Era l’anno 1978 forse, o giù di lì, quando ho ascoltato, per la prima volta alla radio, insieme ad un bambino di quattro o cinque anni, “L’era del cinghiale bianco” canzone splendida e riuscitissima di Franco Battiato, che non avrei mai più smesso di ascoltare e di amare.
Era poi l’anno 1982 quando ascoltai, forse per la prima volta o forse per la seconda in quanto l’album era uscito alla fine del 1981, “La voce del padrone” di Franco Battiato; album che salì subito in vetta alle classifiche musicali italiane e vendette un milione di copie, ancora primo e unico caso in Italia.
Da allora in poi i successi di Franco Battiato non si contano più. Canzoni quali “Bandiera bianca”, “Cuccurucucù”, “Sentimiento nuevo”, “L’esodo”, “Veni l’autunnu”, “Giubbe Rosse” e molte moltissime altre credo siano entrate a far parte dell’immaginario collettivo italiano dalla fine degli anni Settanta fino ad oggi.
Franco Battiato, il maestro, il grande siciliano, è morto oggi, 18 maggio 2021, nella sua casa di Milo alle pendici dell’Etna; aveva compiuto settantasei anni il 23 marzo scorso. Da buon catanese, in primis, e da buon siciliano non poteva che ritornare alla sua terra d’origine, alle sue radici più autentiche e più veraci, anche se il successo mondiale di un gigante della musica come Franco Battiato, nel corso della sua lunghissima e straordinaria carriera, lo aveva praticamente portato a calcare i palcoscenici più famosi di tutti i teatri non solo italiani ma del mondo intero.
Non ho voce, né fiato, non ho forse nemmeno inchiostro a sufficienza per scrivere dell’esotica magia della sua musica o della meraviglia, dell’incanto, la suggestione, il desiderio, il mistero, il fascino dei suoi ritmi, delle sue cadenze e delle sue atmosfere e della novità, libertà, congruenza (o piuttosto incongruenza) dei suoi testi; a ciò stanno già pensando, o ci hanno già pensato, molti altri forse più esperti, più competenti e più pusillanimi di me. Ma soprattutto il dolore per la grande perdita mi attanaglia il cuore e la mente.
Riesco solo a dire due parole soltanto: grazie Franco, grazie maestro Battiato, perché la musica, la Poesia, l’Arte non sono mai state, non sono, non saranno mai futili, facili e insignificanti vanità gettate al vento.
E’ UN GIORNO DI MAGGIO
L’alta cima innevata dell’Etna
“a muntagna”
sempre dalla mia finestra
la guardai stagliarsi
possente e maestosa
all’orizzonte di un cielo
e di un mare azzurri
forse come i cancelli del Paradiso,
sicura che tu, maestro,
alla sua ombra spesso solitario
vi sostavi, e scrivevi, e componevi
i capolavori che il mondo
avrebbe ascoltato, forse compreso
forse anche o perfino invidiato.
E’ un giorno di maggio
caldo e sereno
come soltanto alle nostre latitudini
può esserlo.
Laggiù, davanti a me
il grande vulcano
innalza al cielo il suo rivolo
di fumo perenne
oggi come un pianto silenzioso
per la tua dipartita.
Francesca Rita Rombolà
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