Leconte de Lisle: un poeta serio e meditativo

15 Aprile 2019

Charles-Marie Renè Leconte de Lisle (1818 – 1894)poeta di lingua francese nato a l’ile Bourbon, un’isola tropicale piena di colori che forse meglio si intonava alla sua poesia della Francia borghese.

Ha avuto fra i suoi allievi e discepoli Stephane Mallarmè e lo stesso Charles Baudelaire che ha scritto di lui: “Leconte de lisle, essendo un poeta davvero serio e meditativo, detesta la confusione dei generi letterari e sa che l’Arte raggiunge il suo più grande effetto quando i sacrifici che le vengono offerti sono proporzionati all’eccezionalità del suo scopo”.

E possiamo affermare che, in un certo senso, aveva ragione in quanto Leconte de Lisle ha offerto molti sacrifici alla poesia. La sua poetica è improntata ad un loquace pessimismo naturale, nel senso che egli percepisce la bellezza e la grandiosità della natura e la esalta in forme dello spirito che vanno dalla tristezza alla malinconia, dalla nostalgia ad un certo dolore interiore per la brutalità delle leggi di natura che dominano il mondo oltre la civiltà costituita.

Il senso di una eternità immanente è molto spiccato in lui. La sua sensibilità, nei riguardi delle cose tutte, è molto intensa. Sembra avere in sè, nell’immensità abissale della sua anima, un chè, in un certo qual modo, di leopardiano percepire e sentire. Il sovrumano è un tratto distintivo del suo esperire e mostrare al mondo la propria capacità di comporre versi che molti hanno definito sublimi e profondi, pur essendo, talvolta, quasi un inneggiare esaltato ed esaltante di elementi del tutto normali portati ad una sorta di trasfigurazione estrema. La natura che lo circondava era rigogliosa, esuberante e talvolta anche opprimente. Egli, di certo, l’ha amata, l’ha saputa cantare e vi si è immerso in essa per tentare di comprendere il mistero della vita, della morte e dunque dell’Universo.

Forse i suoi allievi e discepoli famosi avranno riscontrato nella sua arte del poetare la giusta dimensione dell’essere che si fa parola sovrumana per dare senso all’esistenza più cupa e più disperata, anche quando niente permette più l’anelito alla gioia, al gustare l’attimo dei colori caldi e cangianti che pervadono, in fondo, la terra. Una sua poesia, in particolare, sembra manifestare tutto ciò servendosi anche di un linguaggio unico che affascina e colpisce profondo “il bersaglio” interiore di chi vi si accosta anche dopo una prima lettura. La poesia si intitola NOX.

NOX

Sorgete, santi rumori, sovrumane parole

dolce dialogo lento della Terra e del Cielo!

Sorgete, e alle stelle serene chiedete

Se per giungere ad esse c’è un eterno cammino.

O mari, boschi sognanti, pie voci del mondo,

Voi mi avete risposto nei miei giorni tristi,

Voi mi avete placato l’infecondo sconforto,

E così nel mio cuore canterete per sempre!

Francesca Rita Rombolà

Nessun commento

Lascia un commento

Poesiaeletteratura.it is Spam proof, with hiddy