Cheikh Tidiane Gaye è nato a Thiès, in Senegal, nel 1971. Dopo la laurea si è trasferito prima in Costa d’Avorio, dove vivrà per due anni e poi, nel 1997, in Italia. Si è distinto in molti campi dello scibile umano, ma soprattutto nel campo della letteratura come poeta e romanziere. E’ conosciuto quale cantore importante dell’oralità africana, ed è il primo intellettuale africano a tradurre in italiano il poeta, primo presidente della Repubblica del Senegal, Léopold Sédar Senghor. Nel 2024 Cheikh Tidiane Gaye è nominato membro ordinario dell’Accademia Europea delle Scienze e delle Arti. Fra i suoi romanzi: “Mery, principessa albina – Racconto di un sogno africano” (Edizioni Liberodiscriver, 2011); fra le sue raccolte poetiche: “Il canto del Djali – Voce del saggio, parole di un cantore” (Edizioni dell’Arco, 2007), “Il sangue delle parole” (Kanaga Edizioni, 2018), “Ombra” (Kanaga Edizioni, 2022); la sua traduzione: “Léopold Sédar Senghor: il cantore della Négritudine” (Edizioni dell’Arco, 2013); il suo saggio: “Voglia di meticciato – Il Dialogo tra le Culture ed Etica” (Kanaga Edizioni, 2022).
Francesca Rita Rombolà e Cheikh Tidiane Gaye conversano di letteratura e di poesia.
D – Dottor Gaye, lei è stato il primo intellettuale africano a tradurre in italiano il poeta e primo presidente del Senegal Léopold Sédar Senghor, può raccontare qualcosa, brevemente, sulla grandezza culturale di questo presidente?
R – Senghor è una figura molto complessa: politico, intellettuale, poeta e filosofo, egli ha teorizzato molto il concetto di Négritudine, parola coniata dal suo amico e compagno di battaglia Aimé Césaire. Senghor ha lasciato il suo nome nella storia della letteratura mondiale attraverso il suo impegno a creare ponti fra le culture, quindi possiamo dire che il premio ricevuto a Roma nel 1962 illustra in modo eloquente quanto Senghor sia importante. Senghor fu un cattolico praticante, di ispirazione gesuita, che ha governato un paese con il 90% di musulmani creando un equilibrio tra le etnie e le religioni. Il primo africano ad essere nominato membro dell’Académie Francaise, ma anche il primo ad insegnare greco e latino in Francia.
D – So che è un importante cantore dell’oralità africana, cosa ha comportato, e cosa comporta, ciò per lei?
R – Il poeta ha pubblicato varie sillogi poetiche e tende a valorizzare la cultura negro – africana. Ognuno è figlio del proprio tempo, e Senghor, negli anni che vanno collegati alla sua permanenza in Francia, ha portato avanti una lotta culturale di alto livello: rivendicare l’esistenza di una cultura africana in grado di contribuire alla costruzione della civiltà dell’universalità e allo stesso tempo richiamare l’attenzione di tutti sull’importanza dell’esistenza delle culture di altri popoli. Come citare una frase importante di Senghor scandita nel 1962 al Banco di Roma: “… L’Europa, e soprattutto Roma, ci ha portato il suo metodo, e ciò si è rivelato efficace. Il nostro ruolo è adattare questo metodo alla realtà della Négritudine; il nostro ruolo è di servirsi di questa ratio latina per analizzare le nostre realtà, per organizzare i nostri simboli e i nostri ritmi per renderli efficaci perché siamo oggi in un mondo di efficacia, in un mondo di costruzione”.
D – Come vive e come sente il suo rapporto con la scrittura in generale e con la Poesia in particolare?
R – Sono un seguace di Senghor e concepisco la Poesia come un genere di importanza capitale per avvicinare i popoli. Questa idea mi ha spinto a fondare, oltre a l’Accademia che porta il nome di Senghor, anche il “Premio Internazionale di Poesia L. S. Senghor” avente come finalità di promuovere la pace, l’amore tra i popoli e la libertà, ormai giunto alla decima edizione. Per me la scrittura è fonte di ricchezza interiore e mentale, ogni libro scritto e pubblicato è come una pianta che, grazie alla lettura, crescerà per arricchire le coscienze. Scrivo per condividere i miei pensieri, per difendere dei valori universali; la scrittura è anche un mezzo efficace per l’educazione e l’istruzione.
D – Pensa che la letteratura è un buon mezzo per far conoscere realtà conflittuali e stili di vita di un popolo e di una nazione?
R – Dobbiamo scrivere per parlare con l’umanità intera. Abbiamo il dovere di illuminare le coscienze, creare ponti, abbracciare popoli, costruire la pace, sensibilizzare le coscienze. Dobbiamo morire per una causa nobile: ogni scrittore dovrebbe avere questa idea. Lo scrittore ha un ruolo importante nella società. laddove la cattiva politica sopravvive, gli scrittori devono emergere e difendere coloro che non hanno voce. Una nazione è forte quando ci sono tanti scrittori, intellettuali a difendere i valori universali.
D – Le persone, i popoli leggono oggi, e apprezzano, i poeti?
R – Purtroppo la Poesia non ha molti seguaci, ma ciò non può essere motivo per non scrivere e/o non pubblicare testi poetici.
D – Un suo messaggio ai lettori di poesiaeletteratura.it.
R – Un saluto cordiale alle lettrici e ai lettori, ai vostri sostenitori e a coloro che portano avanti questo bel progetto. Continuare a produrre, a immaginare, a riflettere per arricchire culturalmente le persone è un ideale sempre da raggiungere. E’ difficile, ma non è impossibile.
Francesca Rita Rombolà
Cheikh Tidiane Gaye
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