Willem Elsschot (1882 – 1960) è stato romanziere e poeta belga di lingua olandese. Di professione fu uomo di affari, ma fu soprattutto un narratore molto sensibile e piuttosto puntuale e preciso delle strane ambiguità della morale borghese. La sua scrittura, come il suo stile pungente e mordace spesso diverso e a tratti decisamente innovativo in letteratura, si contraddistinguono ampiamente per una particolare quanto speciale fusione di malinconia intensa e di quasi grottesca comicità, concisa e fredda oggettività alternata ad un efficace gioco verbale, latente cinismo e sentimenti contrastanti. I suoi ultimi romanzi soprattutto raccontano, attraverso i loro protagonisti – narratori, il mondo dei perdenti, degli autsider, dei delusi e disillusi dalla vita. Ne viene fuori, perciò, un affresco quanto mai bizzarro e accattivante eppure doloroso e sarcastico insieme, che lascia nel lettore una sensazione di velato compianto misto a rabbia sottile e montante.
L’universo letterario di Willem Elsschot è popolato da proletari, gente che nulla ha da guadagnare e dunque nulla da perdere dalla vita, gli ultimi del mondo forse trovatisi a vivere, o a sopravvivere, loro malgrado in una società che si pone indifferente nei loro riguardi, se non addirittura ostile, che sembra voglia quasi rigettarli e fin’anche annientarli. Eppure, guardando in profondità in ciascuno di loro, appare in nuce una certa dose sincera di speranza talvolta venata di forte amarezza e di rassegnata ironia, pur tuttavia efficace nella lotta che li vedrà protagonisti, per quasi tutto il ventesimo secolo, come ceto sociale in buona parte dell’Europa.
Willem Elsschot non è mai, in fondo, banale o superficiale nella sua scrittura facendosi, per alcuni versi, portatore di istanze di rinnovamento nel suo tempo segnato da rivoluzioni, guerre mondiali e rivolgimenti epocali di diversa natura. Visse di sicuro i tormenti e le aspettative dei popoli nel cuore di un’Europa non sempre attenta e rivolta verso le classi più fragili di ogni sua nazione, e ne apprese le ardue e dure lezioni impartite dalla classe dominante come pure da quella schiacciata e sfruttata; sicché, con opere come “Villa des Roses”, “Formaggio olandese” e “Fuoco fatuo” egli è uno dei grandi classici della letteratura olandese.
Questo brano, tratto da “Villa des Roses”, può forse dare una prima idea della sua scrittura e dei personaggi dei suoi romanzi:
“Cari amici, ora che sto per morire mi sento in dovere di rivolgere a tutti voi un saluto breve, ma di cuore. Amici, la vita è è un inferno e noi, proletari, dobbiamo espiare tutto il possibile. Per questo ho deciso di farla finita, tuttavia desidero esprimere la speranza che possiate trovare rose sul vostro cammino. ( … ) E stasera, quando sarete di nuovo riuniti e parlerete tra di voi con calore e affetto, pensate ancora una volta al vostro fedele Gustave Brizard”.
Francesca Rita Rombolà
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