Forse un racconto lungo, magari un romanzo breve, “L’Abbraccio” di Ernesto Masina è un’opera che si legge con una certa levità e linearità e una capillare piacevolezza che riescono ad accompagnare e a guidare dalla prima pagina fino all’ultima. C’è un Lui e c’è una Lei a scandire puntualmente ogni capitolo (o capitoletto) nel solco di una sorta di sfogo quasi epistolare tra una coppia forse nemmeno più in crisi in quanto ormai il passo è stato fatto e la rottura appare davvero irreversibile. Lui è Marco, Lei è Elena, ma chiamata da tutti Lena. Lui è maschilista quasi in tutto: nei gesti, negli atteggiamenti, nella mentalità, nel modo soprattutto di relazionarsi con l’altro sesso, nell’intimità più recondita con Lena; lavora nel campo degli investimenti finanziari e talvolta sembra lasciarsi trascinare dal valore assoluto del denaro sminuendo i sentimenti, anche quelli più importanti per un essere umano. Lei ama il teatro e lavora nel campo del teatro, ama l’arte e l’eterno femminino che la permea e la suggella. Se in un primo momento la storia dei due appare solida e dentro la cornice di un amore vero e scevro da nubi fosche, con il passare del tempo piccoli indizi contrari e minuscole mancanze da parte di Lui finiranno per accumularsi e per sfaldare agli occhi di Lei una romanticità forse apparente e un senso di pienezza che “colma” tipici dell’amore paritario e condiviso. Lei è un’attrice di teatro e vede oltre l’apparenza delle cose, percepisce e soffre, anela, desidera e spera in un abbraccio amoroso e maschile che non sia soltanto possesso dell’altro, brama di sesso e sottomissione tacita o passiva; proprio tutto quello che Lui non può darle e non potrà mai darle per la sua natura troppo maschilista, appunto. Inaspettato quanto a sorpresa il finale de “L’Abbraccio”, si potrebbe dire che in esso l’autore, intenzionalmente o meno, abbia voluto come applicare la regola del contrappasso. Infatti, Lui finirà a fare l’amore con una donna dominatrice e affarista, di anni e anni più grande della quale si sentirà un tantino succube e per mezzo della quale vedrà crollare pietosamente il suo innato maschilismo. Lei troverà, finalmente, l’uomo, diciamo, dei sogni, l’amico e collega Giovanni, che saprà donarle il suo amore non soltanto col corpo ma principalmente con l’anima, regalandole quell’abbraccio sincero, profondo, caldo, completo che ogni donna desidera più di ogni altra cosa dal suo uomo.
Che cos’è in fondo “L’Abbraccio” di Ernesto Masina se non una metafora struggente e sottile del vero legame che unisce i due sessi? Se nudi e soli si è nella tempesta e nel freddo dell’esistenza ridotta all’osso delle sue scarne movenze, di cosa si ha bisogno se non del calore dell’abbraccio? L’abbraccio dell’altro … di un cuore che batte all’unisono con il proprio.
Francesca Rita Rombolà
Nessun commento