“Scrivo cogliendo l’attimo”. Breve dialogo con Claudio Rampin

13 Luglio 2020

Claudio Rampin, nato a Conselve, in provincia di Padova nel 1957, dal 1978 risiede a Novara dove lavora. Amante dell’arte e della fotografia, nel 1997 ha allestito una mostra fotografica nella città di Adria (RO) dal titolo “Spray collection”, riproposta poi nel 2001 presso la biblioteca “Carlo Calcaterra” di Bellinzago Novarese (NO). Ha realizzato fino ad oggi diciannove pubblicazioni ed è presente in centoundici antologie e altri libri. Sono molte le province italiane che, nel corso degli anni, hanno beneficiato della sua adesione ad almeno una o più iniziative e concorsi culturali. Dall’inizio del 2015 riprende il conteggio da zero, e attualmente sono sessantuno. Inoltre, lo si può leggere spesso sulle riviste siciliane “Il Convivio” ed “Eventual – mente”.

Francesca Rita Rombolà ha dialogato brevemente con Claudio Rampin.

D – Claudio Rampin, ha scritto e pubblicato molti libri. Un titolo, in particolare, al quale è più legato degli altri e perché.

R – Con sincerità le rispondo che il libro a cui sono più affezionato è “Sante Porte di Novara”. Il libro citato è una specie di guida sulle chiese di Novara, inoltre include una serie di chiese sconsacrate e non più aperte al culto, e le cappelle delle varie congregazioni religiose cittadine. La realizzazione di quest’opera era nella mia mente da tanto tempo in quanto desideravo da sempre unire il tutto: dalle chiese più vecchie alle nuove di cui si parla meno. Il suggerimento del mio amico Massimo Mormile, che è stato anche il curatore dell’impaginazione del libro, mi ha indotto e spronato ad aggiungere, oltre alle chiese, altre strutture ad uso religioso come le cappelle delle congregazioni, quelle delle case di cure e altre. Fortunatamente mancano pochissime cose, solo un paio di cappelle: una di una casa di riposo e una di una casa di cura, e altre due strutture che al tempo non erano accessibili perché non ho ricevuto le risposte alle richieste di poter accedere a quei siti. Il lavoro è stato notevole. Si tratta di un libro di oltre trecento pagine con più di quattrocento fotografie. Ho impiegato tre anni del mio tempo libero per realizzarlo. Allora lavoravo e con situazioni lavorative non facili per stilare una scaletta dei servizi per il libro; inoltre, essendo un single, dopo il lavoro c’erano, e ci sono tutt’ora, anche i lavori domestici da svolgere. L’opera è totalmente personale: ogni foto è stata scattata dal sottoscritto, come pure la bibliografia. Non lo rifarei, o forse sì. Ma è stato troppo impegnativo per le mie capacità culturali e finanziarie. La pubblicazione del libro è stata interamente sostenuta dalle mie risorse economiche. Ne ho fatto donazione a tutte le biblioteche della provincia di Novara, della provincia di Verbania e ad altre biblioteche piemontesi.

D – A cosa si è ispirato, e si ispira, nello scrivere i suoi libri?

R – Non seguo una logica definita per scrivere, solo nella poesia ho iniziato con un filone che doveva essere una specie di messaggio diretto a delle persone precise. Questo messaggio continuo a portarlo avanti, cercando di lasciarmelo alle spalle lentamente. Scrivo cogliendo l’attimo. Se perdo questo perdo tutto. Specifico che se mi vengono in mente una frase o dei versi, la cosa che faccio è di scriverli immediatamente altrimenti corro il rischio di “perderli”. Poi, se necessario, si possono sempre rivedere e organizzare. La mia memoria è poco più di zero. Amo i versi brevi come amo i racconti brevi. Non mi piacciono quei tomi da cinquecento pagine in su e in cui mi perdo per strada nella lettura. Concludendo, affermo di ispirarmi al last moment.

D – Vuole parlare un pò delle sue varie esperienze culturali?

