Un racconto strano ma oltremodo significativo, in cui l’io narrante del protagonista è una voce predominante e controversa, a tratti sincera e perfino umile, a tratti profonda e riflessiva, a tratti magnanima, lucida e anche un pò canzonatoria. Sto parlando del romanzo “(H)EART(H) QUAKES” di Stefano Diotallevi (L’Oceano dell’Anima Edizioni, 2017), scritto che ho trovato interessante sia per l’esposizione delle vicende, sia per la narrazione concisa e lineare che si avvale di diversi flashback dalla risultanza piuttosto efficace per la riuscita, diciamo così, dell’operazione – scrittura.L’io narrante di questo romanzo è una voce maschile che si divide fra il racconto delle proprie esperienze amorose e la tragedia del terremoto del 2016 – 17 nell’Italia centrale e, come il titolo riesce bene a comunicare, giocando sull’H iniziale e finale, tra parentesi, della prima parola in inglese per dare un senso efficace all’iperbole simbolica fra cuore (heart) e terra (earth).
Cuore e terra, dunque, l’intensità della passione, il tumulto del sesso, lo sconvolgimento dell’amore fanno parte del cuore umano … e del cuore del protagonista, che vive varie e multiple esperienze con l’altro sesso, non senza problemi e difficoltà di ogni tipo, e il tumulto del cuore della terra, lo sconvolgimento delle proprie profondità ripercuotentesi specularmente sulla superficie, distruggendo e rimodellando tutto come solo un terremoto (o più terremoti) di magnitudine piuttosto elevata può fare.
Precisa e scientificamente documentata è la descrizione delle varie scosse telluriche che dall’agosto 2016 fino al gennaio 2017, ad intervalli anche molto lunghi, hanno interessato regioni quali il Lazio, le Marche, l’Abruzzo; come pure certe riflessioni profondamente sentite che, sempre l’io narrante, fa sul mondo attuale dominato dalla tecnologia e dal consumismo più sfrenati, cause prime della trasformazione della società non propriamente in senso del tutto positivo in quanto i rapporti fra le persone, le idee, il vivere quotidiano sembrano essere diventati avulsi al Bello, apatici e indifferenti verso ogni forma di umano sentire e percepire.
Le vicende personali del protagonista si intrecciano indissolubilmente con le vicende del pianeta terra in quell’area. L’amore sconvolge, distrugge, appiana e riappiana; la terra, in modo uguale e contrario, sconvolge, distrugge, appiana e riappiana, ma in fondo è la Natura ad agire in entrambi: una natura che è madre – matrigna a un tempo come ha ben intuito, secoli fa, il poeta Giacomo Leopardi. Alla fine le scosse telluriche finiranno. Alla fine il protagonista riuscirà a trovare un suo equilibrio interiore e umano. Perché tutto, sul pianeta terra come nell’intero universo stellare e galattico, giunge al termine del proprio ciclo (“Tutto ciò che nasce, muore e rinasce” diceva il filosofo greco Democrito). I moti della terra si acquietano e i luoghi che ha fustigato lentamente rifioriscono. I moti del cuore dell’io narrante si placano, le sue amare riflessioni interiori sull’esistente si chetano, ed egli ritrova una certa serenità e una voglia nuova di ricominciare per mezzo della figlia Greta ormai alle soglie dell’adolescenza (l’amore genitoriale e filiale è quasi visto come superiore ad ogni altro tipo d’amore).
“(H)EART(H) QUAKES” di Stefano Diotallevi è brillante, ma anche mordace. Può essere letto tutto d’un fiato, e non si sente stanchezza e non si prova noia; per chi voglia capire fino in fondo basta di per sé anche il detto di Oskar Wilde: “Un uomo che non ha pensieri individuali è un uomo che non pensa”, che l’autore mette sul frontespizio del romanzo, completato, di sicuro, dalla frase di chiusura del romanzo: “( … ) Arriva l’estate, la terra lentamente si placa e tace, ma senza resa ci aspetta, per ricominciare”. Come a voler dire: la libertà e la speranza, essenziali e imprescindibili per il genere umano.
Francesca Rita Rombolà
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