Con un linguaggio prettamente di taglio accademico, ma piuttosto chiaro, conciso talvolta brillante Pier Francesco Corvino propone al lettore un personaggio importante purtuttavia quasi sconosciuto in Italia; il suo libro, “Henrich Steffens – Filosofo della Natura” (Mauna Edizioni, 2022), è una trattazione esauriente della vita del naturalista, filosofo, geologo danese Henrich Steffens vissuto in piena età romantica (fine XVII secolo inizio XVIII secolo) in quelle nazioni nordiche (paesi scandinavi e Germania) dove il Romanticismo raggiunse il culmine del suo sviluppo e della sua diffusione. Seppur con le caratteristiche peculiari di una biografia, questo libro non è una biografia (o almeno non solo quello), a mio parere, in senso spicciolo e stringente. Ogni periodo della vita di questo filosofo viene descritto nelle linee generali e quindi reso evidente e significativo dalla ricerca e dallo scavo che mettono insieme il periodo storico, il contesto sociale, umano, culturale come elementi di coesione efficace sviluppandoli abilmente per dare una sintesi definitiva e una visione ampia del tutto.
Varia, complessa e decisamente avventurosa la vita di Henrich Steffens la cui caratura e importanza si arguiscono subito dai circoli che ha frequentato e dalle amicizie che ha coltivato, in primis con Schlegel, Shelling, Tieck figure cardine del Romanticismo tedesco raccolte intorno alla famosa rivista “Atheneum”, un concentrato non solo di poesia, di letteratura e di temi romantici ma un profluvio di conoscenza in ogni campo dello scibile umano.
Spirito inquieto tipicamente e genuinamente romantico, Henrich Steffens si fa portatore di istanze innovative nel campo del conoscere spesso in contraddizione fra loro, ma molto più spesso concilianti e profonde le quali tentano di abbracciare l’Infinito in una superiore visione d’insieme spirituale. Infatti, due termini in lingua tedesca, Naturalphilosophie e Kulturphilosophie, sembrano definire, e superare anche, l’ambito di scandaglio e di studio in questo filosofo della natura che non fu solo danese ma visse e viaggiò in un’Europa del Nord sconvolta da tumulti, innovazioni epocali, rivoluzioni in ogni campo e, non in ultimo, travolta dalle guerre di conquista napoleoniche. Un brano del libro, tratto dal capitolo I, paragrafo 1.3, pag.34, dal titolo La “tarantola analogica”, forse può rendere l’idea di questi due concetti – chiave del pensiero di Henrich Steffens: “( … ) Egli si esibisce così in un confronto fra le scienze naturali e le scienze storiche: nonostante le ricerche sempre parziali e singolari di storici e naturalisti, anche in loro, secondo Steffens, riluce, adombrato, il seme della verità, che essi seguono quasi inconsapevolmente, magari rifiutandolo in teoria e non in pratica. Questo seme diventa invece fulgido nella filosofia e nell’arte, nelle discipline cioè che coltivano apertamente questo impulso alla conoscenza, per mezzo della ragione. ( … ) L’uomo si palesa, allora, come un cittadino di due mondi che, per mezzo dell’attività artistica (in senso lato), chiama a sé il mondo superiore, interrogandosi sulla propria destinazione. Inseguire il mondo superiore, di cui abbiamo tante testimonianze, implica averne nozione, implica cioè perseguire la filosofia”.
Pier Francesco Corvino ci dice che Henrich Steffens scriverà un’autobiografia in dieci volumi e sarà anche rettore dell’Università di Berlino, e poi che: “( … ) Steffens fu un filosofo, scrittore, studioso appassionato << geognosta >> riconosciuto, ma anche e soprattutto insegnante” (capitolo IV, paragrafo, pag.229, “Steffens nella storia del pensiero accademico” ). Insomma uno studioso completo animato dal fuoco dello spirito romantico che ha impregnato un’intera epoca.
Anche se rigoroso e ammantato di quella prassi rigida tipica della scienza sia empirica che razionale, Henrich Steffens ha saputo cogliere la poesia e la suprema bellezza insite nella materia inanimata; ha infuso lo “spirito vivente e vivificante” alle rocce, alle pietre, alle montagne pur sezionandole con l’occhio indifferente e assoluto dello scienziato. Ha dato “anima” là dove l’anima non era contemplata o riconosciuta, perciò il suo pensiero è di sicuro attuale in una prospettiva che oggi, nel ventunesimo secolo, non può più esimersi dal considerare l’intero nostro pianeta, la Natura e ciò che essa è e rappresenta e le sue connessioni con l’uomo.
Francesca Rita Rombolà
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