Ed eccoci a “IL SECONDO VIAGGIO – Gli imprevedibili effetti di un Grand Tour” il secondo volume, o il sequel, de “Il Grand Tour” di Adele Costanzo. Fa davvero piacere ritrovare i personaggi lasciati nel primo volume cambiati, cresciuti psicologicamente, maturati forse, consapevoli del proprio cambiamento interiore e del proprio status sociale, e civile anche. Bachume, Henri Trespetit, Antonia di Grugliasco e, al posto del comandante Florentin, il di lui figlio ventenne carico di odio verso gli altri per la sorte toccata al padre allontanato, a causa loro, dalla Francia.
Corre l’anno 1730, dopo una breve tappa di Henri nella sua casa natia a Chartres, egli lascia di nuovo la Francia, per ritrovare l’amata duchessa Antonia e l’antico precettore Bachume, alla volta dell’Italia. Le vicende di questo “secondo” grand tour si svolgeranno interamente nell’Italia del sud fra le odierne Puglia, Campania e Molise.
Ho apprezzato molto la, diciamo così, “scansione temporale simultanea” che Adele Costanzo fa per tutto il romanzo dalle prime pagine fino alle ultime per dare al lettore un quadro completo degli accadimenti in ciascun ambito proprio dei diversi personaggi divisi dalla lontananza creata dallo spazio ma uniti dal legame invisibile del tempo; ogni “Nel momento preciso in cui …”, infatti, risulta riuscitissimo e molto efficace per il lettore nonché piuttosto piacevole al fine dell’apprendimento simultaneo, appunto, dei fatti che occorrono e delle vicende che vi si districano, o vi si ingarbugliano. Notevoli le descrizioni paesaggistiche, che consegnano immagini vivide e cartoline spettacolari anche alla fantasia più pigra; la natura ha tratti marcati e possenti specialmente nel mese più fecondo, cioè giugno, in luoghi in cui la terra e le latitudini mediterranee dispensano abbondanza di frutti e di messi, e non dimentichiamoci che siamo nei primi decenni del diciottesimo secolo per cui non vi è ombra o traccia di inquinamento industriale, nucleare o tecnologico che dir si voglia.
Gli imprevedibili effetti di un Grand Tour (come recita il sottotitolo del romanzo) si fanno sentire, e anche bene, per ciascuno dei protagonisti separatamente in quanto l’aver voluto e cercato una qualunque forma di libertà, in tempi non ancora pronti per ciò, ha comportato la serie di conseguenze che li hanno investiti e qualche volta sorpassati. Certo risulta imprevedibile anche il finale (e a lieto fine), e non sfugge una scrittura scorrevole con una sapiente vena ironica ben dosata in ogni pagina. Il messaggio di fondo che par di intuire latentemente è una realtà sociale, culturale e umana immersa nell’immobilismo e nella rassegnazione il retaggio dei quali il sud della penisola italiana, il nostro sud, sembra portarsi dietro perfino oggi dopo tre secoli e avvicendamenti storico – politici di ogni sorta e genere. Penso sia davvero interessante leggere questo romanzo, sì, soprattutto questo “secondo viaggio”, anche per tentare di avvicinarsi alle radici – origini (forse ancora più indietro nei secoli) della spinosa “questione meridionale” non pienamente risolta nemmeno oggi, cioè nei primi decenni del ventunesimo secolo!
Adele Costanzo si rivela – dunque – un’abile destreggiatrice della forma letteraria autentica e classica nella quale, e per la quale, la lingua italiana, così complessa e così elaborata e precisa, non si dona facilmente allo scrittore e alle sue capacità, o meno, esplorative al riguardo. Un’ultima nota gentile e poetica: non manca, neanche in questo secondo viaggio, il cane, fedele compagno dell’uomo fin dalla notte dei tempi, al quale l’autrice sa dare una parte efficace sempre accanto ad Henri Trespetit … E dopo tutto ciò per Henri, Antonia e Bachume ha forse davvero inizio la reale avventura della vita che li porterà sempre più verso quella lontananza foriera di grandi sogni e di speranza.
Francesca Rita Rombolà
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