Martedì 11 luglio 2023 è morto a Parigi, all’età di novantaquattro anni, lo scrittore Milan Kundera. Era Cecoslovacco, ma francese di adozione. Fra i suoi molti romanzi, oltre a quello che gli ha dato fama mondiale, cioè “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, uno mi sembra lo caratterizzi e lo presenti come un autore particolare: forse un poeta, forse un amante discreto purtuttavia molto passionale della poesia, si tratta di “La vita è altrove”; titolo di già molto eloquente in quanto riporta proprio una frase oscura quanto utopistica, di Arthur Rimbaud nei riguardi del poeta, in primis, e della poesia. Già da diversi anni, Milan Kundera veniva inserito fra i massimi autori del Novecento. Non mi soffermo su i suoi scritti, né sulla sua scrittura, né sulla sua fama letteraria (si è scritto e si sta scrivendo tanto su ciò in questi due giorni). Mi piace ricordare questo scrittore soprattutto per la sua riservatezza, la sua serietà profonda, la sua seraficità intensa quanto spontaneamente semplice e soprattutto per il suo amore verso i poeti e la Poesia. Nella poesia Milan Kundera ha forse intravisto, con occhio accorto e acuto, una speranza e una possibilità di redenzione e di rinascita per il genere umano e per il mondo tutto, e nel poeta suo portatore una figura, per quanto incredibile e staccata dalla realtà, insostituibile, un indicatore da seguire pur sempre a tutti i costi, pena la perdita e il distacco dai valori – base della vita e dell’uomo quali la libertà e il riscatto sociale per ciascun individuo preso singolarmente oltre che per un intero popolo e per i popoli della terra.
Nella sua lunga vita Milan Kundera ha coltivato sogni, ambizioni, speranze irrealizzate? Forse, perché la felicità e la realizzazione complete non sono mai reali e possibili, sopratutto per uno scrittore e anche al vertice della fama e del successo di ogni tipo. Egli lascia il mondo della letteratura europea, e non solo, in grave declino e su una barca non solida in mezzo ad un oceano in tempesta. Forse lo avrà pensato molte volte, forse sarà stata la sua “spina nel fianco”, e forse non sarà stata l’unica amarezza di un vecchio – fanciullo che ha guardato sempre oltre ogni cosa finita e verso un universo misterioso quanto inconoscibile.
“La vita è altrove. La vita è sempre dove tu non sei”. Affermava l’eterno fanciullo ribelle Arthur Rimbaud… perché, diciamolo una volta ancora, per il poeta il sogno e il sognare, la rivolta e l’essere liberi sono tutto, al di là della fama, della materialità, del plauso incerto o falso immersi e sommersi dall’effimero che non paga, non ripaga e non appaga mai, in fondo, i bisogni autentici dell’anima e dello spirito.
Addio, Milan Kundera… anche l’Altrove della morte può essere l’Isola dei Beati che la vita non riuscirà mai a donare.
Francesca Rita Rombolà
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