La ginestra, un fiore giallo come i raggi del sole, pieno e copioso come un grappolo d’uva, esuberante e festoso come spighe di grano maturo. La ginestra, un fiore che rinasce ogni tarda primavera, annuncia la calda estate mediterranea e tellurica e si protrae talvolta fino ad autunno inoltrato. L’essenza di ginestra è una fragranza … un profumo pregiato e delicato, la fibra di ginestra è usata per realizzare tappeti, coperte, stuoie perché molto resistente e dal tessuto traspirante, caldo e fresco allo stesso tempo.
Ma è in poesia che il fiore della ginestra si mostra nascondendosi, si nasconde mostrandosi. Metafora di un mondo nuovo e di un tempo che si rinnova. Simbolo di tenacia, di resistenza alle intemperie, di forza rigogliosa ed esplosiva, radice che sa sfruttare al meglio i terreni vulcanici, le lande rocciose, i dirupi inaccessibili. Non a caso, credo, la ginestra alligna sulle pendici dei vulcani attivi e spenti o addormentati, ed è uno spettacolo potente e meraviglioso vedere fianchi lavici e nudi in un profilarsi di giallo danzante al vento che soffia dal mare, marcandone ogni tratto dalla base fino alla cima.
Gli occhi di un poeta, o di chi ama e comprende la Poesia e il poetare, non sanno resistere mai all’incanto di un cespuglio di ginestra in giugno o in luglio, o nei giorni chiassosi e festaioli del Ferragosto del sud; allora la ginestra diventa metafora, si fa simbolo, si trasforma in mito, assurge ad un qualcosa di reale e insieme trascendente che è immediatezza dei sensi e dell’intelletto e va oltre l’intelletto e i sensi spingendosi fin dove lo spirito e l’anima hanno cancellato i propri confini e hanno realizzato il vivo splendore della luce, la percezione della libertà, della bellezza pura scevra dalle bruttezze e dalle bassezze del mondo, il concretizzarsi di linguaggio poetico, visione e profezia. Ed è esattamente in tale oscuro e abbagliante manifestarsi che il sommo poeta Giacomo Leopardi carpì la ginestra: non più quale fiore dalla bellezza e dalla complessità impareggiabili quanto nella sua trasfigurazione immaginifica, che si presenta al mondo come messaggio universale e senza tempo per l’intero genere umano.
“La Ginestra” si chiamerà l’ultimo canto del poeta, sorta di testamento letterario e spirituale, senza religiosità ambigua e grossolana, che lascerà ad ogni uomo o donna, amante della poesia e della natura, un senso tutto nuovo di umanità unita e speranzosa di fronte al vuoto imperante della società e all’impeto distruttivo e inesorabile degli elementi che pur compongono l’Universo … forse davvero l’unico (chissà?) modo per vincere, o almeno farvi fronte, il dolore imperante e il pessimismo di fondo permeante il Cosmo.
METAFORA DEL RADICAMENTO ANCESTRALE DELLA VITA
Grappoli gialli, a profusione
cespugli indorati dal sole
e resi compatti
dalla terra vulcanica,
la ginestra quale fiore
quale simbolo, quale mito e realtà?
Fiore dalla bellezza incomparabile
e dal profumo delicato
metafora della nudità e del dolore
della solitudine e della dura forza
che unisce dinnanzi alle potenze minacciose
dell’ignoto, e oltre.
Metafora unica e vera
del radicamento ancestrale della vita.
Così il poeta la vide
dalla sua finestra, in lontananza.
Forse meditò sulla ginestra
in giorni afosi di giugno
gli ultimi della sua dolorosa esistenza,
e pensò di immortalarla con il Canto
lasciando all’umanità
la riflessione profonda
di un senso ultimo,
e tutta l’inutilità del vivere
fino in fondo la propria grande illusione;
mentre sulle lande deserte
più alte intorno al Vesuvio
forte i venti ne sferzavano la chioma
mai in procinto di piegarsi
o di soccombere.
Francesca Rita Rombolà
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