…E se un giorno, improvvisamente, i poeti fondassero la loro repubblica?! Ahimè credo che il mondo, così come lo conosciamo e nel quale viviamo, andrebbe davvero in tilt. Forse si produrrebbe la più grande e la più radicale rivoluzione che l’uomo abbia mai fatto e la Storia abbia mai visto. Il reame dei poeti, con il retrogusto sognante di una fiaba o, forse meglio, la repubblica … sì ecco, alfine, proprio la repubblica dei poeti!
La repubblica dei poeti. Ma come sarà, o dovrebbe essere, la repubblica dei poeti? Non si è mai vista e mai sentita una cosa del genere. Eppure tutti la auspicano da sempre.Tutti la desidererebbero o la vorrebbero da sempre. Tutti da sempre la aspettano quasi come gli antichi ebrei attendevano il messia, cioè colui che avrebbe potuto liberarli dal giogo straniero e salvarli da un qualcosa di terribile e di ineluttabile. Tutti sì. Anche quelli che non sanno cosa siano né i poeti né la loro repubblica e perfino gli apatici e gli indifferenti alle cose, alla vita e a se stessi. Perché la repubblica dei poeti è quasi una sorta di ideale misterioso e oltremodo imperscrutabile che alberga con continuità atemporale nell’inconscio collettivo dell’intera umanità. Forse la repubblica dei poeti è il luogo ideale (sempre ideale?) dello spirito, in generale, e dell’interiorità più profonda, in particolare, di ciascuno. Se dovesse, per assurdo, tradursi nella realtà e assurgere ad entità politica vera e propria allora sarebbe, in primis, la cosa più apolitica e, insieme, impolitica esistente al mondo …
Nella repubblica dei poeti tutto è il contrario di tutto. Ogni contrasto, divergenza, violenza, contraddizione, tortura, coercizione, sopraffazione, abuso, corruzione, diseguaglianza di genere, di razza, di etnia, di cultura e di religione è stato appianato o semplicemente non esiste più. Non più il nero del bianco e il bianco del nero, perché non c’è più né un colore bianco né un colore nero per poter creare antitesi e asimmetria degli opposti. Il nero è stato “assorbito” dal bianco e il bianco dal nero. Sarebbe una repubblica dove la libertà avrebbe una sovranità che saprebbe di cielo e di stelle, di terra, di acqua, di endemico fuoco, di fiori selvatici e di vento; una libertà infinita ma non illimitata. Una repubblica dove il respiro sarebbe lieve, sommesso e puro come quello dei bimbi nella culla e l’atto stesso del respirare un alito di vita che riesce ad abbracciare, in modo caldo, confortante e amorevole, tutto quel che incontra, vede o percepisce. Una repubblica dove ogni cittadino, umano e sovrumano a un tempo, sarebbe scevro da ogni paura. Sì … affrancato dalla paura. Da ogni forma di paura. Dove il concetto stesso e l’essenza medesima di paura, sia a livello conscio che soprattutto a livello inconscio e subconscio, non esistono. Non esistono più.
Impossibile?! Incredibile?! Inconcepibile?! La repubblica dei poeti … Ah sarebbe il Potere, per primo, ad averne paura. Il Potere, indipendentemente dalla forma di governo (democrazia, dittatura, oligarchia, monarchia, diarchia, tetrarchia, teocrazia, partitocrazia, tecnocrazia, plutocrazia ecc. ecc.). Il Potere in sé. Oscuro, latente, occulto, non soggetto ai labili confini dello spazio e del tempo. Che mai e poi mai rinuncerebbe alla propria millenaria sovranità sugli uomini, gli animali, l’intera natura.
… E la primavera ritorna, rispettando il ciclo del tempo e il tempo della sempre possibile rinascita per tutto e per tutti. E, con il primo giorno di primavera, ecco che ritorna la festa simbolica della poesia. Il suo giorno celebrativo e superficiale, intriso di falsa retorica e di reale coinvolgimento emotivo; bello o brutto, meraviglioso oppure orribile, decantato fin troppo o sospinto da una lieve brezza di oblio.
LE CATENE DELLA PAURA
Non è un ideale, ma è l’ Ideale
non è un inganno, ma è il Vero.
Trattieni, nel palmo della mano
il calore non ancora dissolto
e l’amore dei trapassati
che non moriranno
un’altra volta, e più.
Le catene della paura
assurde e dolorose
sono spezzate per sempre.
Francesca Rita Rombolà
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