Paolo Vites è redattore del quotidiano online ilsussidiario.net. Ha scritto per le maggiori riviste musicali italiane tra cui “Il mucchio selvaggio, Buscadero e Jam”, per l’americana “On the tracks” e per diversi quotidiani nazionali. E’ autore di monografie su Bob Dylan, Patti Smith, The Clash e Cat Stevens. Nel 2011 ha pubblicato “Un sentiero verso le stelle, sulla strada con Bob Dylan” (Pacini Editore). Nel 2018 ha firmato, insieme a Roberto Saetti, “Ghosts Upon the Road, Eric Andersen disco per disco” (Late for the Sky/ Vinyl Legacy Association). Ha inoltre scritto le biografie ufficiali di Francesco De Gregori e Antonello Venditti per il “Corriere della Sera” e “TV Sorrisi e Canzoni” (2009 e 2022) e pubblicato una raccolta di racconti con il Gruppo Editoriale l’Espresso “Do you believe in magic? La strada verso casa” (2008). Per Caissa Italia Editore ha pubblicato “Enzo Iannacci – Canzoni che feriscono” (2019); “Bob Dylan – 18 anni di canzoni e altro” (2020); “Rock ‘n’ roll suicide – Il lato oscuro del rock” (2022).
Francesca Rita Rombolà dialoga con Paolo Vites.
D – E’ un piacere, per me, dialogare con Paolo Vites; Paolo vorrei che parlassi del tuo ultimo libro, “Rock ‘n’ roll suicide – Il lato oscuro del rock”. Perché questo libro particolare proprio adesso?
R – Questo libro ha una lunga genesi, dettata principalmente da una serie di morti improvvise etichettate come abusi tipici delle rock star. Dolores O’Riordan, Prince, Chris Cornell e altri. A questi si aggiunse quella di un musicista poco noto, il cantautore Neal Casal, con il quale avevo una bella amicizia, impiccatosi improvvisamente e inaspettatamente a cinquanta anni. Lo slogan usato dai media “sesso, droga e rock ‘n’ roll” mi aveva sempre infastidito per la sua banalità. Sentivo che c’era qualcosa di più dietro a queste morti che andava indagato e che ci accomuna tutti. musicisti, persone di successo, gente normale. Studiando le storie di tanti artisti, ho così scoperto che nel loro passato sempre, o quasi, si celava un trauma vissuto nell’adolescenza: genitori separati, famiglie disagiate, violenze, abusi sessuali. Scoprii, inoltre, che molti di loro erano, o erano stati, in trattamento per depressione e disagio mentale. Mi vennero in mente tutta una serie di personaggi del passato (da Nick Drake a Kurt Cobain) che si inserivano in questo filone: quello della malattia mentale.
D – Come mai tanto interesse al tema della malattia mentale?
R – Sono molto sensibile al tema della malattia mentale, perché l’ho vissuta di persona e perché conosco molte persone che ne sono colpite. Il disagio mentale sta diventando una patologia sempre più diffusa in tutto il mondo. Eppure, nonostante l’enorme diffusione, la spesa sanitaria destinata a questa patologia è irrisoria, le strutture per il ricovero sono quasi inesistenti o a carico di privati, con costi per le famiglie esorbitanti. La società civile non ne accetta e non ne capisce la sofferenza che essa genera.
D – Nel ricercare quel “qualcosa di più profondo che fa la differenza”, nella vita o nelle canzoni di un artista, italiano o straniero, cosa ti è rimasto dentro di essenziale, di vivo e, perché no?, di fuori dal tempo?
R – Quello che mi è rimasto dentro è un grande senso di gratitudine per queste persone che con le loro canzoni hanno reso più belle le nostre vite, ci hanno regalato momenti di felicità spesso sacrificandosi. Allo stesso tempo, quello che mi rimane è il senso di universalità, riconoscere cioè che tutti siamo accomunati dal desiderio di bellezza e di felicità. Questo è essenziale e fuori dal tempo.
D – La musica oggi, Anno Domini 2023, per Paolo Vites in Italia e nel mondo.
R – Se intendi “la musica nuova” che esce oggi, non ascolto quasi niente. Non trovo nulla che mi susciti le emozioni che dicevo prima. C’è talmente tanta musica stupenda degli scorsi decenni da scoprire e riascoltare che davvero penso non valga la pena perdere il poco tempo che abbiamo per quello che esce oggi.
D – So che hai pubblicato una raccolta di racconti, scriverai anche un romanzo? E’ uno dei tuoi “sogni nel cassetto” oppure no?
R – Ne ho uno pronto da dieci anni nel cassetto: conosci un editore? Seriamente, penso ci siano già abbastanza romanzi in giro per aggiungerne un altro.
D – La poesia e i poeti sono ancora possibili? Li vedi, li percepisci attuali o inattuali?
R – Certamente sono possibili, ma non vedo e leggo nulla di particolarmente interessante. Mi sembra che anche qui, come nel campo della musica, ci sia troppa auto – referenzialità, narcisismo piuttosto che amore per la bellezza e la comunicazione.
Francesca Rita Rombolà
Paolo Vites
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