L’immaginazione, un sospiro profondo, uno squarcio tellurico e pulsante di vita in mezzo alla palude, un lampo di luce nella notte dispersa dentro tenebre infinite, uno spasmo di vitalità tra larve imputridite di apatia e indifferenza, un fremito che attraversa il cielo e la terra, riconcilia l’inferno e il paradiso, uno slancio sovrumano verso dimensioni insondabili. Alta finanza, politica, ricchezza, potere, comando, globalizzazione, leggi e ordinamenti, burocrazia e istituzioni, rigidità, categorizzazioni di fronte all’immaginazione crollano come castelli di sabbia colpiti dall’onda di marea. Quale valore, forza, ragione di mostrarsi e di svilupparsi possono avere senza l’immaginazione?
L’immaginazione è tutto e niente. E’ niente ed è tutto. Per la società civile, per la civiltà degli uomini, per l’essere umano, uomo o donna. L’immaginazione crea, porta il cambiamento, soffia sui sepolcri e fa vivere i morti. Immaginazione. Poesia. Donna. Hanno molto in comune, se non addirittura tutto. Fragili tutte e tre eppure così forti da sfidare il mondo, così coraggiose da reggerlo, così importanti da preservarlo dalla distruzione e dall’annichilimento.
Donna. Poesia. Immaginazione. Le tre Grazie di ogni epoca sognante che fa dell’Arte il suo baluardo e il modello da seguire in ogni senso e in ogni circostanza. Poesia, colma di immaginazione che va sicura sul sentiero del giorno raggiante di pienezza. Donna, fertile campo dell’immaginazione vestito della bellezza, albero fecondo della poesia che permea gli esseri tutti e il loro sentire, le cui radici toccano il centro della terra.
L’efferata e incomprensibile violenza di un attimo, la brutalità devastante di un gesto che, in un attimo, devasta, sconvolge, uccide possono spezzare il magico incanto di queste tre meravigliose e sublimi “fanciulle” delle quali il mondo, in fondo e al di là di tutto, non potrà mai farne a meno … Ma noi tutte, incarnazione e archetipo di queste splendide “fanciulle”, se schiacciate ci risolleveremo. Se colpite ci rialzeremo. Se uccise risorgeremo. E correremo ancora libere nei sogni e nella realtà di ogni essere pensante, libero come noi. E marceremo sicure sulle vie del sogno come colombe rese zoppe da una cieca furia inumana, divenute nere perché torturate con inaudita crudeltà da chi non comprende o non vuole comprendere l’importanza del nostro esistere per il genere umano.
P. S. – Per la Giornata Internazionale contro la violenza alle donne.
Una zoppa colomba nera
E’ lì sui lastroni grigi dell’emiciclo
con una zampa ferita dal piombo
del silenzio.
La pioggia fitta
ha spazzato le voci
e ora il mondo è lava indurita.
Se mi schiacciate risorgerò!
Se mi schiacciate risorgerò
dalla polvere delle strade!
C’erano molte colombe bianche
e sono volate via.
Si sono rifugiate
sotto le ali del cielo morente
perché si era abbattuto
un fulmine sul mondo.
Se mi schiacciate risorgerò!
Se mi schiacciate risorgerò
mille volte dalla polvere delle case!
Io sto seduta sotto la pioggia
impavida dei rumori,
indifferente dei rumori indifferenti.
Una colomba cerca avanzi di cibo
zoppicando: è una colomba nera!
Se mi schiacciate risorgerò!
Se mi schiacciate risorgerò
ancora dalla polvere delle piazze!
Zoppica impaurita dalla paura
e la pioggia lava il filo
di sangue che traccia il suo zoppicare.
Ha fame e si spinge sul fragore
del tumulto a cercare briciole di pane.
Se mi schiacciate risorgerò!
Se mi schiacciate risorgerò
dalle fiamme e spiegherò
le ali verso il sole come la Fenice!
Io sto seduta ad ascoltare
il sordo grido della nube cieca,
e la pioggia che cade uccide
le foglie degli alberi
perché il mondo è lava indurita.
Se mi schiacciate risorgerò!
Se mi schiacciate risorgerò
dal vento che a volte
solleva all’aurora brandelli di ossa!
Una volta vidi anch’io una colomba nera
aveva una zampa ferita
e sul sangue che lasciava
come cancrena serpeggiante
c’era il sangue di tutte le illusioni.
Venne verso di me zoppicando
e le sue piume nere
lacerarono l’artiglio minuscolo
della sua fredda disperazione.
Se mi schiacciate risorgerò!
Se mi schiacciate risorgerò
dal fuoco che arde
sulla nebbia senza volto!
C’era una colomba nera,
e zoppicava, era ferita
e il suo sangue colava
a picco con gli ultimi assalti della pioggia.
Era una colomba nera
come i vapori del cielo di levante.
Se mi schiacciate risorgerò!
Se mi schiacciate risorgerò
dal vento della morte silenziosa
che si leva ogni mezzodì!
Le ceneri non erano fumanti
le ceneri erano case e
erano strade di polvere informe.
Poesia tratta da “Alba, sul ponte sospeso”, Mauro Baroni Editore, 1994, di Francesca Rita Rombolà
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