Mille angoli nascosti dove le viole fioriscono ancora. Mille gesti d’amore in cui i cuori sensibili e puri palpitano ancora. Mille lacrime di compassione con le quali l’essere umano guarda umilmente il volto dell’altro uomo. Mille risate spensierate sulle quali splende la libertà come il sole più ardente dell’Universo. Mille sogni di speranza dove la primavera giunge a riscaldare l’anima gelata dal rancore, dal profitto, dalla sopraffazione; e la Poesia rinnova la sua dolce ansia di ascoltare, di donare, di rammemorare la bellezza di tutto ciò che vive, muore e si rinnova.
E POI VENNE IL GIORNO
Fango e dolore
portò il disgelo,
ma la primavera non si fermò.
Fiamme e violenza
portò l’acciaio
dei carri da guerra
sull’asfalto
grigio di caligine il cielo
piombò furente
sugli esseri vivi
e sulle cose inerti,
ma la primavera
non si fermò.
E poi venne il giorno
il suo primo giorno
silenzioso e silente
quasi da tutti dimenticato
e da chiunque desiderato
dietro la maschera di tenebre
che indossa il mondo.
Uno scricciolo cantò
piccolo, insignificante
ignorato e percosso
dal peso cadenzato del soldato
e dal peso soverchiante dell’oblio
ma cantò e cantò
e non smise di cantare,
e ancora cantò
dal minuscolo corpo
straziato fra i fitti tralicci
di filo spinato.
Celebra ignara del male
la primavera il suo ritorno,
celebra la Poesia
la festa della vita
perché la morte invisa
non può distruggere
e per sempre soggiogare.
Francesca Rita Rombolà
P. S. – Per la Giornata Internazionale della poesia.
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