E’ opinione largamente condivisa, fra gli “incliti e colti”, che la poesia sia un’arte massimamente rivelatrice, in grado di metterci in contatto con la profondità del nostro essere, dai cui oscuri recessi essa stessa scaturisce, disvelandolo a noi stessi. Ma, preso atto che i poeti sono degli ammalianti visionari, come giudicare invece coloro che pure, analogamente ai poeti, soggiacciono al fascino delle Muse e, assaporandone da lettori appassionati i frutti più attraenti, si cimentano nell’arduo tentativo di disvelare la poesia a sé medesima? E’ un interrogativo, questo, che sorge spontaneo leggendo il bel libro di Marina Caracciolo, “Verso lontani orizzonti”, pubblicato da BastogiLibri di Roma e dedicato alle opere di Imperia Tognacci, autrice di mirabili componimenti poetici, pascoliana per filiazione, e tuttavia voce originalissima di una terra di Romagna che, anche grazie a costei, rinuncia a celebrarsi carnale e ipermondana, come da iconografia tuttora imperante, per proiettarsi invece nelle dissolvenze, tenui e spirituali, del sogno, del viaggio, del ricordo, dell’amore.
Opera meritoria, c’è da credere, quella dei critici, allorquando, come in questo caso, sappia risolversi in una sapiente e onesta mediazione tra il poeta e il suo pubblico potenziale che, se oggi sembra distratto da una attualità sempre più tumultuosa, forse tuttavia – come fanno sperare alcuni incoraggianti indizi, non appare ancora del tutto insensibile al fascino della parola poetica. Spiegare la poesia, si sa, è impresa vana: si rischia sempre di perderne il profumo di smorzare, con un indebito didascalismo, l’emozione del lettore deviandola su sentieri obbligati, distanti dalla sua personale sensibilità. Impegnandosi invece a valorizzare la poesia, evidenziandone con scrupolo gli echi profondi; illuminare, documentandolo perspicuamente, l’alveo ispiratore da cui essa scaturisce; mostrarne il legame e, insieme, la singolarità creativa in relazione ai motivi dominanti del paesaggio artistico che le fa da sfondo: sono questi i requisiti che rendono apprezzabile e proficuo un approfondimento critico del testo poetico; requisiti che si riscontrano nella lettura delle opere di Imperia Tognacci condotta da Marina Caracciolo nel suo bel libro. Una lettura, la sua, aliena da toni accademici, eppure assai colta; del tutto priva di dottorale albagia, eppure assai puntuale quanto animata, come suo valore aggiunto, da una commossa empatia verso i temi prediletti dalla poetessa di San Mauro Pascoli. Ben si comprende, d’altronde, una così viva e palpabile partecipazione dell’autrice, considerando che le poesie di Imperia hanno il duplice pregio – oltre all’uso di un “musicale linguaggio” dalla “dolcezza uniformemente elegiaca”, come scrive la Caracciolo; un linguaggio che, aggiunge un altro dei tanti estimatori, è “la risultante armonica di una simbiosi perfetta tra la forma e il contenuto” – di esaltare i temi dominanti della poesia di ogni epoca, con cui ogni grande poeta si è cimentato e che, nella sua lunga storia, finiscono per coincidere con la poesia stessa, con le ragioni per cui essa è nata ed è da sempre riconoscibile nel suo peculiare linguaggio. Inoltre, l’autrice ci mostra come tali temi siano dalla poetessa non solo declinati in una seducente trasfigurazione metaforica, che la poesia sempre opera, ma altresì ricongiunti ai loro miti originari, facendo con ciò emergere, a sostegno del suo esuberante estro poetico, il notevole spessore culturale di cui Imperia Tognacci è dotata. Tra i temi, come sottolinea più volte e con ragione l’autrice, figura, in primis, quello del viaggio, simbolo di una nostalgia per l’Altrove, di un desiderio costante di oltrepassamento del visibile, per “accedere, dal profondo del proprio animo, ai segreti dell’Essere”. E già in questa cifra espressiva, soffusa di echi romantici che la pervade tutta, che la poesia di Imperia mostra uno degli impulsi genetici della poesia di ogni tempo: un sentimento di marcata insoddisfazione della realtà, produttivo di sconfinamenti metafisici, di intuizioni e meditazioni sul mistero della vita, in cui la poesia si accosta sovente alla filosofia, anch’essa figlia dello stupore, entrambe unite e dialoganti tra loro fin dalle origini della nostra civiltà.
Al tema del viaggiare, reiteratamente evocato “sia come affascinante esperienza concreta, sia come visione metaforica”, si associano i temi ad esso contigui del tempo e dello spazio, della storia e della natura che, nel ricordo e nella memoria “viaggio” essi stessi convivono in una fusione il cui legante è sentimento della vita; vita che, nel suo perenne rinascere, è foriera di speranza (come ben si evince da “La porta socchiusa”), di stupore continuo e, ove sorretta dalla fede, di rimedio al dolore.
E nell’ultima delle opere commentate, “La meta è partire”, che Imperia, “anima in cammino … verso lontani orizzonti”, sembra condensare e compendiare l’insieme dei temi e dei cori. Un poema, secondo Marina Caracciolo, “mitologico e drammatico, al cui centro si trova il poeta “e dove si avverte” l’urto stridente tra l’ideale e il reale”. Il poeta, soggetto dell’opera, si imbatte nel sogno in una serie di figure mitiche e bibliche – Calliope, Psiche, la Ragione, Eva, Adamo – che lo esortano a liberarsi dalle catene dell’abitudine, dalle angustie che “gli impediscono di volare”, per “sollevare di nuovo gli occhi verso il cielo, (e) respirare boccate di spiritualità”, ritrovando così “il contatto con il mistero dell’infinito”. Ma solo la poesia, conclude l’autrice, varcando “i confini del tempo”, può compiere il miracolo di “riportare in vita ciò che è stato e a dichiararlo non vano; a ridargli, con il potere della parola, l’eternità”. E proprio esercitando il potere della parola, al poeta “veggente (è) testimone di verità nascoste”, è dato di avvicinarsi “all’ineffabile mistero dell’Essere”. A condizione che la sua ricerca proceda nel segno dell’Amore che Imperia Tognacci, sedotta dai miti greci, sembra intendere, platonicamente, come quel cammino dalla terra al cielo propiziato da Eros e destinato a pervenire alla Bellezza assoluta, altro volto della Verità.
Una lettura, quella di Marina Caracciolo, anch’essa “rivelatrice”, al pari della poesia; animata, lo si avverte, dallo stesso amore che muove la penna di Imperia Tognacci. Una lettura aliena da forzature esegetiche e capace di fare della poesia una pedagogia, suggerendo significati ma lasciando ampia libertà di giudizio al lettore, grazie al considerevole spazio riservato ai testi originali, nonché ai commenti e alle interpretazioni di altri estimatori e critici, accolti con lungimirante generosità.
Sonia Giovannetti – Poetessa, saggista, critico letterario.
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