In una prigione terribile e orribile sconosciuta al mondo, dove chi vi è rinchiuso vive in condizioni disumane ed estreme, qualcuno ha con sé (per caso? Per magia? O per inutilità della vita e del tutto, o per motivi altri) un libro di poesie di un poeta che ha cantato la libertà, la bellezza e la potenza della natura, la dolcezza o l’esuberanza ardente dei sentimenti, le meraviglie dell’amore, il mistero della vita. E’ l’unica cosa che possiede in quell’ambiente fatiscente, umiliante e doloroso. E’ l’unica cosa che i suoi carcerieri – aguzzini gli consentono di tenere con sé. E’ il suo unico possesso in un luogo dove non si possiede più niente forse nemmeno più la propria autostima e la propria dignità umana le quali vengono messe a dura prova quasi ogni giorno e, ogni giorno, venendo meno ad ogni nuova “seduta” di tortura.
Un libro di poesie. Già. Chissà poi perché i carcerieri – aguzzini consentono proprio il possesso di un libro di poesie a prigionieri – detenuti che vogliono “annientare” non solo fisicamente ma soprattutto e principalmente psicologicamente cioè nello spirito, nell’anima, nella capacità di pensiero e di raziocinio. Già. Forse perché ritengono che un libro di poesie, che una singola poesia, che qualche verso, o anche prosa poetica, stampato su carta sia la cosa più innocua, più banale, più inutile e più insignificante del mondo. Sì, forse è così. Forse è proprio così. Eppure c’è un qualcosa … sì un qualcosa che non va, un qualcosa che sembra non tornare, nel senso che ogni qualvolta il detenuto – prigioniero, in possesso di questo libro di poesie, entra nella “camera segreta della tortura” per essere sottoposto al “terzo grado” quotidiano anziché risultare più indebolito, fiaccato, piegato o addirittura spezzato appare più forte nel corpo e più motivato nello spirito. Forte e motivato a resistere, a sopportare ogni “trattamento” con un coraggio, una determinazione e una fierezza a dir poco sorprendenti!
Perché? La lettura di una poesia in un’imprecisata ora del giorno o della notte in in angolo buio, talvolta senza né cibo e né acqua (forse nemmeno la lettura soltanto ma un leggere e un meditare e infine un interiorizzare) può rafforzare, rinvigorire e dare speranza e schiudere orizzonti immaginifici infiniti quanto straordinariamente luminosi e improvvisi come tempeste inverosimili e uragani inauditi? Credo proprio di sì. Ogni periodo storico lo documenta ampiamente e ogni personaggio, famoso o meno, che ha vissuto sulla propria pelle una tale esperienza spaventosa ed estrema marca, con la sua testimonianza, la fisionomia di un’epoca sempre e comunque violenta e tragica, oppressiva e tuttavia protesa verso un futuro meno inumano e più giusto.
Quanto conforto o energia può dare una poesia, un suo verso racchiusi in un libricino anche sgualcito, semi – strappato, consumato e dalle pagine ingiallite? Quali dimensioni spazio – temporali può spalancare di colpo o aprire lentamente e costantemente? Di sicuro molto e molte. Allora la Poesia ha un potere enorme, un potenziale “rivoluzionario”, di libertà, di resistenza spesso sottovalutati, spesso oscuri che è difficile comprendere appieno e la cui profondità può toccare l’abisso ultimo o la scaturigine iniziale. Peccato che tutto ciò, nel terzo millennio, viene sottovalutato, non lo si conosce affatto, o non lo si vuole conoscere … O forse sì? E perfino troppo bene?!
Tortura
So che oltre questa disumana brutalità
esiste il cielo e il suo grigio,
perfino il cielo azzurro.
So che oltre questa inumana sofferenza
esiste la solidarietà
e l’invisibile vincolo fra gli uomini.
So che oltre questo mio dolore
senza sbocco, senza fine e senza pietà
esiste il misterioso filo d’oro della parola.
So che la parola quando si fa canto
libera, sconvolge, resiste.
Allora – dunque – portami
alla ruota o al cavalletto
ai ferri roventi o all’acqua gelida
che logora i miei polmoni
saprò sì guardarti negli occhi
e guardare al di là di questi muri
inconsistenti per il mondo civile e libero
con tutta l’umana dignità
della mia persona
e con la completezza del mio essere
che la tua, la vostra, la loro tortura
non è riuscita a scalfire.
Francesca Rita Rombolà
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