Il deserto del Sahara, il più grande deserto della Terra. Di giorno il sole arroventa la sabbia gialla e i ciottoli, il vento disfa e modella dune fugaci come gocce di pioggia, vaste come oceani surreali dimenticati in qualche angolo remoto della memoria. Di notte l’enorme distesa sembra giacere supina come per accogliere il riposo dei nomadi stanchi, delle loro carovane solerti e brulicanti di vita mentre il cielo stellato si adagia parallelo alla terra con la sua immensità quasi inverosimile che avvolge l’uomo, gli animali, le voci, i sospiri, gli echi perduti …
Le tribù beduine si raccolgono intorno ai fuochi per disperdere il freddo notturno. Raccontano storie, avventure, fatti di una quotidianità mai scontata e banale ma piuttosto scandita quasi dall’imprevedibilità, dalla lotta, dal rischio. Soprattutto recitano versi composti nell’ispirazione immediata, che sopraggiunge sempre, o che rammemora un mitico passato perso nei giorni senza storia della creazione del mondo.
I Tuareg, ad esempio, avvolti negli abiti tradizionali color blu, elargiscono orgogliosi il dono del loro poetare nella lingua madre, il Tamashequ, la cui dolce cadenza e la tonalità lieve hanno radici sicure nel primitivo e misterioso mondo matriarcale. La loro antenata, la Madre Primordiale, era una regina giunta in tempi remotissimi e da luoghi remotissimi. Fra i molti insegnamenti e il sogno reale di una meravigliosa eredità ancestrale ha lasciato, in primis, ad ogni generazione futura il grande poema dell’esistenza che canta di epiche battaglie, di passioni, di viaggi inverosimili, di traversate impossibili, di bellezze naturali e di paesaggi incantati ma soprattutto d’amore. Sì, d’amore. Canta l’amore in tutte le sue forme e in tutte le sue espressioni. L’amore quale afflato universale che permea e da vita a ogni cosa. Al Tutto. Questi fieri cavalieri del deserto dal volto velato che, in groppa ai loro dromedari solcano chilometri e chilometri di dune sabbiose e, con le loro lunghe lance, di notte infilzano le stelle, sanno da sempre, insieme ad altri nomadi tenaci e temerari loro pari, che la Poesia è come un grande segreto fatto di tanti piccoli segreti sui quali l’occhio umano si deve posare appena affinché la lingua possa rivelare le meraviglie, l’incantum, di ciò che ogni singolo segreto custodisce.
Allora il deserto può subire una metamorfosi inaudita: possono spuntare e crescere fiori bellissimi e sconosciuti e alberi dai frutti esotici, vi possono essere fiumi e laghi, cascate di acqua limpida e cristallina e il vento, leggero e silenzioso come lo Zephiro, può mormorare all’orecchio degli uomini, che sanno percepire e ascoltare, il canto sublime e misterioso della natura.
IL DESERTO FIORIRA’ COME LA ROSA
Un tempo remoto e senza tempo
il Sahara era un giardino
immenso dove fiori
dal profumo soave e dai petali gentili crescevano spontanei
insieme ad alberi
dai frutti succosi e dolci,
e il cuore delle sue genti era d’oro.
Ma venne il giorno
inaspettato e cupo
in cui il Male entrò negli uomini
entrò negli uomini il male
e la punizione di Allah fu esemplare:
il giardino scomparve sotto la sabbia
la rossa, bianca, rosa, gialla sabbia del Sahara.
Solo la palma resistente e longeva
rimase in superficie
diritta e sicura quasi a toccare il cielo
e le sue foglie
diedero riparo all’uomo stanco
e i suoi frutti nettare da bere
nella gioia e cibo dolce
per lenire le sue amarezze.
Ma verrà anche un giorno
ritornerà ancora il giorno
atteso e lieto in cui
il cuore delle sue genti
ritornerà ad essere d’oro
per risplendere ancora
ai raggi del sole nascente
sulle rive dei fiumi azzurri
e all’ombra degli alberi verdi,
e il deserto fiorirà come la rosa
il deserto del Sahara
fiorirà come la rosa.
Francesca Rita Rombolà
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