Vincenzo Valtriani è nato a Pisa nel 1940. Si è diplomato presso l’Istituto Nautico di Napoli nel 1959 e, in seguito, si è laureato presso l’Università di Pisa e ivi si è specializzato in Cooperazione Internazionale e Mediazione dei Conflitti. E’ esperto di diritto islamico, fotografo, viaggiatore e ufficiale della Marina mercantile. Impegnato in varie associazioni umanitarie di Arezzo, è promotore di un progetto volto a favorire l’integrazione. Vincenzo Valtriani ha inoltre fatto parte del “Tavolo della Pace” di Pontedera in qualità di membro del Centro Gandhi su un progetto di collaborazione. Ha pubblicato i seguenti libri: “Mamma c’è un povero alla porta” Titani Editori, 2021; “Una vita antica” L’Autore Libri Firenze, 1999; “Dai no global ai new global” Vertigo Edizioni, 2019; “Imitare Dio” pubblicato su Amazon. Scrive sul quotidiano online “Odissea.org”.
Francesca Rita Rombolà ha conversato con lui su vari argomenti.
D – Vincenzo Valtriani ha vissuto una vita quasi da avventuriero: ha viaggiato per mare e per terra, ha conosciuto realtà nuove e diverse spesso cogliendole con occhio penetrante nei suoi scatti di fotografo, quale allora il suo ricordo o la sua esperienza più incisivi e particolari al riguardo?
R – La conoscenza e il dialogo abbattono qualsiasi muro. Ricordo un episodio significativo: nelle mie scorribande per il mondo, nel deserto del Sahara, nel Niger, fui sequestrato dai Tuareg ribelli. Alla loro domanda sul perché avessi così pochi soldi nel portafoglio risposi: “Il mio denaro sono l’amicizia e la curiosità”. All’istante da sequestrato divenni il loro sequestratore. Questo dimostra che la parola, se usata giustamente, diventa la migliore “arma pacifica” che l’uomo ha a disposizione, il contrario purtroppo di come viene usata al giorno d’oggi.
D – Un breve exursus dei libri che hai pubblicato e di quelli in fase di pubblicazione.
R – Il primo libro che ho pubblicato, “La vita antica”, racconta la vita contadina degli abitanti della mia terra, il Casentino, ai tempi in cui Berta filava. Il secondo, “Dai no global ai new global” mette sotto accusa il liberalismo finanziario che serve a soddisfare le esigenze di chi ha già tutto e trascura le necessità di chi ha poco o nulla, dando però delle soluzioni in merito. Il terzo, “Mamma c’è un povero alla porta”, descrive la prigionia di mio padre in un lager nazista come I.M.I. durante la Seconda Guerra Mondiale. Su Amazon ho pubblicato “Imitare Dio”, un dialogo tra un fedele musulmano e un laico. I prossimi tre libri sono: “Africa madre o matrigna” nel quale, immedesimandomi in un fotoreporter, descrivo i miei viaggi intorno al mondo dandogli, però, un volto umano in quanto a un certo punto, sulle rive del lago Turkana in Africa, egli incontrerà un bambino che cambierà il suo rapporto con l’altro; il secondo, “Al di là del buio”, racconta le vicende di un padre e marito che affronterà i dolori più grandi: prima la morte della consorte e, in seguito, quella del figlio eppure, nonostante ciò, crederà che al di là del buio c’è sempre la luce; il terzo, in cerca di editore, è “L’Islam, questo nostro sconosciuto”, ormai i fedeli islamici sono in mezzo a noi, fanno parte della nostra comunità ma quanto sappiamo di loro? I mass media parlano di loro solo quando capitano fatti delittuosi attribuiti ad una visione troppo radicale dell’Islam, questo libro è invece un buon strumento di comprensione per una convivenza pacifica fra fedi diverse.
D – Com’è cambiata la società, il mondo nel ventunesimo secolo? E’ migliore, secondo te, rispetto a qualche secolo fa?
R – Una volta la ricerca era fatta per soddisfare la curiosità dell’uomo, aveva un aspetto umanistico. Era un fine e non un mezzo. L’uomo, vivendo in una società più povera, era una parte del tutto, ognuno aveva bisogno dell’altro; penso che sì c’era più umanità. Lo scopo della vita non era solo avere tutto quello che gli altri posseggono ma era, in primis, il significato escatologico dell’esistenza. C’era un’educazione morale che insegnava a rispettare l’altro accettando il suo consiglio come un dono. Oggi tutto questo non esiste più perché abbiamo affidato le nostre relazioni sociali alla tecnologia, ai social che hanno preso il posto della nostra anima. Sì si vive meglio in quanto a beni materiali, ma quanto del sociale abbiamo perso! Si vive più a lungo grazie ai progressi della scienza, ma il nostro bellissimo pianeta è diventato una pattumiera a causa del consumismo sfrenato soprattutto dei paesi più ricchi.
D – Cosa pensi della letteratura e della poesia?
R – La bellezza la si può imparare, capire e amare tramite la letteratura e, in special modo, per mezzo della poesia che è l’espressione della nostra anima.
D – Cosa riserva il futuro prossimo, ma anche più lontano, ai popoli, alle culture, alle minoranze, all’interscambio e all’integrazione pacifica fra queste?
R – Quando il nostro futuro è in mano alle multinazionali e non al “piccolo è bello”, quando affidiamo tutto al gigantismo e non a “una decrescita felice”, che non significa ritornare all’età della pietra ma privilegiare lo sviluppo sociale anziché una crescita economica incontrollata, allora “questo futuro” non sarà tinto di rosa; lo vedo triste, funestato da lotte fratricide, da odi, da discriminazioni, da egocentrismo e da guerre per il potere di ogni genere dove la pace sarà solo un intralcio. Io vedo un domani che si allontanerà sempre di più dal detto o motto “la vita merita di essere vissuta”.
Francesca Rita Rombolà
Vincenzo Valtriani
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