C’è un momento nella vita di una persona, uomo o donna, in cui il cuore freme sotto un impulso intenso quanto indecifrabile, qualcosa si muove dentro, forse nella mente, forse nelle pieghe più recondite del cervello … allora si scopre o si riscopre di avere un’anima, sopita o addormentata, ferita o obliata, dolce o aspra; e quest’anima sente il bisogno del Divino, anela al Divino o quantomeno si domanda, si interroga su un possibile senso del Divino. E’ giunto il tempo di alzare il capo e di guardare il cielo, il cielo notturno o il cielo di un giorno sereno, il cielo dell’aurora o del crepuscolo e di sentirsi diversi soltanto per questo, diversi di come si era ieri o l’altro ieri negli affanni e nelle preoccupazioni quotidiane. Forse sì, si è perfino rinati a nuova vita.
Percepisco, in maniera profonda, nella raccolta di poesie “Note Divine” di Claudio Rampin la nostalgia e il ricordo. Voci lontane riaffiorano, la memoria si apre, si ricompatta, prende forma e, come le note su un pentagramma, queste voci compongono piano e sicure una melodia nuova che avvolge l’essere nel quotidiano e nel sublime. Struggente nel sentimento che suscita, commovente nella partecipazione del verso al ricordo e alla festa del vissuto quasi ogni poesia della raccolta si dona libera trascendendo la propria liricità in profluvio silente e vivido. La spontaneità del linguaggio avvicina forse a Dio più di una preghiera composita, e il semplice fluire della parola trova in Lui l’interlocutore che ascolta e accoglie, mitiga e dona coraggio. Si evince da “Note Divine” di Claudio Rampin l’importanza della pace come realtà interiore, in primis, e della pace quale concetto universale e prassi sociale fulcro vitale di popoli, di nazioni, di etnie, di civiltà, di continenti; della pace ma, anche e soprattutto, della solitudine dell’uomo post – moderno in un mondo che non offre più punti di riferimento alla persona tutta la quale riflette, cerca, chiede non accontentandosi di un materialismo abbagliante e massiforo. Claudio Rampin adduce, forse in ultimo, la fede in “Note Divine”, una fede trovata o ritrovata, forse sempre avuta e ora rafforzatasi anche con l’espressività poetica che la rende palpabile al lettore; quasi un segno, quasi l’indicazione di una via, la più difficile da percorrere però, allo stesso tempo, la più sicura e la più autentica da sempre nello smarrimento, nella confusione, nello sconforto. Mi piace concludere queste poche righe di riflessione improvvisa e impellente, su “Note Divine” di Claudio Rampin, con una delle tante poesie della raccolta, che sembra essere quel segno e quell’indicazione, dal titolo FARO DIVINO: “Signore, che nel portare la croce / sulla via del male / hai steso un luminoso filo d’Arianna / per coloro che ritrovarti intendono”.
Francesca Rita Rombolà
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