Incendio di rivolta. Fuoco di rivoluzione. Vento di cambiamento. Lotta per la libertà. Muta un’epoca. Si trasforma la fisionomia di un’era. E il poeta, a qualunque epoca appartenga e in qualunque era dispieghi il suo operato, è lì: presente, attivo. Voce che annuncia la tempesta. Voce che si leva per ammonire, per denunciare, per esortare e per incitare. Voce che si leva per la libertà, non solo di ogni uomo o donna ma di ogni essere vivente che fa parte della natura, che vive e muore sulla terra. Voce che parla. Voce che grida. Voce che urla. Voce che non ha paura di parlare. Voce che non ha paura di gridare. Voce che non ha paura di urlare.
Nelle rivolte, nelle rivoluzioni, nelle guerre civili e in quelle fra popoli e nazioni diversi il poeta è sempre sulle barricate e in prima linea a fianco di chi sta lottando per la propria libertà, i propri ideali, i propri sogni e le proprie utopie, la propria vita; a fianco di chi sta combattendo e di chi sta morendo, di chi muore, ad ogni ora del giorno e della notte, nei modi più atroci e più assurdi, più oscuri e più terrificanti, nei luoghi più inverosimili e disperati del mondo. Anzi è proprio il poeta, con i versi delle sue poesie, a smuovere masse umane dal loro sonno metaforico, ad esaltare enormi folle intorpidite dall’ignoranza di vario genere, dagli stenti, dalle vessazioni, dalle umiliazioni, dai sorprusi.
Alcuni esempi storici al riguardo?
Il poeta zoppo Tirteo, nella Grecia classica, che, con i suoi versi, risveglia e accende gli animi degli spartani portandoli alla vittoria. Il poeta Vladimir Maiakovskji “anima, cuore e anche cervello” della Rivoluzione d’ottobre nella Russia dei primi decenni del ventesimo secolo; le sue poesie hanno preparato la strada alla grande rivoluzione proletaria, l’hanno costruita e l’hanno percorsa fino alla fine. Il poeta Federico Garcia Lorca che, durante la guerra civile in Spagna negli anni Trenta del secolo scorso, ha scritto poesie volte al riscatto sociale, al raggiungimento della giustizia; perfette e sicure del proprio compito, per infondere forza e coraggio anche alle pietre e ai fiori e che, diventando lui stesso combattente, non smise mai di far udire, come un lungo grido di libertà, nemmeno di fronte ai fucili che crivellarono di colpi la sua giovane vita. Ma ve ne sono altri esempi al riguardo sì. Tanti e tanti altri. Quindi il poeta è stato importante nella storia e per la storia dell’umanità. Oggi non sembrerebbe davvero. E forse si stenta perfino a crederlo. Ma è così. E’ stato così.
Forse ancora in molti, insieme a me, allo scadere dei primi due decenni del ventunesimo secolo, si domandano ( o si domanderanno, chissà?) se esiste più la voce del poeta nella società, se urla, se parla, se grida, se ammonisce, se scuote, se risveglia, se incita, se fa scoccare la scintilla e incendia gli animi, i cuori, le menti, se prepara la rivolta e la fa scoppiare, se annuncia la rivoluzione e la conduce fino in fondo.
E chi può dare una risposta, affermativa o negativa?
L’impegno civile del poeta verso la società in generale, verso gli emarginati, i deboli, i diseredati e i derelitti di ogni tipo, gli ultimi, in primis, verso tutti coloro che soffrono e sperano in silenzio (appartenenti a generi, a categorie, a ceti, a classi, o a semplici realtà territoriali e umane) sembra sia venuto meno. Sembra quasi (un paradosso soltanto?) si sia estinto.
E allora, che cosa racconta più il poeta?
Forse se stesso. Le sue personali angosce e i suoi sentimenti e passioni intimi e controverse.
A che la sua voce?
Forse non urla e non grida più. Forse non ha più nemmeno voce. E forse (veramente assurdo, deprimente, triste ed inquietante a un tempo) non sa più quale sia il significato originario, profondo, forte, vero, “rivoluzionario” della parola in sé di cui egli è stato (e dovrebbe essere sempre) il portatore, il divulgatore, il custode.
L’oscura propaggine del cuore
Fuoco, e ancora fuoco
bagliori all’orizzonte
ma l’oscura propaggine del cuore
è persa nella lontananza
che non avvicina.
Perché il suono della parola
trasfigura e muta l’inaudito?
Quale il senso dell’ascolto
e il moto del produrre?
Chiedi sì
ma non aspettarti risposta.
Domandare è nella tua essenza.
E sii. Soltanto.
Per porgere e donare all’infinito.
Francesca Rita Rombolà
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