“(…) Per giungere alla completa definizione della struttura dell’atomo, lo stesso Bohr fondò e proseguì gli studi nell’Istituto di Fisica Teorica di Copenaghen dove confluirono i nomi più illustri della fisica mondiale tra cui il francese De Broglie, gli austriaci Pauli e Schrodinger, il tedesco Heisemberg e l’inglese Dirac. La collaborazione di questi geni della fisica moderna portò alla prima affascinante formulazione della ‘meccanica quantistica’. Fu proprio Louis Victor De Broglie, nel 1924, il primo a scoprire che le particelle subatomiche avevano un comportamento dualistico. Nel 1927, Werner Heisemberg dimostrò un modello di comportamento delle particelle atomiche dove si evidenziava una certezza costante, che impediva ogni tentativo di determinare simultaneamente la posizione della particella e la sua quantità di moto. Gli esperimenti dimostravano che, quanto più ci si avvicinava alla determinazione della posizione della particella in esame, tanto più si allontanava la possibilità di conoscerne la sua velocità. Questo fenomeno venne chiamato: Principio di Indeterminazione. In quel periodo Ettore Majorana, amico e confidente di Heisemberg, aveva già analizzato quel fenomeno, e ne aveva calcolato cause ed effetti. E’ stata la scoperta di quell’orrido equazionale delta – esse a sconvolgere il suo futuro. (…) Ma quali erano le conseguenze pratiche di quella scoperta? Le conseguenze pratiche erano incerte e terrorizzanti: si rischiava di innescare una disastrosa reazione senza alcuna possibilità di controllo. Come avrebbe usato, la coscienza umana, quella scoperta? Anzi, come avrebbe utilizzato, quella scoperta, la coscienza di pochi uomini che potevano disporre del destino di tutti? Quella scoperta presentava una grave e pesante responsabilità, che richiedeva una grave e pesante decisione. Era questo il punto critico per Ettore che, in solitudine, è stato costretto ad interrogare la sua ragione. Ettore, nel tentativo di decidere, si trovò ad essere giudice e imputato nello stesso tempo.”
Brano tratto dal libro L’ANGELO CHE CUSTODIVA GLI ATOMI (Ettore Majorana fra le mura di una certosa?) di Lomorandagio
Al di là del tempo e dello spazio. Oltre la vita e la morte. Ma non vi è né spazio né tempo, né tempo nelle profondità dell’Universo. Né la vita né la morte sono realtà speculari. Tutto si confonde. Tutto si ripete. Nulla si crea. Nulla si distrugge. L’abisso è un continuo meravigliarsi, infinito, flusso e riflusso dell’anima, dei sensi, dello spirito. Le eterne domande dell’uomo: da dove vengo? Dove vado? Perché sono qui? Su questo pianeta? In questo sistema solare? In questa galassia? Qui. E non altrove? Un grido, dove il suono non si trasmette. Un lampo… una luce intensa che gli occhi non sopportano, che l’essere tutto non può recepire senza morirne. Niente è eterno. Ogni cosa è immersa nella relatività che frammenta, scorre, trasforma. Un istante è così, l’istante dopo il mutamento, la scomparsa, la scia invisibile di un milionesimo di secondo.
L’ANGELO CHE CUSTODIVA GLI ATOMI (Ettore Majorana fra le mura di una certosa?) è il titolo di un libro un po’ sconcertante e un po’ enigmatico, un po’ originale e un po’ strano. Anche l’autore sembra quasi voglia circondarsi di un alone di mistero e di oscurità intrigante, visto che da, del suo nome e cognome, un anagramma: Lomorandagio, anagramma di Girolamo Onda.
Ancora una volta il giallo più dibattuto e più importante del secolo scorso: la scomparsa del grande fisico Ettore Majorana, e le varie ipotesi, supposizioni, congetture sul suo destino o la sua scelta. L’autore de L’ANGELO CHE CUSTODIVA GLI ATOMI non lascia dubbi al riguardo: Ettore Majorana ha varcato la soglia della certosa di Serra San Bruno, in Calabria, e ivi è rimasto fino alla fine dei suoi giorni, vivendo da monaco certosino, cioè pregando, lavorando e innalzando lodi a Dio nel silenzio e nell’isolamento dal mondo. Chi era Ettore Majorana? E perché un così tanto parlare sulla sua vicenda? Ettore Majorana è stato un genio ed un uomo, innanzitutto, e dopo uno scienziato, un indagatore dell’infinitamente piccolo della materia, un fisico nucleare che studia l’atomo in tutte le sue specificità e angolature. Ne IL PRINCIPIO DIALOGICO Martin Buber così definisce il genio, in arte o nella scienza: “Per quanto il genio viva la relazione con l’idea veduta o intuita e da realizzare sotto la forma della percezione, dell’immediato incitamento e dell’incoraggiamento, mentre è intento alla sua opera, parte da lui una corrente animica, ma non avviene uno scambio spirituale: sta di fronte al mondo, ma non lo incontra più. Ed egli non può esercitare la reciprocità con la sua opera. Sì, l’uomo quale generatore è solitario. Si trova senza comunanza nello spazio risuonante delle sue azioni. Anche il fatto che molti uomini abbiano accolto con entusiasmo la sua opera non può essergli di aiuto. Egli non sa se viene accettato il suo sacrificio dal destinatario senza nome. Soltanto se qualcuno lo prende per mano, non considerandolo un <<creatore>>, ma una creatura sperduta anch’essa nel mondo, per essergli amico e amante al di là delle arti e della scienza, l’uomo percepisce la reciprocità e vi partecipa”.
