprio perché, appunto, egli è e sa essere altro. In giorni in cui si vive in un clima di clausura e di isolamento sociale, si è dimostrata più forte la necessità di dedicarsi alle attenzioni dell’anima, e la risposta verso un riavvicinamento alla poesia, e più in generale all’arte, sembra essere confortante in termini di recupero e di ricerca dell’Ideale. Si dice che in tempi bui si maturi una più spiccata consapevolezza, benefica per la crescita interiore. Pur non essendo, per mia inclinazione, troppo fiducioso nei riguardi dell’essere umano, congenitamente portato ad atteggiamenti auto – distruttivi, non è mai troppo tardi per sperare nel tanto atteso salto evolutivo che ci consenta di convivere in armonia con il solo mondo che ci è concesso, traendo ogni bene dalla sua poliedrica ricchezza.
D – Come vedi, Roberto, il futuro della poesia soprattutto?
R – Per quanto venga spesso considerata un’attività di nicchia, rivolta a una porzione di fruitori elitaria, la Poesia occuperà sempre un posto d’onore essendo troppo connaturata all’esigenza innata nell’uomo di esternare i propri sentimenti. In questo senso si può essere certi che, pur avendo i loro alti e bassi, i libri di poesia continueranno a deliziare le menti ad essa ricettive. E’ ovvio che non si debba pensare alla poesia inquadrandola solo in una visione prettamente classica, visti l’evoluzione e gli stravolgimenti che essa ha subito nel corso del tempo. Ma per quanti mutamenti di stile e di linguaggio vi siano stati, essi in fondo non ne alterano il ruolo primitivo: l’uomo, in fin dei conti, rimane lo stesso, e chi è sensibile si confronta sempre con le proprie fragilità, con la necessità catartica di liberare le sue onde emotive. E anche se non si scrive seguendo nuove (più o meno stimolanti) tendenze stilistiche, vedi i recenti esperimenti indirizzati a forme di estetica concettuale, non per questo si perde di valore. Va altresì sottolineato che in questi ultimi anni, soprattutto con l’avvento dei social, la Poesia attuale ha subito un processo di banalizzazione e di svuotamento di contenuto, laddove l’espressione linguistica si impoverisce in favore del più diretto approccio comunicativo all’esteso popolo del web. E quindi, in contrasto con un più facile accesso e possibile consenso, l’arte del poetare si fa più scadente, in alcuni casi svilendo l’impegno e lo studio necessari per proporre componimenti di livello. Ciò nonostante, la fioritura di numerose riviste di settore, in alcuni casi di indubbia qualità, sembra essere un segnale incoraggiante per sperare in una ripresa della poesia, sia a livello di autori (comunque tanti) che di pubblico – lettore (comunque troppo poco). Su questo recupero di valore si dovrà puntare per restituire alla poesia il ruolo di primo piano, a mio avviso inalienabile, che le spetta nel panorama della letteratura nazionale ed internazionale.
Francesca Rita Rombolà
Roberto Maggi
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