Conversazione filosofica fra il professore Girolamo Cotroneo e Francesca Rita Rombolà.
Girolamo Cotroneo, nato il 29 luglio 1934 a Campo Calabro (Reggio Calabria), ha compiuto gli studi presso l’università di Messina dove si è svolta tutta la sua carriera: da assistente volontario ad assistente ordinario a “libero docente” con incarico di insegnamento fino a professore ordinario di Storia della Filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia.
Ha dedicato numerosi studi alla filosofia italiana tra Otto e Novecento, con particolare attenzione al pensiero di Benedetto Croce pubblicando i volumi “Croce e l’Illuminismo”, “Questioni crociane e post-crociane”, “L’ingresso nella modernità”, “Benedetto Croce” e altri ancora.
Ha anche curato la prima antologia di scritti politici di Croce apparsa col titolo “La religione della libertà” nel 1985 e ripubblicata nel 2002. Ha prestato attenzione alla cultura filosofica nella Sicilia dell’Ottocento, sulla quale ha prodotto un volume dal titolo “Trittico siciliano: Scinà, Di Menza, Castiglia”.
Si è molto dedicato allo studio della filosofia contemporanea in opere monografiche come “Sartre: Raretè e Storia” e “Popper e la società aperta”. Fra gli autori con cui si è confrontato vanno citati almeno Chaim Perelman, Annah Arendt e John Rawls, discussi sia attraverso relazioni a convegni sia con articoli su riviste meridionali. Ha, inoltre, collaborato con riviste autorevoli come “Criterio”, ” Libro aperto”, “La rivista di Studi Crociani”, “Tempo presente”, “Filosofia politica”, “Il Mulino”, “Mondoperaio”. Frutto del suo interesse per la filosofia politica e per l’etica sono i volumi “tra filosofia e politica”, “Un dialogo con Norberto Bobbio e le idee del tempo”, “L’etica, la bioetica, i diritti, la pace”: Ha ricoperto, per un trentennio, l’incarico di insegnamento di “Etica degli affari e delle professioni” per il corso di laurea specialistico in “Economia aziendale” della facoltà di Economia; un impegno dal quale è nato il volume “Etica ed Economia.
Tre conversazioni”. Ha svolto un’intensa attività giornalistica collaborando con quotidiani e settimanali nazionali quali “Il Mondo”, “La voce repubblicana”, “Il Globo”, “Il Messaggero”, “Gazzetta del Sud”. Da diversi anni è direttore della IV Classe (Lettere, Filosofia, Belle Arti) dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti. E’ stato presidente nazionale della Società Filosofica Italiana e della Società Italiana di Storia e Filosofia. Terminato il servizio attivo, il Ministro dell’università gli ha conferito la qualifica di “professore emerito”.
D – Professor Cotroneo, il mondo corre veloce nel ventunesimo secolo, la tecnologia in meno di quindici anni ha cambiato il modo di vivere, di sentire, di percepire delle persone. Come filosofo, quindi attento ai mutamenti e agli umori di un’epoca, cosa pensa del nuovo millennio?
R – Ha detto Cicerone che non c’è sciocchezza al mondo che non sia stata sostenuta da qualche filosofo. Un’espressione ripresa e condivisa da Cartesio e da Popper. Le “sciocchezze” – che talora hanno fatto molto male – dipendono soprattutto dalla presunzione di conoscere e indicare ciò che accadrà: la “fine della Storia”, ad esempio, o qualcosa di simile. Il futuro è in grembo a Giove, dicevano già gli antichi, e “sottrarglielo”, per renderlo noto agli uomini, non è possibile. Sostenere di conoscere – ma ci sono? – i fini della Storia, le tappe che percorreremo è un atto di arroganza dal quale è bene tenersi lontano.
D – Che cos’è il “pensiero debole” e cosa il “pensiero forte” secondo lei? Sono solo delle definizioni generiche di concetti profondi e antichi quanto l’uomo, oppure hanno davvero un valore ontologico?
R – Personalmente credo sia una distinzione corretta e comunque una costante – forse non bene individuata fino al nostro tempo – della cultura occidentale. Il “pensiero forte” è stata la metafisica, che proponeva certezze senza prove, certezze di solito accolte, non senza conseguenze pratiche, dalla nostra cultura. Mentre il “pensiero debole” è stato, ad esempio, il dubbio cartesiano. Insomma, la vecchia distinzione tra dogmatismo e scetticismo, purchè quest’ultimo venga inteso alla maniera di Karl Popper: come stimolo a perfezionare la nostra sempre incerta conoscenza.
D – Professor Cotroneo, quando nasce la filosofia? Ha una data di nascita precisa, ovvero nasce con i pensatori presocratici della Grecia arcaica?
R – La filosofia sembra – si tratta, ovviamente, di una vecchia tesi e non di una mia ipotesi – sia nata quando qualcuno si è chiesto (questo è venuto dopo) non “Chi sono io?” ma “Che cosa sono le cose intorno a me?”, e ha tentato di dare una risposta, prima attraverso i miti, quindi con la metafisica, poi con la logica. Credo, però, che il principale impegno del nostro pensiero, della nostra filosofia, delle nostre scienze sia ancora quello di rispondere “definitivamente”(ammesso sia possibile)a quelle due domande.
D – Pensa che oggi i giovani studiano con piacere la filosofia e la ritengono interessante ai fini di una solida formazione interiore e di pensiero?
R – Non credo la studiano volentieri, a parte quei pochi che la “sentono” prima di conoscerla, soprattutto perchè, spesso, non riusciamo a far loro capire che cosa sia e a che cosa serva.
D – Poesia e filosofia, secondo lei, hanno dei punti importanti di contatto? Sono sorelle o sorellastre? Cosa ne pensa della poesia e del poetare?
R – Diceva Gianbattista Vico che “nessuno può essere poeta e metafisico altrettanto sublime”, segnalando, così, una sorta di incompatibilità tra poesia e filosofia. Se pensiamo poi ai “gradi ascensivi” del conoscere di Platone, che negava alla poesia qualsiasi valore, o all’ultima triade dello Spirito Assoluto di Hegel, che metteva l’Arte al di sotto della filosofia(e della religione), vediamo che l’idea di Vico non era poi molto diversa da quella della cultura filosofica che lo aveva preceduto e da quella che lo aveva seguito. Tutto ciò è stata una conseguenza del privilegio che la cultura occidentale ha dato sempre alla “ragione” collocando, in una sfera diversa, se non addirittura inferiore, la poesia. Personalmente, in quanto formatomi sul pensiero di Benedetto Croce, considero la poesia “distinta” dalla filosofis ma non certo inferiore. Aggiungo che, da ragazzo, ero affascinato da una frase scritta che si leggeva(credo ancora si legga)nel Teatro Comunale di Reggio Calabria della quale mi sforzavo di capire il significato ma che, comunque, sentivo quasi di condividere, pur senza comprenderla appieno: “L’Arte rivela ai cuori quel che nessuna scienza può rivelare alle menti”.
Grazie infinite, professor Cotroneo
Francesca Rita Rombolà
Professor Girolamo Cotroneo
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