Il 30 agosto 2013, esattamente dieci anni fa, moriva il poeta irlandese, Premio Nobel 1995 (anno in cui mi recai in Irlanda per la prima volta e in cui le librerie del centro di Dublino mettevano in bella mostra, non senza una punta di orgoglio gaelico, la freschissima assegnazione del Nobel al poeta) per la Letteratura, Seamus Heaney.
Cantore di un’Irlanda rurale, dei suoi paesaggi naturali contrastanti e quasi imprigionati nelle mille ombre del suo endemico verde, del lavoro e dell’operosità, di un passato lontano spesso pre – istorico o addirittura a – storico Seamus Heaney non ha mai, allo stesso tempo, tralasciato o dimenticato la modernità che avanza, che trasforma, che cambia, talvolta distrugge e perverte l’ambiente e l’uomo. Gli elementi base della sua poetica sono stati pochi ma essenziali: la terra d’Irlanda con le sue torbiere di migliaia di anni e le sue brughiere che incantano il viaggiatore ma racchiudono, nel proprio nucleo latente, tutta l’asprezza di un suolo difficile e duro, la strada o il sentiero ancora senza asfalto, il mare – oceano che sferza le alte scogliere dell’isola di smeraldo, i fiumi, i laghi, le rovine di antiche abbazie che un tempo resero famosa questa terra e questo popolo per i suoi santi e per la sua fervente fede.La sua poesia appare un cantare – narrazione solenne eppure quieto intorno alla materia, inerte e insieme viva, e al suo mutamento incessante nel ciclo perenne della natura: quasi una mineralità animata dalla scintilla della vita che incendia e penetra.
Perché si fa (ancora) memoria della nascita, o della morte, di un poeta soprattutto allo scadere di un decennio, di un quarto di secolo, della metà di un secolo, di un secolo e più secoli e di un millennio e anche oltre se possibile? Forse perché il poeta non muore mai veramente nel cuore e nella memoria di chi vive (o sopravvive) nei ritmi frenetici e incerti della quotidianità e della Storia?
Di seguito la poesia “Reliquia di memoria” tratta dalla raccolta “Una porta sul buio/A door into dark” (anno 1969) di Seamus Heaney:
Reliquia di memoria
L’acqua del lago
può pietrificare il legno:
vecchi rami e pali
con gli anni
induriscono la vena,
imprigionano spettri
di linfa e stagione.
Le acque basse sciabordano,
danno e prendono:
incessanti abluzioni,
come amore affogato
stordiscono un palo
in stalagmite.
Lava morta,
la stella che si raffredda,
carbone e diamante
o nascita improvvisa
di arse meteore:
troppo semplici,
non hanno l’incanto
incluso in quelle reliquie,
un pezzo di pietra
sullo scaffale, a scuola,
color farina.
Francesca Rita Rombolà
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