La notte fra il 13 e il 14 settembre 1321 Dante Alighieri lasciò questa vita.
Fu pellegrino ed errante, politico e astrologo, visionario e chiaroveggente, sognatore e studioso, letterato e dotto, sapiente e amante della conoscenza ma fu soprattutto poeta che della poesia percepì, sperimentò e attuò tutta la potenza arcana. Nell’attimo in cui i suoi occhi stanchi si chiusero per sempre e il suo cuore dal sentire oscuro e misterioso, provato e logorato alquanto, cessò di battere forse mai avrebbe potuto pensare, anche come ultimo pensiero o soltanto immaginare per un istante ancora come ultimo impulso vitale, che sarebbe stato ritenuto, concepito, considerato e studiato nel mondo intero attraverso i secoli come il più grande e tuttavia il più enigmatico poeta che l’umano genere abbia mai avuto.
Da quella notte di un settembre ancora in pieno Medioevo, forse in attesa di tempi diversi, forse in attesa di tempi migliori, sono passati ben settecento anni; i tempi sono indubbiamente diversi, se migliori non saprei dirlo. Forse sì, forse no. La fama di questo poeta – vate, nato nella e appartenente alla splendida e algida Firenze, sorse fin da subito (cioè fin da quando era ancora in vita), continuò, si estese a nuovi continenti, raggiunse popoli nuovi, civiltà diverse e non si esaurì, anzi col passare dei secoli aumentò e si ingigantì elargendo al suo possessore, anche se pur sempre effimera e quasi del tutto insignificante comparata all’eternità dei regni ultraterreni da lui cantati, l’immortalità letteraria, traguardo forse mai completamente immeritato o meritato dal cantore di ogni epoca.
Se ancora, e perfino oggi, nell’anno 2021 d. C., secolo ventunesimo e millennio terzo realtà storiche di incredibili, profondi e, per certi versi, inauditi e radicali cambiamenti epocali e di sconvolgimenti a dir poco apocalittici, l’uomo legge, recita, studia e medita pur tuttavia i versi de “La Divina Commedia” e pronuncia il nome Dante in ogni lingua come il poeta per antonomasia allora forse… sì che bisogna pur riconoscere alla poesia una potenza davvero e ad ogni modo arcana al di fuori del tempo.
Il respiro fu fiamma
Sotto il segno dei Gemelli
la sua nascita
settecentocinquantasei anni
fino ad oggi.
Arguto l’ingegno e
misteriosamente profondo il percepire
di colui che ha cantato i regni
delle tenebre, della speranza, della luce.
Era prossima l’alba
di un giorno di settembre
forse piovosa, forse desolata e triste
paesaggio di brume
che avvolge la terra
sul finire del solstizio d’estate;
chiuse gli occhi nel silenzio
e nella solitudine dei grandi,
le pupille trattennero appena
l’amarezza ultima dell’esilio.
Il vento cessò di colpo
il respiro fu fiamma
guizzare di luce oscura,
e si inoltrò verso l’Inesprimibile.
La sua morte
settecento anni esatti oggi.
Nel cielo superiore splendeva
la costellazione della Vergine
l’enigma, il mistero
più amato e più controverso
della sua epoca.
Francesca Rita Rombolà
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