Cosa fa più male uno schiaffo in pieno volto o uno dentro l’anima? Forse l’uno e l’altro in modo uguale e intensamente; forse, a mio avviso, uno schiaffo dentro l’anima brucia di più con un dolore talvolta troppo acuto per riuscire sopportabile. Infatti il dolore si mantiene forte per giorni e giorni, l’agitazione interiore aumenta con il passare delle ore, la disperazione si insinua in ogni fibra dell’esistenza e la sconvolge e la trasforma. E uno schiaffo in pieno volto? Fa male per un’ora o due, fa male per un giorno; poi il dolore piano piano diminuisce, il gonfiore e il bruciore si attenuano e tutto sembra essere ritornato come prima, cioè come prima di ricevere lo schiaffo.
Per una donna è da sempre, ed è sempre molto facile e semplice ricevere uno schiaffo. Siamo più fragili noi donne? Più fragili, più indifese, più deboli? Forse sì e forse no. E anche se lo siamo perché ci si colpisce, a volte senza motivo, senza una ragione?
Io come donna sono sola. Scagliata dal nulla o dal caso quale scheggia di un tutto in un mondo disumano e feroce. Potrei dire che il mondo non mi ama e non mi vuole. Ma non è così. Se si solleva il velo dell’apparenza e si scende un pò più in profondità ci si accorge che, in realtà, il mondo ha un bisogno quasi disperato della donna, un bisogno impellente, urgente, incoffessabile del senso materno e del calore che vi sono in lei e che lei è sempre, e da sempre, pronta ad elargire disinteressatamente. Il mondo ha bisogno, urge del femminile e della femminilità. Dell’Eterno Femminino, archetipo della vita completa. Dell’unione dei contrari. Non più separati, ostili, nemici.
Io come donna spesso vorrei urlare alla luna e alle stelle, ai cieli incommensurabili di notti lontane in luoghi lontani. Vorrei essere libera e sentirmi libera, perché come tutte le donne forse non lo sono pienamente e completamente. Ecco, mi piacerebbe essere goccia di pioggia che avvolge e alito di vento che accarezza; donna di sabbia nel deserto e neve candida che copre la cima dei monti più alti. E poi vorrei fuggire. Sì fuggire. Fuggire da molte cose. Fuggire dalla miseria (morale, spirituale, materiale), dalla povertà assoluta, dalla guerra, dai conflitti più inumani e più atroci. Fuggire dalla schiavitù in ogni aspetto e forma. Fuggire da una condizione di meschinità e di inganno, di illusione e di delusione continue … Ma sì! Una fuga oltre il tempo e lo spazio che porti dove la terra è bellezza e saggezza; l’alba si tinge di rosa ogni mattina e il tramonto ogni sera accende l’orizzonte del suo rosso brillante. Soltanto un sogno? Il ludico fluire dei sogni? Forse. Ma io come donna non cesserò ancora, e tanto presto, di sperare.
I SOGNI DELLE DONNE
E’ curioso dire che i sogni
temono la notte
perché l’oscurità non è sempre
portatrice della rosea alba;
i sogni delle donne
che mai saranno realtà,
eccessi e penuria
mancanza di tutto e ricchezza incontenibile?
I sogni delle donne
gemme preziose in fondo
ad un abisso non rischiarato.
Ah rischiarante è il nostro
cammino, porpora di sangue
al rosseggiante tramonto,
e la bellezza della luna morente
insieme alla prima stella.
E’ tempo. E’ tempo sì.
E’ tempo di capire
molto prima di qualunque fuga,
sognata o soltanto immaginata.
Francesca Rita Rombolà
P. S. – Buon 8 marzo, Festa della Donna, a tutte le donne del mondo.
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