La Poesia, come l’amore, per sua natura appartiene alla sfera dell’indicibile. Come tutto ciò che ha a che fare con l’anima, con la dimensione più profonda e segreta dell’Essere, è vicina al mistero. E’ essa stessa mistero. E’ mistero inaudito. E’ mistero cosmico. Perciò si accompagna al silenzio, ed è imperscrutabile essenza del silenzio. Superare la barriera dell’inesprimibile, dare forma o corpo all’indicibile è impresa folle, quasi pienezza di “terrore panico” in cui solo i poeti si sono cimentati … e si cimentano da sempre. E’ un addentrarsi nel labirintico mondo dell’immaginale per cogliere le mille cangianti sfumature che il poeta trae dal silenzio per dar loro voce e parola.
In questo profondo, e spesso doloroso, viaggio misterico – iniziatico il poeta è il folle, il portatore e, insieme, il mediatore di quella “sacra e divina follia” per mezzo della quale si confronta con l’inesplicabile per far sì che tale esperienza misteriosa e sovvertitrice diventi suono, parola, canto. Nel labirinto in cui le multiformi realtà immaginali si dispiegano e tuttavia vagano come imprigionate la Poesia è il velo che cela e custodisce, innalza e separa, unisce e consacra; ma è soprattutto il “filo di Arianna” che guida il prigioniero, guida l’errante verso la possibile uscita e dunque verso la libertà. Solo il linguaggio poetico, fra tutti i linguaggi, sa muoversi con destrezza e con familiarità all’interno del labirinto immaginifico. Schiva i perigliosi ostacoli e supera le terribili prove procedendo saldo, fermo, sicuro, impavido.
La follia del poeta è un qualcosa di divino, dunque, che ha in sé il germe dell’Altrove pronto a crescere e a svilupparsi nella scaturigine dei versi, nella sublimità delle assonanze, nell’alternanza armoniosa delle rime. E questa follia sacra fa del poeta il Teseo della parola che nel labirinto immaginifico segue il “suo” filo di Arianna fatto di sospiri e di scrittura viva, pulsante che scava ed erige, distrugge e costruisce, fatto di lacrime e di ispirazione dolorose ma talvolta anche gioiose, fatto di fluidità assoluta e di assoluto percepire.
Allora l’indicibile si fa dicibile, l’inesprimibile nomina le cose e le canta, il silenzio si trasforma in voce che crea, il tutto trasfigurantesi in apertura al mondo e alle sue infinite possibilità
Elis 2
Orme, un filo, una traccia che seguo intravisti nel buio.
i canopi sono fiori
Il fiore del canopo
E’ la gialla alba divenuta azzurra.
Dall’esile voce il gioiello
Si rinnova,
Un fragile sussurro delle foglie d’acanto.
Fragili rami
Nel fragile sogno,
L’acqua risplende
Dell’infranta bocca del ghiaccio.
Bocca, suggello
Di labbra dal roseo colore dell’eternità
Fu, come l’Eterno disteso nelle braccia
Fu, le membra di un’arpa
Dell’alabastro più fine
Fu, un caro dolore, l’Innato.
La lingua, chiave di tutte le porte
Un suono perduto che riapre
La porta distrutta
Quelle ciglia vibratili che perseguirono
Il dolce parlare
Di un flebile suono.
Fanciullo del travaglio interiore
Fanciullo nel fosco cullare
Dello spasimo solitario.
A molti rifulse nelle ombre
La sponda
La forma e la luce,
A quei molti e a ciascuno
Il dolore e l’azzurro aprirono il mare precluso.
Vieni con me, la pietra è mutata
In fluide lacrime
Il dolore in luce nella notte
L’azzurro nei tormenti estirpati.
Ad altri diede l’ascendere violento,
La fitta oscurità del brillamento possente.
Sul giaciglio del nero inverno
La primavera dorme sicura.
A me Eternità o Lutto: il Fanciullo.
Il tenero virgulto stilla un corpo incorrotto
Su di me
O fanciullo che oggi temeraria porto nel mio seno
Il seme vivente che lasciaste
Alla fertilità dell’unico giorno;
Tutti conoscemmo i dolori del parto
E amammo il frutto oscuro senza nome.
Pochi, molti e ancora meno
L’esile pianto nel buio lo udimmo.
Il grido predetto o il vento serale
Nel canneto dei flauti autunnali.
I folli trovarono il luogo.
O come vivido e morente sanguina
Il capo del mio fanciullo,
Fuoco infittito dell’odiata follia della stirpe.
Io per ultima invoco il mattino.
Poesia tratta dalla silloge poetica “Alba, sul ponte sospeso” (anno 1994) di Francesca Rita Rombolà
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