Le figlie della luna sono le donne che hanno ali ai piedi e lucciole fioche tra i capelli. Le figlie della luna sono le donne che piangono e ridono, che sanno soffrire e sanno lottare quando tutto è perduto, e inutile è diventato l’amore che la loro anima dispensa con gratuità. Le figlie della luna sono le donne che rischiano e perdono tutto, che sanno perdere tutto e ogni cosa con dignità e autostima ma sanno anche vincere e fare della loro vittoria una perla in più da aggiungere alla collana preziosa che adorna la loro splendida pelle. Le figlie della luna sanno tenere duro e in pugno il flusso e il riflusso delle catastrofi, l’improvviso esplodere delle emergenze più varie e più terribili. Le figlie della luna sanno scavare e scavare a mani nude sotto strati e strati di cenere e di morte per ritrovare la voglia, il desiderio e la speranza di ricostruire e di ricominciare a vivere in ogni senso.
Le figlie della luna sono fatte di argenteo pallore e di eterei sogni che oscillano piano Le figlie della luna Sono brume e nebbie, rugiada e brina. Le figlie della luna sono fiori notturni che sbocciano all’alba prima del raggio fugace dell’aurora. Le figlie della luna sono gemiti silenziosi rivolti al cielo e petali purpurei nati dal sangue primordiale e rosso senza generazione.
Le figlie della luna sono donne che amano ogni cosa, e palpitano al soffio del cambiamento che giunge dalla lontananza inaudita. Le figlie della luna sono i pensieri e le parole inespressi e mai dette. Le figlie della luna sono donne bellissime e solitarie, perché la bellezza è una piccola nave luminosa nel buio della tempesta. Le figlie della luna sono l’Azzurro. Il colore azzurro. L’azzurro preternaturale dei poeti, degli artisti, dei bambini, dei disperati e dei viandanti, delle menti e dei cuori impavidi.
Le figlie della luna sono donne, semplicemente e solamente donne, che hanno saputo di esserlo molto prima di chiunque altro, che sanno di esserlo soprattutto ora e che sapranno di esserlo ancora nel tempo.
Buon 8 Marzo, Festa della Donna, a tutte!
FIGLIA DELLA LUNA
Guardare la luna
dalla vetta del monte più alto
o dalla spiaggia più vasta
di un oceano,
e dirle: madre.
E con la mano sulle labbra
mandarle un nugolo di baci
come ad una meta irraggiungibile
che non ha luogo o origine.
Guardare la luna
dalle sbarre rinforzate
di una millenaria prigione
per dirle appena: madre,
sono nata libera
e sarò libera
anche dopo essere stata
fatta a pezzi
dal mio aguzzino sconosciuto.
Sono il fuoco e l’acqua
sono la terra e il vento
sono il grido più forte
sono il respiro più debole
sono la rosa e il silenzio
perché sono donna. E ho capito
di esserlo prima di nascere
e oltre ogni morte.
La grande luna d’inverno
sfiora gli alberi del bosco,
i miei piedi il mio corpo
ecco la danza notturna
dentro il cerchio del tempo.
Trema il suolo e l’Universo
vibrano le stelle e i pianeti
nel loro canto di luce diafana.
Donna, figlia della luna
Donna, ludico preannuncio
del risveglio e della vita
che continua.
Francesca Rita Rombolà
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