Marina Caracciolo, nata a Milano, risiede a Torino dove si è laureata in Lettere con lode (Storia della Musica). Ha insegnato nei licei ed è consulente di redazione presso varie case editrici. Alla UTET ha collaborato a “Musica in scena. Storia dello spettacolo musicale” (sei volumi) e al “Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti”. Nel 2001, presso Genesi Editrice, è uscito il suo saggio “Gianni Rescigno: dall’Essere all’Infinito”, primo classificato per la saggistica al Premio Internazionale “Mario Pannunzio” (Torino, 2002). Nel 2005 ha ricevuto il Premio alla Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Roma) e il premio speciale per la critica “Libertà nella Scrittura” al Concorso Letterario Internazionale “Rocca di Montemurlo” (Prato). Con l’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte ha collaborato alla realizzazione del grande volume “I Mozart in Italia” (a cura di Alberto Basso, ed. Accademia di S. Cecilia, Roma, 2006). L’editrice Bastogi Libri di Roma ha pubblicato i suoi saggi critici: “Oltre i respiri del tempo. L’universo poetico di Ines Betta Montanelli” (2016); “Verso lontani orizzonti. L’itinerario lirico di Imperia Tognacci” (2020; Premio della Critica “Locanda del Doge”, 2021); “Il pensiero sognante. La poesia di Ada De Judicibus Lisena” (2022). Nel 2017 sono usciti, con Genesi Editrice, i suoi “Otto saggi brevi” (Premio “Dignità di Stampa”, “I Murazzi”, Torino, 2016, e terzo premio al Concorso Letterario Internazionale “Gian Antonio Cibotto, 2022). Nel 2020 è la prima classificata al Premio Internazionale “Il Croco” con il saggio inedito “Palinodie di un mito: la figura di Elena da Omero a Euripide a Luciano di Samosata”. Marina Caracciolo è, a sua volta, nella giuria di noti premi letterari. Suoi articoli, recensioni e brevi saggi appaiono su prestigiose riviste letterarie italiane.
Francesca Rita Rombolà conversa di musica e di poesia con Marina Caracciolo.
D – Marina Caracciolo ama la musica e ha fatto (e fa) tanto per la musica in tutti i sensi, è una passione (amore) innata o c’è stato un momento della sua vita in cui la musica vi è “entrata profondamente?”.
R – Sì, in un certo senso la musica ce l’ho nel mio DNA: tanto nella famiglia paterna come in quella materna ci sono (o ci sono state) persone che hanno studiato uno strumento musicale o si sono dedicate al canto in vari modi, e ciò attraverso più generazioni. In me questo amore esiste fin dall’infanzia: a cinque anni giravo intorno al tavolo della sala da pranzo al ritmo della marcia del primo atto dell’Aida (“Su, del Nilo al sacro lido”) e intanto, con una bacchettina che mio padre mi aveva donato, fingevo di dirigere l’orchestra. Che ricordi! … Poi i primi rudimenti dello studio del pianoforte fra i sei e gli otto anni (ma non ho frequentato il Conservatorio e non sono diventata una concertista!). Tuttavia, con lo studio e il frequente, appassionato ascolto quest’arte meravigliosa è diventata “la punteggiatura” della mia vita, le da un alimento dello spirito, un senso particolare, imprescindibile. E’ come se fosse il mio respiro. Pertanto, i miei studi di Lettere all’Università di Torino non potevano che concludersi con una tesi di laurea storico – musicale. L’autore prescelto? Johannes Brahms, il mio musicista prediletto, su cui ho continuato in vario modo ad applicarmi in tempi passati e recenti. In seguito, i lavori di ricerca e di redazione in questo ambito, ma a più largo raggio, hanno occupato gli anni di collaborazione con la UTET, e poi con l’Istituto per i Beni musicali in Piemonte etc.
D – Spesso il “mestiere” di critico letterario non appaga, tuttavia può dare talvolta una latente soddisfazione in quanto forse si riesce a comprendere le motivazioni recondite, i messaggi nascosti, le metafore sottese di un’opera musicale o letteraria, è così anche per Marina Caracciolo?
R – Certo, il “mestiere” di critico – che in realtà io ho trovato sempre alquanto appagante – è simile a quello dell’investigatore: bisogna sondare, o scovare, “osservare dentro” un’opera, vederne non solo l’immagine di superficie ma illuminare anche gli strati sotterranei, la o le strutture, i simboli, i più o meno segreti rimandi, le valenze e le influenze, con un approccio che tenta sempre di coglierne in profondità i diversi aspetti per un’interpretazione alfine tanto sintetica quanto analitica. Quando sono realmente eccellenti, i testi (letterari o musicali) sono come giardini di piante rare che l’esperto deve saper illustrare al “visitatore” rilevandone tutte (o quasi) le caratteristiche. Diversi anni fa, alla fine del suo articolo su Il Sole 24 ORE, che recensiva un mio libro (“Brahmas e il walzer – Storia e lettura critica”), Quirino Principe scriveva: “Dopo la lettura, il piacere dell’ascolto (delle composizioni trattate) spicca il volo”. Una delle più belle soddisfazioni che io ricordi.
D – Vuole parlare un po’ di Marina Caracciolo scrittrice di saggi critici?