Ettore Majorana era un fisico nucleare stimato e apprezzato in tutto il mondo quando scomparve nel 1938; se avesse continuato a scoprire, a lavorare, a mettere a punto le sue teorie… forse l’Italia fascista e la Germania nazista sarebbero stati i primi detentori della bomba atomica, anziché gli Stati Uniti d’America. Logico che la scomparsa improvvisa e misteriosa di un personaggio come Ettore Majorana suscitasse tanta eco.
L’ANGELO CHE CUSTODIVA GLI ATOMI crea lo sfondo culturale, sociale e di costume di un’epoca per presentare o, forse meglio, per inserirvi una figura controversa e indefinibile quale un genio come Ettore Majorana. Non vi manca, a tale riguardo, la citazione letteraria o filosofica, la ricostruzione minuziosa e forse romanzesca degli ultimi giorni di Ettore Majorana prima della scomparsa (interessante ed eloquente il suo viaggio in treno da Palermo a Messina, con attraversamento dello Stretto, e da Villa San Giovanni fino a Pizzo Calabro per raggiungere, infine, la certosa di Serra San Bruno nell’entroterra calabrese). I personaggi che incontra, in treno, in albergo, in chiesa, sulla nave o sul tassì, in sogno o da sveglio, sono simboli onirici e inconsci della sua coscienza tormentata alla ricerca di un mondo altro e di una pace interiore fondamentali in quel momento della sua vita.
Anche gli accenni esoterici, come il mistero dei due numeri 11 e 3, il personaggio di Adam e l’Uomo Verde, contribuiscono a dare, dell’intera vicenda, un clima di suspance e uno stimolo forte al lettore attento.
Un mio piccolo segreto: quando frequentavo il Liceo studiavo con molto interesse la Fisica, e all’università avrei voluto iscrivermi proprio in quella materia scientifica che studia l’atomo e le sue proprietà! Ma il destino aveva disposto, per me, diversamente. Pur tuttavia non ho mai tralasciato di informarmi, di conoscere, di capire soprattutto la “meccanica quantistica”, leggendo molti libri, articoli e notizie varie sull’argomento.
Ritornando al libro di Lomorandagio, mi chiedo: perché proprio la certosa di Serra San Bruno, immersa in una natura primeva e aspra, ubicata in una terra esotica crocevia di civiltà e di decadenza, sempre ai margini del progresso e della modernità, è stata scelta, da Ettore Majorana e da altri personaggi famosi, come meta finale o nuovo inizio dell’esistenza? Forse perché questo luogo è stato santificato e reso speciale dallo stesso fondatore, cioè San Bruno? Forse per il suo misticismo particolare, per la sua atmosfera e per la sua aura sacrale? Forse per tutto ciò messo insieme o forse per altri motivi più oscuri.
La certosa di Serra San Bruno è a due passi da dove vivo e scrivo. Per me è stata quasi sempre avvolta dalla leggenda. Chi vi entra, dopo aver lasciato questo mondo, è morto a sè stesso ma è rinato in una dimensione che la mente umana non può afferrare… forse davvero nel luogo dove gli angeli custodiscono il segreto degli atomi.
Francesca Rita Rombolà
Un commento
La ringrazio di quanto ha scritto circa il mio romanzo “L’Angelo che custodiva gli atomi” -Ettore Majorana fra le mura di una certosa?- Mi preme precisare che il personaggio del treno non è immaginario ma era il mio insegnante di lettere: originario di Briatico, era cieco e non ha mai insegnato al Morelli di Vibo; era titolare in Serra San Bruno. La notizia, che lei si interessa di meccanica quantistica, mi ha fatto molto piacere. Le auguro buon lavoro.
Girolamo Onda (Lomorandagio)