In poesia l’immaginario, e l’immaginazione, sono un ponte. Un ponte che collega due sponde: l’anima e il linguaggio. Senza l’immaginario, e l’immaginazione, profondi e misteriosi al pari di una dimensione insondabile, nouminosi e colmi di sacralità quanto un atto di magia o un antico rito sacrificale, le due sponde dell’esistere, cioè l’anima e il linguaggio, resterebbero separate per sempre senza possibilità di contatto, di confronto, di conoscenza, di fusione o anche di rafforzamento e di indebolimento.
Il poeta attinge al pozzo dell’immaginario, e dell’immaginazione, oscuri, larvali, spesso orrifici ma, allo stesso tempo, luminosi, limpidi, ludici e gioiosi, che porta in sé come un fardello spesso di una levità lieta ma, molto più spesso, di una pesantezza dolorosa e greve talvolta insopportabile; vi attinge nei momenti di ispirazione quando il gorgo assordante dei flutti della sua anima tace o è in tempesta mentre egli, solitario ed enigmatico come il neofita che sta per essere iniziato ai misteri dell’Altrove, si accinge ad attraversare il ponte sospeso che sta in alto il quale è periglioso, oscillante e stretto come i ponti sospesi su fiumi infernali nelle vallate andine o himalayane a oltre tremila metri di quota.
E’ sempre un rischio quasi estremo per lui attraversare questo ponte fatto di piloni solidi oppure di corde intrecciate piuttosto fragili che contengono tutto l’immaginario, e l’immaginazione, dell’Universo e i segreti della vita e della morte … un rischio anche mortale sì, perché l’anima e il linguaggio sono sponde sconosciute e inesplorate le quali possono essere popolate da surreali tribù selvagge e da spettri irreali che colpiscono, devastano e uccidono (se l’anima ha smarrito o non percepisce più il proprio inconscio, se le figure archetipiche sono morte o dormienti, se il linguaggio non è appropriato e i versi risultano farraginosi, privi di significato e di un qualunque messaggio). E spesso la sponda, ossia l’altra sponda, appare lontana e, in un certo senso, irraggiungibile. E, molto più spesso, le due sponde del ponte sembrano quasi come lontanamente uguali e contrarie, simili eppure, in un certo qual modo, intercambiabili.
I popoli antichi credevano che il ponte avesse un qualcosa di sacrale e di divino e, a tal riguardo, pontefici (ossia costruttori di ponti) venivano chiamati gli artefici della struttura in quanto mediatori fra la divinità e l’uomo, le forze primordiali della natura e la capacità umana di addolcirle e di contenerle. Il pontefice era, perciò, una sorta di sacerdote, e il suo linguaggio, nel compiere e nell’espletare le sue funzioni di rito, non era dissimile da quello del poeta. Egli, infatti, si esprimeva in versi e, in versi, comunicava agli uomini l’ascolto dell’Essere tradotto in poesia.
La Poesia, dunque, costruisce ponti. La Poesia getta ponti. Ponti sospesi su abissi infiniti e su baratri spaventosi. Ponti che, forse, è preferibile attraversare all’alba quando i primi raggi del sole nascente annunciano il nuovo giorno e danno al poeta la forza di lottare contro avversità di ogni genere. Allora l’anima e il linguaggio trovano sintesi e unione dei contrari nell’immaginario, e nell’immaginazione, costruiti, creati, abitati dal poeta e pregni di archetipi, sogni, estasi, tormenti, veglie, emozioni, percezioni, epifanica sorgente di ogni poetica, voluttà aspra e dolce del poetare.
Radiografia di un Ponte
Ora la sera è triste
Mentre la nebbia mi percuote
Suona una campana
Gridano i fanciulli verso sera
Dal muro accanto passa la voce di un ossuto crepuscolo
Ora il mio spirito soffrirà fino alla morte
Il dolore è un Ponte
Ma non ci sono sponde
Le estremità di un Ponte sono senza confine
Ma hanno confini
Un Ponte è colpito dalla luce
All’alba o al tramonto
Un Ponte serve ad attraversare il luogo
Per giungere o per partire
Il mistero è sorretto dalle braccia di un Ponte
Ma quale mistero ha costruito un Ponte?
Colui che custodisce la soglia è un Ponte
Ma chi riesce a camminarvi sopra?
Anche la gioia è un Ponte
Vi si galoppa su con inaudita velocità
Distruggendone il ricordo
Guardare e sentire, sopra e sotto, in alto e in basso
Presuppone l’esistenza di un Ponte
Proteso da una sponda ad un’altra, nitido al raggio dell’alba
L’unico e il solo: l’Existere
Il dolore patito all’altra sonda si placa
Gioia o bellezza all’altra sponda si conformano
L’altra sponda è in realtà la linfa vitale di un ponte
Ma in fondo non appaiono ponti quando l’altra sponda
All’improvviso dall’oscurità emerge.
Poesia tratta dalla silloge poetica “Alba, sul ponte sospeso” (anno 1994) di Francesca Rita Rombolà
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