R – Che dire? A partire dal 1999 ho scritto innumerevoli articoli, recensioni, note critiche, ho partecipato a opere collettive e contemporaneamente ho pubblicato alcuni libri (il più recente è del 2022). Per quanto riguarda il versante musicale, ho lavorato su Brahms in particolare, come dicevo prima, ma anche su Mozart e sulla musica del Settecento e dell’Ottocento. Nel campo letterario mi sono rivolta alla produzione lirica di poeti di oggi – non particolarmente celebri ma validissimi (Gianni Rescigno, Ines Betta Montanelli, Imperia Tognacci, Ada De Iudicibus Lisena etc.) e spesso già corredati di una nutrita bibliografia – la cui versione poetica mi è parsa quanto mai seducente, e quindi ho provato a riconsiderarla da una o più prospettive non ancora esplorate. E poi c’è un’antologia che dev’essere particolarmente piaciuta, tanto da essere pluripremiata: i miei “Otto saggi brevi” (Genesi, 2017) dedicati a sette autori (sei scrittrici e uno scrittore) di fama, antichi e contemporanei, e a un mitico personaggio dalla lunga storia, sia letteraria sia musicale: Barbablù.
D – Come vede la Poesia e i poeti in Italia ma non solo, in questi anni turbolenti, o inerti, strani o bizzarri, in cui sembra si viva di solo presente e in cui il futuro appare quasi un’ombra indistinta e vaga?
R – Oggi la Poesia è spesso considerata la Cenerentola delle arti: pochi sono i veri poeti, e i lettori dei poeti ancora meno. Difficile trovarle un posto di rilievo in una società quanto mai frenetica e dominata da interessi materiali. La Poesia ha bisogno di ideali, e il mondo di oggi è caratterizzato per lo più dalla perdita degli ideali, dalla brama di successo e dall’ossessiva ricerca del profitto. Ciònonostante essa continua ad essere coltivata: saggi e poemi affrontano la questione, si moltiplicano i premi letterari che le sono dedicati, si incoraggiano i giovani ad interessarsene, e gli editori – specialmente la media e piccola editoria – non disdegnano di accogliere, nel loro catalogo, almeno una collana dedicata a nuove e valide voci poetiche. La Poesia è esistita in ogni tempo, in ogni condizione storica, politica e sociale, e pertanto ha diritto di cittadinanza nel regno delle cose che non hanno mai fine. Se il filosofo considera il mondo con lo scandaglio della ragione, il poeta lo guarda attraverso la lente dell’immaginazione e di un intuito che gli consente, col suo occhio profetico ma anche attento e perspicace, di vedere il reale al di sopra e al di là del suo circoscritto perimetro. Il poeta è un sognatore, ma non soltanto: con la sua parola egli può – eccome! – influenzare il suo tempo. Ha scritto Edoardo Sanguineti: “La Poesia è cambiata, ma non è cambiato il compito dei poeti, quello di disegnare il profilo ideologico di un’epoca”.
D – Le sembra che la donna, in Italia, fatichi ancora tanto ad affermare il proprio talento artistico e ad essere riconosciuta per le opere (letterarie, musicali etc.) che produce?
R – La donna – in Italia e non solo – in pochi decenni ha fatto sempre più passi da gigante nell’affermarsi con il proprio talento e con un serio impegno che ha dimostrato a livelli anche molto alti e in ogni settore. Oggi le librerie sono occupate da libri quasi più di autrici che di autori. All’università, sia nella docenza sia nella ricerca, ci sono numerose figure femminili di grande prestigio mentre anni addietro quel campo era appannaggio pressocché esclusivo degli uomini. Nell’ambiente musicale abbiamo visto, per esempio, l’italiana Speranza Scappucci essere la prima donna a dirigere un’opera alla Scala e, sempre nel prestigiosissimo teatro milanese, l’australiana Simone Young dirigerà l’intero “Ring” di Wagner. E’ un cammino sempre arduo, irto di non pochi ostacoli e ancora alquanto ingombro di pregiudizi che vanno diminuendo, è vero, ma stentano a scomparire del tutto. la donna, tuttavia, sta continuando a dar prova di non avere alcun tipo di inferiorità rispetto alla cosìddetta … “altra metà del cielo”.
D – Secondo lei, ci piace la Poesia per le sue descrizioni sublimi e per le emozioni che può suscitare o perché ha in sé come un “qualcosa” di arcano, di misterioso che ci attrae e che sembra metterci in contatto con mondi e con dimensioni altre?
R – Quel qualcosa di arcano, di misterioso che la Poesia ha in sé, direi che può annidarsi proprio nelle sue immagini dal fascino immediato e pur perenne, in quelle emozionanti “rappresentazioni” che essa (e forse ancor più l’arte musicale?) sa offrire. E teniamo presente che non tutto può essere o diventare, come oggi talvolta si crede, oggetto di un componimento poetico, proprio perché non tutto è in grado – come dice lei – di gettare un ponte ideale fra noi e un universo differente, una dimensione altra. Vorrei, se mi è consentito, terminare questa bella conversazione citando per intero una lirica della sublime quanto infelice poetessa Antonia Pozzi, dal titolo “Lieve offerta” perché consiste in uno di quei piccoli – grandi miracoli dell’ispirazione, sparsi in tutta la storia della letteratura, i quali, colti come un fiore fra le rocce, ci fanno dire: “Ecco, questa è davvero poesia!”. “Vorrei che la mia anima ti fosse/leggera/come le estreme foglie/dei pioppi, che s’accendono di sole/in cima ai tronchi fasciati/di nebbia – Vorrei condurti con le mie parole/per un deserto viale, segnato/d’esili ombre – /fino a una valle di erboso silenzio/al lago/ove tinnisce per un fiato d’aria/il canneto/e le libellule si trastullano/con l’acqua non profonda – Vorrei che la mia anima ti fosse/leggera/che la mia poesia ti fosse un ponte/sottile e saldo/bianco – /sulle oscure voragini/della terra”. (5 dicembre 1934, dal diario poetico “Parole”, post. 1939).
Francesca Rita Rombolà
Marina Caracciolo
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