R – Faccio fatica ad esibirmi personalmente e direttamente a contatto con un pubblico, mi emoziono, ma non temo di esporre i miei lavori. Prima di proseguire vorrei ricordare due poeti: Otello Soiatti e Aldo Ferraris, deceduti purtroppo. Questi poeti e altri scrittori locali mi hanno dato dei suggerimenti che non sono stati come quelli di certi editori, tipo: “Lascia perdere”. Lo scrittore Sebastiano Vassalli, di cui sono stato sempre ammiratore e lettore, sosteneva che certi autori producevano libri che erano destinati ad accumulare polvere sugli scaffali delle librerie. Sicuramente aveva ragione, ma penso che la colpa è sempre degli scrittori meno conosciuti. Molto spesso si legge quello che i media vogliono farti leggere e mangi quello che loro vogliono farti mangiare. Detto in due parole: è come seguire una moda. Un esempio per tutti: se si osservano le vetrine delle librerie si noterà subito che sono piene di libri di certi autori noti e di grossi editori. Penso che un principiante faccia meno fatica a mettersi a confronto con un professionista perché non mira a certi successi. Il contrario, invece, avviene per un professionista nei riguardi di un principiante perché teme che l’allievo superi il maestro. C’è da precisare che molto spesso i professionisti sono persone colte… a differenza del sottoscritto. Lasciatemi dire, come dice un famoso proverbio, che non è tutto oro quello che luccica… il successo sta nella padronanza del vocabolario. Con ciò voglio dire che le mie esperienze sono molte, e lo dimostrano le cento antologie in cui sono stato inserito e le diciannove pubblicazioni realizzate fino ad oggi. Io non pretendo nulla, ma la mia mediocrità va rispettata come io rispetto tutti gli altri anche quando non mi piace quello che scrivono. In molte località d’Italia ho partecipato a diversi concorsi letterari.

D – Cosa scrive di preciso sulle riviste “Il Convivio” ed “Eventual – mente2?

R – Ho avuto la tessera dell’accademia “Il Convivio” dal 2000 fino al 2019. Normalmente, la rivista di Enza Conti pubblicava le recensioni dei miei libri: mandavo delle poesie e qualche altro testo. Lo stesso discorso vale anche per “Eventual – mente”. Adesso la collaborazione continua con le pubblicazioni.

D – So che ama la fotografia e che ha allestito almeno una mostra fotografica. Cosa può dire al riguardo?

R – Della fotografia dico: mi piace fotografare! Attualamente non uso macchine fotografiche professionali e, tornando al lavoro sulle chiese di Novara, tutte le fotografie sono state fatte con una comune compatta digitale in quanto il mio intento iniziale era quello di offrire un lavoro visto quale quello di un visitatore casuale. Nel 1997, a me e a mio fratello Nicola venne l’idea di realizzare una mostra fotografica e di pittura. Abbiamo allora unito le forze ed è venuta fuori “Spray collection”, presentata nella sala Cordella della Biblioteca di Adria (RO). Per quanto mi riguarda ho presentato una serie di fotografie dedicate ai writers con foto scattate a Novara e dintorni. Penso che all’epoca fosse una novità esporre disegni e altro fatti con l’utilizzo delle bombolette che, già allora, definivo una vera e propria forma d’arte, escludendo gli imbrattatori che rovinano monumenti e palazzi storici. Mio fratello, con una serie di quadri, rappresentò, diciamo, la pittura. La stessa mostra sui graffiti l’ho riproposta poi nel 2001 alla Biblioteca “Carlo Calcaterra” di Bellinzago novarese. L’anno scorso, dopo quasi tre anni di lavoro, ho concluso una serie di foto – album, precisamente cinquantuno con l’indice finale, che ritraggono tutte le vie e viuzze, strade di campagna, piazze e rotonde della città di Novara, quartieri e frazioni compresi. In tutto duemila e duecento foto! A inizio anno ho contattato il Municipio, e ho concordato con il sindaco di donare quest’opera al comune. E’ ancora tutto bloccato a causa del coronavirus.

D – Un suo pensiero sulla poesia.

R – Amo la Poesia e leggo poesia. Cito Alda Merini perché è stata, ma lo è ancora, con le sue poesie, una figura femminile importante della poesia italiana del Novecento. la mia biblioteca personale conta ben trentasette pubblicazioni dell’illustre poetessa. Da autodidatta non conosco le regole della poesia, se così la si vuole definire, ma ho scritto poesie per sopperire a dei problemi e per far riuscire ciò che, da dentro, non riusciva ad uscire in altri modi. Successivamente, ho proseguito seguendo gli impulsi e ciò che mi suggerivano le circostanze, i fatti. Alcuni poeti affermano che non si può fare poesia con i fatti… ma se non sono un poeta sarò uno scribacchino. La Poesia è un’arte diretta e, ahimè, non è molto considerata. Sono convinto, però, che se effettuassimo un censimento delle varie pubblicazioni di poesia di piccole case editrici i numeri sarebbero elevati, anche con poche copie stampate. Quello che mi da fastidio è che ci sono molte persone che usano facebook o altri social per pubblicare frasi poetiche o poesie di vari autori senza alcun consenso. Per concludere, dico che ho in programma di proseguire con la Poesia, e anche con altro, e me ne infischio di quello che dice la critica perché ritengo che non ha nulla a che vedere con la Poesia, e visto che sono un lettore di Andrea Camilleri (e continuo piano piano a collezionare i suoi libri, ad oggi ho superato oltre sessanta sue pubblicazioni) chiudo, se me lo permette, con una frase celebre tratta dai suoi romanzi sul commissario Montalbano: “Non mi scassate i cabasisi…” Arrivederci, e grazie di cuore per avermi sopportato.

Francesca Rita Rombolà

Claudio Rampin

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