Domandiamoci, per gioco o per semplice curiosità, può la Poesia avere dei legami con il territorio? Forse è difficile, dopotutto, dare una risposta. Una risposta scontata. Ma tentiamo pure di rispondere di sì, e cioè che la Poesia può (uso un verbo ipotetico perché si è in un campo oscuro, incerto, misterico) essere o divenire (a seconda dei casi e del contesto) vera, sentita, percepita e rendersi completa quando ha dei legami con il territorio nel quale si manifesta e che la stimola e la produce anche.
Se la Natura, in un dato territorio, è ancora pura, primitiva, fresca e incontaminata; se la vita dell’uomo e delle cose rispetta ancora in parte i suoi ritmi e i suoi cicli annuali allora anche (posso affermarlo per esperienza diretta) le emozioni, le percezioni, i sentimenti, in due parole, l’anima e il cuore avranno, sempre e comunque, un qualcosa di poetico e vedranno ogni cosa come “permeata” da un tocco di poesia che dona alla vita quel senso di bellezza, di esteticità e di libertà anche fugaci e in misura e quantità limitate.
Ho vissuto, da bambina e da adolescente, in un territorio particolarmente selvaggio e molto suggestivo dal punto di vista naturale. Tramonti rossi e infuocati d’estate su un mare dai riflessi color del vino che solo il nostro Mediterraneo sa regalare. Cieli azzurri striati da filamenti sottili di nuvole bianche incommensurabili come spazi siderali, luminosi come zaffiri trasparenti rivolti verso il sole. Vulcani spenti e attivi, isole del vento avvolte in un’aura di leggenda, velate dal mito senza tempo di un misteriosa sacralità. Monti, colline, altopiani, boschi di quercie, distese di ulivi e di grano in erba o maturo, rocce sedimentarie e metamorfiche nascondenti segreti di un remotissimo passato del pianeta terra. E poi l’atmosfera calda e accogliente, di sapori antichi, di modelli e stili di vita legati alla terra e a un vivere semplice, spontaneo improntato ai valori essenziali che formano una civiltà compiuta e feconda nel vero senso della parola.
Queste visioni mi hanno nutrita, protetta e mi hanno “vista crescere”, non senza problemi certo, disappunti, angosce e sofferenze dovute ad una adolescenza inquieta e solitaria seppur desiderosa di apprendere, di capire e di essere libera. Il passare del tempo ha mutato molte cose (ha mutato gli uomini e il loro rapporto con la Natura e con il territorio in genere). Il progredire della tecnica e un certo consumismo, piuttosto sfrenati entrambi e non sempre equilibrati e dal volto umano, hanno cancellato e spazzato via, distrutto e ricostruito stravolgendo tutto, abusato e sconvolto se non talvolta devastato irrimediabilmente. Ma qualcosa rimane. Rimane ancora. E bisogna essere davvero dei cyborg consumati, in tutto e per tutto, per non provare più nulla, per ritrovarsi totalmente insensibili e avulsi di fronte ai tramonti, al mare, al cielo azzurro che resistono (sì resistono ancora) ad ogni forma di violenza e di coercizione spesso spietati … I tramonti, il mare, il cielo azzurro della mia infanzia e della mia adolescenza “avvolti dall’incanto e dalla magia della poesia”.
ESORTAZIONE ALLA NATURA
Mare che mormori
ai poeti e ai naviganti
vulcano che erutti
la fertile lava incandescente
cielo che conforti la vista dell’osservatore
sole che illumini
l’erba e i fiori
suolo che dispensi abbondanza
e accogli l’uomo senza distinzione
tramonto infuocato
che stimoli la bellezza
vitalità selvaggia della terra
che trasformi ogni cosa
e muti origine e fine
ciclo perenne della vita e della morte
che rigeneri perfino il vento.
Sii forte. Resisti.
Sii ancora forte. E per sempre.
Francesca Rita Rombolà
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