Se la temperatura più alta per bruciare i libri, che contengono sapere e cultura, è 451° Fahrenheit come rende edotti al riguardo Roy Bradbury nel suo romanzo “Fahrenheit 451”, di certo, ipoteticamente e fantascientificamente, quella più bassa per congelarli o per annientare ogni germe di vita è – 273° Kelvin, la temperatura più bassa nell’intero Universo, ossia lo Zero Assoluto. Il caldo brucia e uccide; il freddo, all’opposto, rende inerte la materia e uccide.
In questo primo scorcio di ventunesimo secolo è forse ancora viva l’Arte? Sì l’Arte. la Poesia, in primis, con il suo carico di sentimenti, di sensibilità, di immaginazione, di fantasia, di sogno e di illusione, di ascolto profondo e indicibile dell’Essere? Forse sì, ma è come mutilata, moribonda, umiliata, esiliata e senza più molta prospettiva di vita. Sembra forse andare, con andatura lenta ma costante, verso lo Zero Assoluto. Possiamo ancora salvarla? Forse sì, perché anche il freddo terribile: il mare ghiacciato dell’indifferenza e dell’ignoranza può conservare senza tuttavia uccidere, può obliare senza tuttavia annientare. A tale proposito mi vengono in mente alcuni aneddoti che riguardano lo strano e incredibile rapporto tra l’Arte e il freddo e cioè che, in passato, i grandi capolavori della musica, della poesia, della pittura ecc. ecc. sono stati concepiti e realizzati dai loro autori nel freddo. Shakespeare scriveva avvolto in spessi indumenti di lana in una gelida soffitta di Londra. Modigliani realizzò le sue creazioni artistiche migliori in una fredda mansarda di Parigi. Vivaldi e Beethoven composero la loro musica nel gelo di case silenziose e solitarie. Mozart, avvolto in pesanti coperte, nella sua casa di Vienna, fredda come una ghiacciaia, creò opere immortali quali “il Requiem” e “Il Flauto Magico”. Bach ha sempre raccontato dell’effetto creativo e l’ispirazione che avevano su di lui i rigori del lungo e rigido inverno di Lubecca. E il barone Friedrich Von Hardenberg, meglio conosciuto come Novalis, uno dei poeti precursori del Romanticismo, si aggirava nelle gelide stanze della sua casa di studente a Lipsia e a Wittenberg scrivendo le sue opere più belle. Un freddo che dona creatività, un gelo che apporta ispirazione certo, ma l’Arte non dovrebbe mai andare verso lo Zero Assoluto, l’uomo, l’umanità non dovrebbero mai permetterlo perché è come uccidere se stessi mentre l’Arte, in tutte le sue forme, è vita. E’ la Vita.
Voglio ricordarlo, almeno ricordarlo (che l’Arte è Vita e la vita è nemica del freddo); a me stessa innanzi tutto; a chi ancora, pochi o molti, ama leggere i libri, ama l’Arte, ama la cultura, in una parola, la conoscenza antica di millenni che continuamente si rinnova e sempre rinasce dalle proprie ceneri più arricchita, più profonda e più vasta come il mitico uccello la Fenice … che riesce a spiccare il suo volo maestoso, dalle fiamme o dal gelo, nello splendore dell’alba.
FORSE ANCHE PRIMA DELL’ALBA
Un freddo così intenso
che solo le profondità dell’Universo
conoscono, un freddo
quasi impossibile
che il mistero dell’Universo
cela nel suo seno.
Che cos’è lo Zero Assoluto?
Un’idea, forse?
Forse un concetto
che la scienza stenta ancora
a comprendere appieno?
Ma forse è realtà
nuda, remota e prossima
come l’ascolto dell’Essere.
Se un giorno l’Arte
dovesse finire per sempre
un “per sempre” non potrà
allo stesso tempo mai impedire
la rinascita dell’Arte
dalle proprie ceneri,
e il suo volo maestoso
forse anche prima dell’alba.
Francesca Rita Rombolà
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