“Suites di fine anno” è un romanzo di Roberto Maggi, direi un romanzo particolare e di certo interessante per la sua originalità narrativa. Innanzitutto il linguaggio: forse un pò ridondante e talvolta eccessivo in quanto si adatta al climax della narrazione e alla incisività dell’atmosfera che permea e avvolge le varie situazioni, e poi la scrittura: un flusso di coscienza, portato avanti dal protagonista – io narrante dal principio alla fine, non sempre rispettoso delle regole grammaticali come, in fondo, è piuttosto giusto che sia (vedi i famosi flussi di coscienza dei protagonisti di “Ulysses” di James Joyce e di “Il male oscuro” di Giuseppe Berto). Il romanzo, come indica fin dall’inizio lo stesso titolo, si propone al lettore quasi in veste di concerto di musica classica: è, infatti, suddiviso, a mò di capitoli, in cinque parti ciascuna delle quali è proprio, in un certo senso, uno spartito a sé.
Le cinque parti sono: Preludio: Toccata; Primo movimento: Allemanda (Andante); Secondo movimento: Capriccio (Allegro); Terzo movimento: Sarabanda (Scherzo); Quarto movimento: Finale. L’ultimo dell’anno (la notte di Capodanno, per intenderci) è una notte un pò strana, a volte meravigliosa, a volte noiosa, a volte frivola, a volte intensa ma comunque è sempre una notte di festa e di bagordi in cui può accadere di tutto. L’io narrante di “Suites di fine anno” si reca al consueto veglione e vive, sente, percepisce, immagina, palpita, interagisce in una realtà che diventa via via sempre più impalpabile e quasi surreale. Una vena di ironia marcata e velatamente tagliente accompagna la sua narrazione rendendo piacevole al lettore l’exursus delle sue avventure. In una grande città piena di contraddizioni e di realtà varie, quale può essere la città di Roma, ad esempio, la notte di Capodanno, oltre a rivelare sempre e comunque delle sorprese, si rivela essa stessa abulica, indifferente, spoglia, distante nonostante l’atmosfera di festa, i fiumi di bevande e l’abbondanza di cibo che sommergono gli appartamenti di ogni condominio in ogni quartiere. Ed è la solitudine, dell’anima più che del corpo, che sperimenta e vive il protagonista all’alba che segue la notte più pazza e sconvolgente dell’anno.
Ma, nel Quarto movimento: Finale, succede qualcosa di inaspettato e forse di magico che ribalta l’intera situazione. il protagonista, lontano da tutti e da tutto, sta vivendo l’ultima notte dell’anno in un luogo tranquillo di campagna, in mezzo alla natura e sovrastato dalla vastità del cielo stellato che d’inverno è molto più ricco di stelle e costellazioni visibili anche ad occhio nudo. Le battute finali di “Suites di fine anno” svelano il senso del messaggio che Roberto Maggi trasmette a ciascuno di noi: “(…) Vorrei ascoltaste questo fuoco crepitante, vorrei sentiste gli aromi della terra contorcersi tra le fiamme, fumi in comunicazione con le sfere, divine se volete, e come descrivere il circo australe che sorride, i suoi giochi di luce sfavillante, ecco il carro, ecco la costellazione del toro, altro che fuochi d’artificio, nulla di paragonabile a questo silenzio primordiale. (…) … Umanità festante … alla salute, e anche se non vi può arrivare … alzo a tutto volume … questa musica sublime … They don’t realise that the angels surrounded you with light … buon anno, uomini! donne! mondo! We sail … “. Quindi: nuovo anno genuino e verace.
Francesca Rita Rombolà
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