Miguel Hernandez (1910 – 1942), di umilissime origini, passò la giovinezza aiutando il padre, un pastore di capre sensale di bestiame, finché, attratto dalla poesia, si recò a Madrid dove, tra innumerevoli difficoltà economiche, riuscì a farsi conoscere e apprezzare nei circoli letterari più importanti e vivaci della capitale spagnola. Allo scoppio della guerra civile militò tra i repubblicani. Al termine di questa fu rinchiuso nelle prigioni franchiste dove subì maltrattamenti e torture di ogni genere, che ne minarono la salute portandolo a morte precoce.
La sua poesia presenta una tecnica che risente della tradizione del barocchismo spagnolo ai limiti della retorica, ma è sinceramente ispirata da un senso della vita grave e dolente, da un qualcosa che ha quasi il peso ineluttabile della fatalità e della morte, a parte – si intende – le liriche che rivelano il suo forte impegno civile e politico testimoniato dalla partecipazione alla guerra civile e dalla morte in carcere.
La breve lirica “Il cimitero è vicino” è dedicata al figlioletto morto a soli dieci mesi, mentre in Spagna imperversava la guerra civile. Il dolore è contenuto e silente, ed esplode, in silenziosa deflagrazione, soltanto nell’ultimo verso che chiude la dolorosa descrizione dove la morte e la vita si contrappongono, ma senza contrasto, come le cose che in natura coesistono e nessuno se ne stupisce. Forse desta stupore, invece, e con quanto strazio, che vicino al cimitero del suo bambino ci siano altri bambini, anime candide e innocenti, che “vivamente gridano” forse per comunicare alle persone la “sordità” umana, religiosa, sociale, intellettuale che le avvolge come una cappa la quale impedisce loro di vedere il cielo azzurro e i raggi caldi del sole splendente. L’azzurro irreale delle piante non può che rimarcare, con solennità e nostalgia, l’azzurro simbolico e metaforico dei poeti e l’universo puro e giocoso della Poesia.
Il cimitero è vicino
Il cimitero è vicino
a dove tu ed io dormiamo,
tra fichi d’India azzurri,
agavi azzurre e bambini,
che vivamente gridano
se un morto oscura di polvere la strada.
Da qui al cimitero è tutto
dorato, azzurro, limpido.
I morti, a quattro passi,
e a quattro passi, i vivi.
Limpido, azzurro e dorato
lì si allontana da me
facendosi remoto il figlio.
Francesca Rita Rombolà
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