Idea di progresso, modernità, post-modernità.
Tre idee importanti legate tra loro dall’invisibile filo rosso della Storia e dall’ansia collettiva, conscia o inconscia che sia, per il futuro.
L’idea di progresso segue una lunga genesi e si configura quale “sorta di conquista” piuttosto recente nella storia dell’uomo. Dal mito classico greco-romano dell’Età dell’oro al principio medioevale della Storia come successione di eventi ordinata dal volere di Dio fino alla cultura rinascimentale si pone con connotazioni decisamente moderne.
Alla fine del XVI secolo, Bodin aveva affermato la graduale ascesa dell’umanità verso stati superiori di incivilimento e l’affrancamento dall’antica teoria della degenerazione dell’uomo. Bacone e Cartesio porteranno a compimento questo processo con l’affermazione della funzione pratica del sapere come strumento di miglioramento della vita degli uomini: la “New Atlantis” di Bacone, infatti, sancisce il carattere progressivo del sapere che diventa così la condizione del progresso generale dell’umanità.
Di fondamentale importanza è il pensiero di Cartesio che, affermando la possibilità di costruire “l’edificio scientifico” su una base razionale procedendo da un complesso articolato di principi evidenti, conduce al corollario del carattere cumulativo del grado di conoscenza raggiunto. Il pensiero del XVII secolo perveniva, in seguito attraverso Fontanelle e Saint Pierre, all’idea del carattere continuo e indefinito del progresso della ragione universale, non soltanto nel campo della cultura, ma anche in quello della morale e della politica.
L’idea del progresso verrà accolta, nelle sue componenti baconiane e cartesiane, nella concezione illuministica della Storia ed è alla base del concetto anglosassone di civilitation. Nella cultura inglese poi l’idea di progresso si arricchisce di contributi di Adam Smith, il quale delinea una storia del graduale progresso economico della società e prospetta, come probabile, un indefinito incremento della ricchezza e del progresso materiale.
Nei primi decenni del XIX secolo, Owen descrive un “New Moral World” in cui si proclama la possibilità di una “società ideale” senza ignoranza né povertà. Nell’idea di progresso si fanno spazio, dunque, due concezioni: l’una, quella degli idealisti e dei socialisti costruttivi, per i quali lo sviluppo delle libertà porterà verso condizioni di armonia sempre crescenti; l’altra, quella dei liberisti, per i quali la libertà individuale è forza motrice della Storia.
Soltanto Auguste Comte riuscirà ad “elaborare” una legge alla base del progresso umano, allo stesso modo in cui Keplero e Newton avevano elaborato leggi per il moto dei corpi celesti. Egli elabora “la legge dei tre stadi” secondo la quale, dopo la fase teologica e quella metafisica, l’umanità è alla vigilia della nuova “fase positiva” con l’organizzazione della società su basi scientifiche.
L’idea di progresso, così come è stata concepita e portata avanti per tappe dalla modernità, oggi, in “fase di post-modernità”, è stata come “spazzata via” dal vento impetuoso dell’imprevedibile andamento dei corsi e ricorsi della Storia. La fiducia incondizionata verso il progresso e la scienza si sono “scontrati” con i loro limiti, per lo più il loro relativismo e la pur sempre altra faccia della medaglia con le sue conseguenze inquietanti a livello planetario dove l’azione e l’ambizione umane, spesso vacue e vanagloriose, sembrano ricondurre, infine, al mistero più profondo dell’esistenza avvertito dall’uomo fin dalle proprie origini.
L’Età dell’Oro
Fu un’Età dell’Oro il ricordo
più struggente dell’uomo
consegnato all’atemporalità del Mito.
Secoli e millenni
di progresso o di barbarie
sono soltanto e appena il fiume oscuro
che sfocia nel mistero
più profondo dell’esistenza.
Francesca Rita Rombolà
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